I neuroni specchio sono
stati scoperti circa 20 anni fa, grazie a Giacomo Rizzolatti: si
attivano non solo quando viene effettuata un’azione, ma anche
quando si vede qualcun altro svolgere un’azione simile e sembrano
avere un ruolo anche nelle interazioni sociali, aiutandoci a capire
scopi ed emozioni di un'altra persona. Per la “Lettura” del
Corsera, in occasione della pubblicazione di un nuovo libro, che
Rizzolatti ha scritto insieme al suo collega Corrado Sinigaglia, lo
ha intervistato lo psicoterapeuta Giancarlo Dimaggio, dialogando con
lui soprattutto sulle implicazioni delle sue scoperte di
neurofisiologo nel campo della psicologia sociale e della psicologia
dello sport. L'articolo risulta molto interessante anche per i non
specialisti. (S.L.L.)
Giacomo Rizzolatti |
Viviamo immersi negli
scambi sociali, decodifichiamo in diretta gli scopi delle azioni
degli altri. È un’operazione che sembra richiedere un impegno
cognitivo enorme. Il ragionamento è troppo lento, ci servono
meccanismi più veloci. I neuroni specchio costituiscono la base per
sapere all’istante cosa vuole l’altro, che emozione prova e come
vive l’esperienza. Daniel Stern parla di forme vitali, i
modi del sentire: una stretta di mano energica o fiacca, un’ira
fredda o esplosiva. Come le intuiamo? Grazie ai neuroni specchio
l’altro agisce in un certo senso dentro di noi. Nell’ultimo
libro: Specchi nel cervello. Come comprendiamo gli altri
dall’interno (Raffaello
Cortina 2019), Rizzolatti e Sinigaglia mostrano come gli
stessi neuroni ci permettono di intuire velocemente cosa l’altro
prova e come.
Professor
Rizzolatti, innanzitutto, ci può dire in modo semplice cosa sono i
neuroni specchio?
Circa 20 anni fa abbiamo
scoperto dei neuroni, motori, che si attivavano non solo quando la
scimmia agiva, ma anche quando vedeva lo sperimentatore fare
un’azione simile. La sorpresa era questa: i neuroni motori sono
motori, quelli visivi sono visivi. Questi invece erano sia motori che
visivi e soprattutto rispondevano selettivamente allo scopo
dell’azione. In un esperimento, ad esempio, la scimmia afferrava un
oggetto con la mano, ma il suo neurone specchio sparava anche se lo
sperimentatore lo afferrava con la bocca: capiva ‘afferrare’.
Trasformava una rappresentazione sensoriale (vedere) in una motoria.
Ci sono neuroni
specchio anche in altre specie?
Sì, sono presenti
nell’uomo, nei ratti, nei pipistrelli, negli uccelli.
Indipendentemente dalla posizione nella scala evolutiva, sembra un
meccanismo molto efficiente. Capire gli altri mediante un modello
interno che hai tu.
Un modello interno
pre-esecutivo, non solo rappresentazionale. Il corpo si prepara ad
agire mentre capisce?
Sì e no. Se io vedo che
uno afferra il cibo e sono a cento metri non mi preparo ad afferrare.
Per capire gli altri devo avere un modello interno dello scopo della
loro azione. Immagini di osservare un giocatore di pallacanestro che
tira un tiro libero. Chi capisce più velocemente dove andrà a
finire la palla sono i campioni. Gli esperti, ma non ex-giocatori,
sono meno precisi, i non esperti ancor meno. Chi ha giocato ha un
modello interno dell’azione più accurato e lo chiama in causa per
comprendere il gesto che osserva come se lo eseguisse in prima
persona.
Sembrerebbe
giustificare la presenza di un telecronista che ha praticato quello
sport a fianco del commentatore.
Concordo. Io sono
appassionato di calcio e trovo molto intelligenti, ad esempio, i
commenti di Giuseppe Bergomi.
Mi ha divertito la
scoperta dei neuroni specchio nelle cosiddette place cells, le
cellule di posizione.
Ha sorpreso anche noi
vedere come capiamo la posizione degli altri riferendoci a una nostra
eventuale posizione in quel punto.
Negli sport di
squadra agiscono aree che ci fanno risuonare con gli altri del team.
Certo. Le applicazioni
allo sport sono tante. Pensi a un’atleta che si prepara a saltare
con l’asta. Si concentra? No, sta girando nella sua mente i
movimenti che deve fare e lo fa utilizzando i neuroni specchio.
Questi si attivano sia quando vedi fare quell’azione, sia quando la
pensi.
Tornando al
funzionamento in gruppo, mi vengono in mente gli studi di Michael
Tomasello sulle origini del sistema cooperativo, che coordina
l’intenzionalità congiunta. Per esempio nella caccia collettiva
credo che i neuroni specchio abbiano un ruolo fondamentale.
È coerente con i nostri
lavori, vero. Secondo Ramachandran i neuroni specchio sono i neuroni
della cultura. Immagini un geniale uomo primitivo, circa 100.000 anni
fa quando si stavano ancora formando i neuroni specchio per
l’imitazione, che fabbrica un coltello efficientissimo. Se nessuno
lo sa imitare, quel coltello si perde con l’inventore. Sviluppatisi
i neuroni specchio per l’imitazione il coltello viene riprodotto,
perfezionato, trasmesso nel tempo. La novità del nostro libro
riguarda però la comprensione delle azioni e le emozioni, non
l’imitazione.
E l’empatia.
Sì. Noi la definiamo non
come il comportarsi bene con l’altro, tu stai male e io ti aiuto,
ma un esperire assieme. Tu e io siamo nello stesso stato: tu hai male
e io male, tu sei felice e io felice.
Uno aspetto dello
studio mi colpisce: se tu provi disgusto la mia insula reagisce. Se
tu sei divertito il mio giro cingolato reagisce e genera il riso. Se
tu soffri, mi si attiva una porzione diversa del cingolo, ma non mi
fa soffrire, mi prepara ai guai!
Esatto. C’è un’area
che non abbiamo studiato per ora che forse “risuona” con la
tristezza altrui, ma la sua interpretazione è corretta: vedo che
l’altro soffre e mi preparo ad agire. Prima si pensava che fosse un
reagire al dolore dell’altro, ma in realtà è come se il soggetto
pensasse qualcosa come: “Non so perché ma devo andarmene”.
Avete investigato
un concetto caro a noi psicoterapeuti, le forme vitali.
Stern ne ha parlato nel
1985 e per 30 anni i neuroscienziati se ne sono disinteressati! Il
nostro Di Cesare le ha studiate a fondo e mi dispiace perché i suoi
studi, accurati ed originali, sono poco citati.
Lo citerò presto
in un mio articolo
Mi colpisce che lei
consideri le forme vitali importanti.
Lo scambio
psicoterapeutico si basa sulla sintonia con la forma vitale del
paziente: sento quello che dici e capisco come lo dici: gentile,
brusco, deluso. Sono processi di sintonizzazione relazione di tipo
pre-cognitivo, concorda?
Assolutamente. Alcuni
studiosi pensavano fosse un aspetto di simulazione, ma invece credo
siano processi pre-consci, la simulazione implica cognizione, ti vedo
fare così e provo a farlo. Anche l’empatia è pre-cognitiva:
intanto esperisco quello che provi senza ragionare, poi decido il da
farsi, se valuto che sei amico ti aiuto, se sei nemico ti attacco.
I neuroni specchio
non garantiscono precisione nel comprendere l’altro. Dovrebbero per
esempio favorire la cosiddetta sovra-attribuzione di similarità. Ti
sento, risuono e concludo che siamo simili anche se magari non è
così.
Corrado (nda: Sinigaglia,
co-autore del libro) ed io ne abbiamo discusso molto. Bisogna
distinguere la comprensione basilare dell’azione – che
investighiamo noi – dalla comprensione intellettuale che recluta
altri processi di ragionamento. Io vedo uno che afferra un bicchiere
e capisco immediatamente senza alcuna cognizione che lo fa per bere,
ma non posso concludere che è un beone o lo fa perché la moglie lo
tradisce. Forse alcuni psicologi si erano infastiditi perché
pensavano che volessimo spiegare tutto, ora c’è pace.
Il neurone specchio
spara sia quando la persona sta per compiere l’azione sia quando la
osserva. Ma anche in una terza condizione: quando la immagina.
Sì. Marc Jeannerod ha
osservato che i neuroni specchio sono gli stessi che si attivano
nell’immaginazione motoria. Fare un gesto gentile o maleducato,
osservarlo o immaginarlo innescano le stesse aree. La stessa area si
attiva se osserva Federer, se sta per colpire la palla o immagina di
colpirla. Però deve immaginare di essere lei a colpire, non si
attiva se immagina Federer colpire, lì è un altro tipo di
immaginazione, di tipo visivo.
La Lettura - Corriere
della Sera, 5 maggio 2019
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