Un necrologio del 2006, di Luciana Castellina. Bello: Luciana è una grande giornalista oltre che una meravigliosa comunista.
Era morto Rino Serri, di cui ho personalmente conosciuto la moralità e l’apertura politica e mentale e che merita le parole di affetto e di stima che Luciana gli riserva. La sua è testimonianza esemplare di una figura immeritatamente esposta alla derisione se non dal disprezzo: il funzionario del Pci. Una volta o l’altra bisognerà raccoglierle e raccontarle le vite di quei funzionari, per misurare la serietà, la dedizione, la cristallina onestà, l’intelligenza teorica e pratica di una generazione di compagni che fece grande il Pci. (S.L.L.)
Era morto Rino Serri, di cui ho personalmente conosciuto la moralità e l’apertura politica e mentale e che merita le parole di affetto e di stima che Luciana gli riserva. La sua è testimonianza esemplare di una figura immeritatamente esposta alla derisione se non dal disprezzo: il funzionario del Pci. Una volta o l’altra bisognerà raccoglierle e raccontarle le vite di quei funzionari, per misurare la serietà, la dedizione, la cristallina onestà, l’intelligenza teorica e pratica di una generazione di compagni che fece grande il Pci. (S.L.L.)
Se ne è andato un altro compagno della mia generazione, quella venuta al mondo fra la fine degli anni '20 e l'inizio dei '30: Rino Serri, emiliano doc, nato e cresciuto a Reggio Emilia, maturato nella fortissima Fgci del cuore rosso d'Italia, di cui fu anche segretario nazionale all'inizio degli anni '60,subito prima di Occhetto, quando l'organizzazione contava ancora centinaia di migliaia di iscritti. Poi però diventato veneto, perché a lungo, come segretario regionale del Pci, alle prese con la regione più bianca negli anni in cui la sua giovane classe operaia aveva cominciato ad alzare la testa. Quindi di nuovo a Roma, anche - e a lungo, durante una stagione particolarmente difficile per l'associazione - presidente dell'Arci. E infine uno dei protagonisti dell'odissea della sinistra comunista: schierato con il no allo scioglimento del partito - risoluzione numero 2 - quindi approdato a Rifondazione comunista, da cui poi uscì assieme a molti altri compagni, nel dissenso con Bertinotti, e allora anche con Cossutta, sull'unità a sinistra nell'opporsi all'ascesa di Berlusconi. Infine un'esperienza per lui anomala: sottosegretario alla cooperazione allo sviluppo e per l'Africa al Ministero degli esteri del governo di centro sinistra.
A ricostruire il suo curriculum la vita di Rino Serri può apparire come quella, esemplare, di un funzionario di partito di alto livello. Ma Rino è stato di più, perché nel suo modo di essere funzionario del PCI, pur disciplinato, ha sempre portato una vena di spregiudicatezza, di apertura verso le ragioni della sinistra invece indisciplinata, che ce lo ha reso vicino. Tanto è vero che alla fine le nostre strade, quelle di chi aveva militato nel manifesto e poi nel Pdup, si sono incrociate.
Fu con grande autonomia da Botteghe Oscure che diresse la difficile Fgci dell'era delle prime ribellioni giovanili: le «magliette a righe» delle manifestazioni anti Tambroni, gli elettromeccanici col «fischietto» che ripopolarono le esangui manifestazioni sindacali, le prime uscite degli studenti dalle scuole milanesi, alla ricerca di un contatto con il mondo operaio. Senza badar troppo ai richiami di un Pci e di un sindacato prudentissimi e infastiditi dalle nuove e autonome forme di lotta della nuova generazione che si accostava alla sinistra senza aver seguito i canali ortodossi, Serri capì cosa si stava muovendo e cercò di rivivificare una Fgci che mostrava i primi segni di stanchezza. Lasciò spazio all'eresia del settimanale Nuova Generazione che allora io dirigevo, poi messa a tacere dal Partito. E ricordo ancora il sostegno che ci dette in una tempestosa assemblea degli studenti italiani all'università di Mosca - doveva essere il '61, e io c'ero perché allora ero nella capitale sovietica a rappresentare la Fgci - riunita per protestare contro l'espulsione dal paese di uno studente che si era azzardato a sfidare, in amore, un potente burocrate bulgaro. Una storia che oggi, a raccontarla, non sembrerebbe vera, ma in quegli anni era molto significativa.
Mi è difficile parlare di Rino Serri in modo distaccato: per troppi anni abbiamo lavorato fianco a fianco, prima per più di un decennio nella Fgci, poi di nuovo nella vicenda del post Bolognina, e in fondo anche durante gli anni de il manifesto-Pdup, quando era difficile un qualsiasi rapporto con la dirigenza Pci, ma non fu difficile con Rino Serri.
Per questo la sua scomparsa è per me un dolore particolare. Ma vorrei lo ricordassero con rispetto tutti i più giovani che non l'hanno conosciuto, o l'hanno seguito solo da lontano.Perchè Rino , con la sua vita, ha testimoniato, quanto positiva sia stata - in tanti casi - la figura del funzionario di partito, oggi così stupidamente demonizzata.
A ricostruire il suo curriculum la vita di Rino Serri può apparire come quella, esemplare, di un funzionario di partito di alto livello. Ma Rino è stato di più, perché nel suo modo di essere funzionario del PCI, pur disciplinato, ha sempre portato una vena di spregiudicatezza, di apertura verso le ragioni della sinistra invece indisciplinata, che ce lo ha reso vicino. Tanto è vero che alla fine le nostre strade, quelle di chi aveva militato nel manifesto e poi nel Pdup, si sono incrociate.
Fu con grande autonomia da Botteghe Oscure che diresse la difficile Fgci dell'era delle prime ribellioni giovanili: le «magliette a righe» delle manifestazioni anti Tambroni, gli elettromeccanici col «fischietto» che ripopolarono le esangui manifestazioni sindacali, le prime uscite degli studenti dalle scuole milanesi, alla ricerca di un contatto con il mondo operaio. Senza badar troppo ai richiami di un Pci e di un sindacato prudentissimi e infastiditi dalle nuove e autonome forme di lotta della nuova generazione che si accostava alla sinistra senza aver seguito i canali ortodossi, Serri capì cosa si stava muovendo e cercò di rivivificare una Fgci che mostrava i primi segni di stanchezza. Lasciò spazio all'eresia del settimanale Nuova Generazione che allora io dirigevo, poi messa a tacere dal Partito. E ricordo ancora il sostegno che ci dette in una tempestosa assemblea degli studenti italiani all'università di Mosca - doveva essere il '61, e io c'ero perché allora ero nella capitale sovietica a rappresentare la Fgci - riunita per protestare contro l'espulsione dal paese di uno studente che si era azzardato a sfidare, in amore, un potente burocrate bulgaro. Una storia che oggi, a raccontarla, non sembrerebbe vera, ma in quegli anni era molto significativa.
Mi è difficile parlare di Rino Serri in modo distaccato: per troppi anni abbiamo lavorato fianco a fianco, prima per più di un decennio nella Fgci, poi di nuovo nella vicenda del post Bolognina, e in fondo anche durante gli anni de il manifesto-Pdup, quando era difficile un qualsiasi rapporto con la dirigenza Pci, ma non fu difficile con Rino Serri.
Per questo la sua scomparsa è per me un dolore particolare. Ma vorrei lo ricordassero con rispetto tutti i più giovani che non l'hanno conosciuto, o l'hanno seguito solo da lontano.Perchè Rino , con la sua vita, ha testimoniato, quanto positiva sia stata - in tanti casi - la figura del funzionario di partito, oggi così stupidamente demonizzata.
“il manifesto” 07.04.2006
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