L’indio Morales, presidente della Bolivia, ha un grande senso della dignità nazionale e su un terreno scivoloso come quello della “guerra alle droghe” sta sfidando apertamente gli Usa. I testi che seguono, tratti dalla rubrica Fuorilogo sul “manifesto” riguardano due fasi della battaglia di Evo Morales. La prima ha già portato all’uscita della Bolivia dalla cosiddetta Convenzione Unica delle Droghe del 1961. La seconda prevede un rientro nella Convenzione, ma in condizioni di parità con gli Usa. Io sono tra quelli che ritiene urgente il superamento dei trattati basati sul principio della “guerra alle droghe”, e una rinegoziazione degli stessi sulla base di una forte attenuazione del probizionismo e della “riduzione del danno” sociale e sanitario, ma comprendo che sulla questione ci siano, a sinistra, differenze di punto di vista anche importanti. E tuttavia mi pare che siano da apprezzare “senza se e senza ma” il coraggio del presidente Morales e la sua intelligenza tattica. (S.L.L.)
FUORILUOGO
Coca, Morales novello David
di Salvina Rissa
il manifesto 29.06.2011
Evo Morales ha chiesto al parlamento di approvare la legge che autorizza il ritiro della Bolivia dalla Convenzione Unica sulle Droghe dell'Onu del 1961. Il testo è già stato approvato dalla Camera Bassa del Congresso e lo sarà tra poco anche dal Senato, dove il partito di Morales gode di una maggioranza di due terzi. Il ritiro è una forma di protesta contro la classificazione della foglia di coca come sostanza illegale alla pari della cocaina. La masticazione della foglia di coca è protetta dalla Costituzione boliviana in quanto usanza tradizionale indigena - argomenta il governo - dunque la proibizione globale viola la suprema legge nazionale. Il presidente boliviano aveva in precedenza avanzato richiesta di cambiare la Convenzione, ma il suo emendamento era stato bloccato nel gennaio scorso dagli Stati Uniti e da un manipolo di altri paesi. La denuncia di un trattato internazionale è evento inconsueto e clamoroso per i paesi leader mondiali, del tutto straordinario per un paese outsider. Ed è ancora più eccezionale trattandosi di politiche globali sulla droga, dove vige un regime di ferro. Gli Stati Uniti si sono storicamente avvalsi dell'Onu per imporre al mondo la loro politica: se oggi le Convenzioni sulle droghe sono sottoscritte quasi da tutti i paesi del mondo, ciò si deve soprattutto alla «persuasione» americana. I governi Usa hanno messo in piedi un poderoso sistema di controllo sull'applicazione degli stessi trattati, «promuovendo» i paesi diligenti tramite una «certificazione antidroga». Inutile dire che quelli bocciati, privi di diploma, vanno incontro a pesanti conseguenze, in primis l'esclusione dagli aiuti internazionali. Da anni Morales conduce la sua battaglia per eliminare il divieto della foglia di coca. E con buone ragioni: in primo luogo le evidenze scientifiche, contenute in un rapporto dell'Oms del 1995, che attesta le proprietà nutritive e medicinali della foglia (rapporto mai pubblicato per ragioni politiche). Inoltre, è nel frattempo cresciuta una sensibilità internazionale per la tutela delle popolazioni indigene, tanto che il conflitto fra l'approccio repressivo delle Convenzioni sulle droghe e quello umanitario per i diritti umani si è spinto nel cuore stesso delle Nazioni Unite: i boliviani hanno dalla loro la Dichiarazione Onu sui diritti degli indigeni del 2007 che protegge le pratiche culturali delle popolazioni originarie, così come un recente pronunciamento a favore della foglia di coca del Forum permanente per le questioni indigene, organismo consultivo del Consiglio Economico e Sociale delle Nazioni Unite (Ecosoc). L'appello di Morales rischia di mettere in difficoltà l'amministrazione Obama. Non a caso, quando si è trattato di fare opposizione all'emendamento boliviano, gli Stati Uniti hanno cercato di mandare avanti altri paesi amici. L'operazione non è riuscita e alla fine il governo americano ha dovuto esporsi in prima persona, ma è stato costretto alla difensiva. Noi riconosciamo che la masticazione della foglia di coca è un costume tradizionale boliviano e lo rispettiamo ma ci opponiamo alla fine del divieto per non toccare la Convenzione Unica - questa la sostanza dell'imbarazzata (e grottesca) dichiarazione americana di fronte alle proteste di La Paz (cfr. Grazia Zuffa, rubrica del 9 febbraio). Dunque Evo Morales, novello Davide sfida il gigante del regime globale antidroga. Uno scenario impensabile fino a pochi anni fa. (dossier foglia di coca www.fuoriluogo.it )
FUORILUOGO
Morales, la mossa del cavallo
di Grazia Zuffa
il manifesto 22.02.2012.
La battaglia della Bolivia per eliminare dai trattati Onu di Vienna la proibizione della foglia di coca sta arrivando alla stretta finale. Nel 2011, il parlamento boliviano ha autorizzato il ritiro dalla Convenzione unica sulle droghe: un atto "pesante", sul piano dei rapporti internazionali, cui la Bolivia si è decisa dopo che il suo tentativo di abolire il divieto della masticazione tramite un emendamento alla Convenzione era stato bloccato dall'opposizione di un gruppo di "falchi", sedicenti "amici delle Convenzioni" (v. S.Rissa, il manifesto, 29/6/11). Al momento la Bolivia è fuori dai Trattati internazionali, ma Morales vorrebbe firmarli di nuovo, con un'unica riserva: l'eliminazione del divieto di masticazione della foglia di coca all'interno del paese. Non si sa se anche questa richiesta sarà respinta. Per capire meglio l'intricata partita, occorre distinguere fra il problema specifico e gli aspetti giuridici e politici correlati. Nel merito, Morales è inattaccabile, perché ha dalla sua le evidenze scientifiche: nel 1995, una commissione di esperti della Oms ha riconosciuto la sostanziale differenza fra la foglia e la cocaina, ribadendo le proprietà nutritive e medicinali della foglia di coca. La Bolivia si fa forza anche del diritto, sia nazionale che internazionale. Il consumo di foglia di coca è protetto dalla Costituzione boliviana in quanto usanza tradizionale indigena, mentre la stessa Onu, in una dichiarazione specifica sui diritti delle popolazioni autoctone del 2007, ha assicurato tutela internazionale alle pratiche culturali dei popoli originari. Su questa base, il Forum permanente per le questioni indigene (organismo consultivo del Consiglio Economico e Sociale delle Nazioni Unite) ha sancito la legittimità della masticazione della foglia di coca.
Sul piano legale, lo sforzo della Bolivia di riconciliare la legislazione nazionale e internazionale è un atto dovuto. Ma dovrebbe essere interesse della stessa Onu e degli stati membri ammodernare le Convenzioni sulle droghe, adeguandole ai nuovi pronunciamenti sui diritti umani e sulla tutela delle culture "altre" da quelle dominanti: per non creare un conflitto all'interno stesso della machinery Onu. Se la proposta di emendare la Convenzione del 1961 è stata bloccata, più arduo sarebbe negare alla Bolivia il riaccesso "con riserva", vista l'inflazione di "riserve" già avanzate da molti stati (senza che queste abbiano creato impedimento al loro accesso alle Convenzioni): 33 stati hanno firmato con "riserva" la Convenzione del 1961, 30 quella del 1971, 35 quella del 1988. Le riserve sono le più varie, ma è degna di nota quella avanzata dagli Usa al Trattato del 1988: "Riserva su qualsiasi eventuale legislazione o altra azione proibita dalla Costituzione degli Stati Uniti". Con ciò siamo al cuore della vicenda politica. Sia gli Usa che la Bolivia rivendicano il diritto a considerare la Costituzione come legge suprema, a presidio della democrazia e dell'autonomia nazionale. Se alla Bolivia non fosse concesso ciò che gli Stati Uniti d'America hanno a suo tempo ottenuto, sarebbe solo in forza di rapporti di potere e di volontà di controllo (politico) sui paesi "emergenti". Gli "amici delle Convenzioni" dimostrerebbero di avere a cuore i propri interessi particolari, più del controllo sulle droghe o del diritto internazionale.
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