27.6.12

Menzogne neofasciste e verità storica (di Matteo Aiani)

Nella "battaglia delle idee" di "micropolis" oggi in edicola questo bell'articolo di Matteo Aiani su una vicenda ternana di quotidiano revisionismo fascisteggiante. (S.L.L.)
L’annuncio di Piergiorgio Bonomi - responsabile di Casa Pound Terni - irrompe sulla scena ternana con un certo fragore. Lo scorso 28 maggio, infatti, con un comunicato, ringrazia il Sindaco Di Girolamo ed i suoi consiglieri per l’avvio del procedimento amministrativo volto alla realizzazione di un monumento in memoria dei “Martiri delle Foibe”, in piazza Dalmazia.
Dopo un iniziale indugio, il Comune nega di aver concesso l’autorizzazione, mentre l’assessore Malatesta, interrogato nel merito dal consigliere Guardalben, afferma di voler individuare una via o una piazza da intitolare alle vittime delle foibe, come già richiesto da Giovane Italia nel febbraio 2011, inizio della vexata quaestio.
La prima reazione è di stupore, poiché non si può non rimarcare il paradosso per il quale la commemorazione della tragedia delle foibe venga espressa proprio dagli eredi di coloro che ne sono stati i principali responsabili. Infatti, come per qualsiasi avvenimento storico, non è possibile prescindere dalla necessaria contestualizzazione, che consideri il complesso delle situazioni sedimentatesi nel ventennio che precede la vicenda. Le origini della tragedia delle foibe, che pure presenta molte sfaccettature, risalgono all’affermazione del fascismo nella Venezia Giulia, un territorio caratterizzato dalla coesistenza di diversi gruppi nazionali: è in questa fase che si collocano le radici dell’odio, delle foibe e dell’esodo dall’Istria.
In seguito alla prima guerra mondiale e ai Trattati di Rapallo e Roma, vengono annesse all’Italia Gorizia, Trieste, l’Istria, Zara, e Fiume. Il regime fascista impone in tutta la Venezia Giulia una violenta snazionalizzazione delle comunità slovene e croate. Tra le misure adottate si segnalano: l’italianizzazione delle scuole, i limiti all’accesso nei pubblici impieghi, l’imposizione di cognomi italianizzati, la modificazione dei toponimi, sino alla repressione nei confronti del clero, con l’abolizione della lingua slovena nella liturgia e nella catechesi.
La bonifica etnica determina da un lato la fuga di buona parte delle minoranze presenti nella Venezia Giulia, dall’altro il consolidamento di un marcato sentimento anti-italiano e di rivendicazioni territoriali.
L’occupazione e lo smembramento della Jugoslavia durante la seconda guerra mondiale, genera la costituzione di un ampio movimento resistenziale, che induce il regime fascista ad acuire la repressione contro le minoranze, accusate di offrire copertura ai partigiani.
Oltre a fucilazioni, rastrellamenti, rappresaglie, confische di beni ed incendi di villaggi, si assiste a massicce deportazioni di civili, con la predisposizione di 202 campi di concentramento destinati ad ospitare la popolazione allogena, sloveni e croati.
Solo inquadrata in questo contesto, e quindi cessando di perpetuare la menzogna dell’italianità offesa e di occultare la verità dell’italianità sopraffattrice, la confusa disputa sulle foibe potrà trovare la propria composizione, venendo sottratta alle convenienze politiche ed alla propaganda.
La gestione della vicenda del monumento, dal canto suo, palesa ancora una volta l’incapacità - ed il conseguente imbarazzo - delle forze politiche di sinistra nel rileggere la propria storia. Ammettere responsabilità ed errori non significa uniformarsi alle argomentazioni revisioniste della destra neofascista e postfascista, le cui pseudo-verità - che celano la menzogna - oscurano la realtà dei crimini nazi-fascisti.

"micropolis", giugno 2012


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