All'inizio di luglio è
morto Giorgio Nebbia, che scienziato e docente universitario, fu uno
dei fondatori in Italia dell'ambientalismo. Uomo di straordinario
rigore e coerenza, politicamente schierato a sinistra, fu
parlamentare per la Sinistra Indipendente, eletto nelle liste del PCI
dal 1983 al 1992. Dopo ha continuato il suo lavoro di ricerca e
partecipato a molte battaglie ecologiste da “cane sciolto”. Non
condivideva i compromessi di un ambientalismo che si definiva “nuovo”
con le pratiche di uno sviluppismo senza limiti. Il testo che segue,
informato e godibile, rappresenta un esempio del suo modo serio,
documentato e ragionato, di fornire informazioni, presentare
problemi, prospettare soluzioni. (S.L.L.)
Può sembrare frivolo
parlare delle mucche in una rivista che si occupa di geografia; dal
momento, però, che questa rubrica è intitolata Il pianeta degli
uomini, penso che sarò perdonato se mi occupo anche di altri
inquilini dello stesso pianeta che sono strettamente legati alla vita
umana.
Sulla Terra, in compagnia
dei circa 7200 milioni di persone, che pesano complessivamente circa
400 milioni di tonnellate, abitano circa 1500 milioni di bovini, del
peso complessivo di circa 600 milioni di tonnellate. L’uso del
verbo “pesare” non è inappropriato perché gli umani e i bovini,
come gli altri animali pesano letteralmente, con i loro corpi, sulla
superficie terrestre, siano strade, città umane e allevamenti,
campagne, pascoli, e pesano con la loro richiesta di alimenti e con i
loro rifiuti organici (e, nel caso degli umani, anche merceologici).
Non a caso alcuni studiosi propongono di studiare gli effetti
ambientali attraverso la misura dell’“impronta” lasciata sul
pianeta dai suoi abitanti.
Le mucche costituiscono
circa un quarto dei bovini. A guardare una mucca da lontano, con il
suo lento ruminare, non si pensa che quel tranquillo animale sia una
macchina, non molto diversa da quelle di una fabbrica. Come una
fabbrica introduce materie prime e combustibili e produce delle cose
utili; così l’erba o il mangime sono le materie prime per il
“funzionamento” della mucca che, con la combustione degli
alimenti nel suo corpo, vive e “produce” il latte che arriverà
poco dopo sulla nostra tavola e circa un vitello all’anno. Come una
fabbrica “butta fuori” nell’ambiente una parte delle materie in
entrata sotto forma di gas e rifiuti e scorie, così anche la mucca,
nel suo processo vitale quotidiano butta nell’ambiente gas, urina
ed escrementi.
L’esame della storia
naturale della mucca fornisce alcune utili informazioni; non è
facile redigere una contabilità del suo funzionamento ma si possono
fare dei conti approssimativi. Immaginiamo una mucca ”media” che
pesa 500 chili; nel corso di un anno questa mucca mangia circa 3.000
chili di erba e mangimi, e beve circa 10.000 chili di acqua. Dopo
essere stata fecondata la mucca ha partorito un vitello per la cui
alimentazione trasforma (come succede per tutti i mammiferi) una
parte del suo cibo nel latte.
Gli allevatori regolano
la vita delle “loro” mucche --- la successione delle gravidanze
--- in modo che il latte di ciascuna mucca sia abbondante e in
eccesso rispetto alle necessità del vitello e che una parte del
latte sia disponibile per noi umani: una quantità che, per una mucca
media nei paesi ad agricoltura e zootecnica progredite, ammonta in
media a circa 6.000 litri all’anno, 600 milioni di tonnellate
all’anno nel mondo.
Il latte è un liquido
contenente circa il 3 percento di grasso, circa il 4 percento di
proteine, circa il 6 percento di zuccheri e l’1 percento di sali
dei preziosi (dal punto di vista biologico) elementi calcio e
fosforo. Le proteine del latte hanno un buon contenuto di amminoacidi
essenziali, quelli che l’organismo umano non è capace di
sintetizzare e che devono essere apportarti con la dieta. Il latte
prodotto in un anno contiene circa 100 chili di sostanze nutritive,
formate da quelle che erano originariamente presenti nel cibo della
mucca.
Prima di arrivare nella
tazza della nostra colazione o nei dolci, il latte deve fare un lungo
cammino; trattandosi di una soluzione instabile deve essere
rapidamente analizzato, trasferito, sottoposto ad un processo di
conservazione, per lo più un riscaldamento a bassa o alta
temperatura; alla fine, dopo altri viaggi, viene inscatolato e
distribuito nelle confezioni che si trovano nel negozio. Di tutto il
latte prodotto in un paese, in Italia circa 10 milioni di tonnellate
all’anno, a cui si aggiungono altri tre milioni di tonnellate di
latte importato, soltanto circa un terzo viene avviato al consumo
diretto. Il resto viene inviato nei caseifici dove viene trasformato
nei numerosissimi formaggi commerciali, dopo separazione di parte del
grasso che viene commerciato come burro. La soluzione restante viene
fatta coagulare: la parte dei grassi e delle proteine insolubili in
acqua (globuline) si separa dalla soluzione acquosa in cui restano
disciolti una parte delle proteine (le albumine), e gli zuccheri.
Questo liquido, il siero, viene per lo più usato per l’alimentazione
dei suini, avendo cura che non finisca nell’ambiente dove
diventerebbe fastidiosa fonte di inquinamento delle acque.
Finora abbiamo
considerato le cose utili, i “prodotti” della fabbrica-mucca, ma
una parte del cibo ingerito dalla nostra mucca, nel corso del
processo vitale viene trasformata in rifiuti gassosi: si tratta di
circa 3.000 chili all’anno di anidride carbonica, immessi nell’aria
con la respirazione, e anche di una certa quantità di gas puzzolenti
che fuoriescono da una parte del corpo della mucca che non nomino;
quest’ultima miscela di gas libera nell’aria circa 100 chili
all’anno di metano. Il metano è un gas che contribuisce a
modificare negativamente il clima, anzi un chilo di metano danneggia
il clima come circa 23 chili dell’altro “gas serra”, l’anidride
carbonica. Un bel po’ delle modificazioni climatiche sono quindi
dovute anche alla zootecnia: il prezzo ambientale che si deve pagare
per avere carne, latte e formaggi. Niente è gratis in natura.
Ma c’è di peggio: una
mucca, come, in proporzione, qualsiasi altro animale (umani
compresi), elimina una parte dell’acqua e dei rifiuti sotto forma
di escrementi. La nostra mucca ne elimina circa 6.000 chili all’anno;
si tratta di una miscela puzzolente di sostanze liquide e solide
fangose, contenenti azoto, fosforo, molecole organiche. Quando gli
allevamenti del bestiame avevano a disposizione grandi pascoli, gli
escrementi finivano nel terreno e, decomponendosi, addirittura
fornivano sostanze nutritive per il pascolo o i successivi raccolti;
insomma erano rifiuti rimessi in ciclo secondo le buone regole
ecologiche. Con gli allevamenti intensivi lo smaltimento dei liquami
degli allevamenti è diventato un problema.
È però possibile
evitare che i liquami zootecnici vadano ad inquinare l’ambiente;
trattandoli con microrganismi si recupera metano in forma
utilizzabile come fonte di energia: con gli escrementi della nostra
mucca “media” è possibile ottenere ogni anno circa 150 metri
cubi di metano, equivalenti più o meno a circa 150 litri di gasolio.
È vero che il processo di fermentazione produce anch’esso altri
rifiuti gassosi e anche fanghi, ma nella vita non si può avere
tutto.
Dopo alcuni anni, alla
fine della sua vita “utile” (“utile”, naturalmente dal punto
di vista dell’economia umana), la mucca raggiunge i suoi colleghi
maschi nei macelli; la sua storia naturale continua in un altro ciclo
produttivo, un triste e doloroso cammino a cui non si pensa così
poco quando mangiamo la carne.
Circa la metà di ogni
bovino macellato è costituito dai cosiddetti “quattro quarti”,
che verranno poi trasportati con mezzi frigoriferi fino ad altri
macelli e, alla fine, nelle macellerie dove acquisteremo la carne, un
alimento pregiato contenente dal 10 al 20 percento di proteine con
buona composizione di amminoacidi essenziali, dal 10 al 30 percento
di grassi e da circa 1 percento di sali inorganici; hanno impiego
alimentare anche le frattaglie, circa il 10 percento dell’animale
macellato. La pelle, circa 10 percento, dopo la concia diventerà
scarpe o borsette, e altri sottoprodotti della macellazione saranno
utilizzati come concimi, nutrimento per i vegetali che diventeranno
nutrimento per altri animali.
Si può ben dire che la
vita della nostra povera mucca continua, nel corpo umano e in altre
forme di vita. Lei non lo sa, là tranquilla nella stalla o nel
pascolo, e non sa neanche che i generosi movimenti vegetariani e
vegani si battono per sottrarla al suo destino di “bestia”
economica. Resta il fatto che le proteine animali, del latte e della
carne, hanno un elevato contenuto di amminoacidi essenziali e che
molti milioni di terrestri non sarebbero in grado di sopravvivere
soltanto con le proteine, povere di tali amminoacidi essenziali, dei
vegetali di cui dispongono. Alla mucca almeno un grazie per come
aiuta a “Nutrire il pianeta”, secondo l’invito dell’EXPO di
Milano.
Da “Ambiente Società
Territorio”, 60, luglio-agosto 2015 – nel sito “Il mondo delle
cose” 23/11/2015
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