Enrico Mele, in
arte «Henry in attraction» e di mestiere istruttore di seduzione,
quanto lavora quest’estate?
«Tantissimo. Ho un
bootcamp di gruppo a Jesolo, uno a Barcellona, studenti da seguire
individualmente, di persona e a distanza. Faccio consulenze via Skype
e WhatsApp anche alle due di notte. Io e i miei due collaboratori, ad
agosto, ci facciamo in quattro e non abbiamo limiti di orario».
Perché mai le
persone si affidano a voi?
«Non per diventare dei
playboy, ma per risolvere problemi. I miei studenti si fidanzano, si
sposano, hanno figli. Un avvocato di 46 anni, soldi infiniti,
estetica gradevole, è venuto perché le donne scappavano. L’ho
seguito per tre mesi, ho capito che scappavano perché ostentava
troppo. Lei diceva che amava il tennis e lui aveva i migliori
biglietti per Wimbledon, lei amava il teatro e lui aveva i posti alla
Scala: era come se volesse comprare i sentimenti. Alla fine, è
sempre questione di autostima».
Chi sono i vostri
clienti?
«Uomini e donne, timidi
o che finiscono sempre respinti, età dai 18 in su senza limiti
d’età: da un po’, seguo un oncologo di successo di 61 anni, che
però non ha mai avuto una relazione vera, e un imprenditore di 46
molto ricco, ma che non ha mai una ragazza».
Il video di
presentazione sul suo sito, però, ha per protagonista un giovane
sottopagato che la fidanzata lascia con l’sms «sei uno sfigato,
addio».
«Ci serviva un’immagine
forte che ispirasse riscatto personale, la realtà è più
variegata».
Con tante app di
dating che bisogno c’è di prendere lezioni da lei?
«Perché le app sono una
scappatoia che non risolve le tue paure. Anzi, le persone passano
giornate a chattare, idealizzano l’altro e non si decidono a
incontrarlo. Temono il faccia a faccia, il rifiuto, hanno paura di
non sapere che cosa dire».
Come l’è venuto
in mente di darsi a questa attività?
«A 18 anni, avevo
ricevuto l’ennesima delusione d’amore e mi ero chiuso in casa,
depresso. Un amico mi ha spinto a guardare dei siti di coach
americani e ho capito che il problema era legato alla considerazione
di me stesso: sono cresciuto in una famiglia tradizionalista, con
limiti di mentalità, e ho frequentato costose scuole private pur non
essendo ricco e sentendomi perciò sempre diverso e mettendomi da
solo nel gruppetto degli emarginati. Da allora, ho studiato
moltissime ricerche e testi universitari di antropologia, sociologia,
psicologia…».
Primi risultati in
amore?
«Ho capito che la donna
non è una divinità ma un essere umano, per cui ho iniziato a essere
me stesso senza più paura di come avrebbe reagito. Il risultato è
che le donne hanno smesso di respingermi o deridermi. Ho cominciato a
uscirci, a baciarle, a piacere e ad avere storie belle e profonde di
condivisione reciproca».
Da qui a farne un
lavoro?
«A vent’anni, studiavo
Giurisprudenza e davo consigli di autostima e seduzione agli amici.
Quando ho iniziato il praticantato, non mi è piaciuto: facevo lo
schiavo e dovevo difendere persone che non lo meritavano. Da qui, la
decisione. Nel 2016, ho fondato la mia azienda e vivo di questo. Da
Torino, mi sono trasferito a Barcellona, ma viaggio sempre: raggiungo
i clienti ovunque, per corsi intensivi di due, tre o sette giorni,
con prove sul campo».
Come sono le prove
sul campo?
«Prove di approccio per
strada, in spiaggia, in discoteca».
E quali sono le
frasi magiche per approcciare?
«Non esistono, se prima
non hai imparato a confidare in te stesso. Dopo, una frase sempre
buona è “ti ho vista e ho pensato che volevo conoscerti”. Se
invece lei è con amici, devi coinvolgere anche loro. Per esempio,
vai e chiedi “scusate ragazze, ma come fate a sopportare gli
uomini?”».
E questa perché
sarebbe una buona frase?
«Perché ne nasce sempre
un confronto vivace, dove tu che hai lanciato il problema ti presenti
anche come la soluzione».
Consigli per
conquistare in vacanza?
«Proporsi per conoscere
davvero qualcuno. E quindi ascoltare e divertirsi senza aspettative.
E sapere che, se non sei prevenuto e non giudichi, ti si aprono
mondi: provi a frequentare persone che non avresti mai immaginato e
con cui sei terribilmente felice».
Corriere della sera, 25 luglio 2019
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