L’it. test, «prova», è una riesportazione di latino dall'inglese, originariamente «vaso» di terracotta (lat. testu) che gli alchimisti usavano per saggiare la purezza dell'oro. Ora che è tempo di inizio dei corsi universitari, tempo di test d'ingresso, sta per uscire da Einaudi un nuovo libro di Enzensberger che demolisce la fiducia contemporanea nei test e nel «Quoziente d'intelligenza» misurabile, valutabile con una qualche certezza. Credo che Enzensberger abbia ragione, perché (intanto) non sappiamo proprio bene che cosa sia l'intelligenza. Mozart, l'intelligenza musicale più alta, avrebbe superato un qualsiasi test d'ingresso? Penso di no. Ci si chiede perciò che cos'è l'intelligenza. Alcuni studiosi ne hanno individuato un gran numero di tipi. C'è, lo sappiamo, un'intelligenza logico-matematica, una musicale, una manipolatrice, una sociale, una emotiva… Uno studioso americano ne indica ben 120 tipi. Come può un test valutarne la varietà?
Sociologi, psicologi, sono i grandi fautori e introduttori dei test. La pratica dei test (per essere ammessi in una Facoltà, in un'azienda, ecc.) si attaglia bene al nostro mondo burocratizzato e aziendalizzato. Serve soltanto ad arginare l'enorme quantità di richieste di posti. Risponde alle necessità di una società senza coraggio: coraggio di respingere, di bocciare, come di premiare i meritevoli. Serve di certo il test puramente meccanico, che verifica, poniamo, la capacità di assorbire un urto da parte di un nuovo tipo di auto, che mi misura l'efficienza di un motore... Ma l'intelligenza umana!
Comunque sia, bene risponde il test a un mondo semplificato, appiattito, quello odierno, che sta perdendo il senso della sfumatura, delle possibilità multiple di risposta. Meglio la vecchia retorica, la sofistica, che ti esercitava a una varia possibilità di soluzioni. In un test vige invece la sola possibilità binaria di rispondere bianco o nero, sì o no, non esiste il grigio, lo sfumato, il «ni», la complessità, il simbolo, quello che sta dietro alle parole, sopra le parole, oltre le parole, il potere evocativo. Invece, o bianco, o nero.
Quanto alla misurazione del quoziente di intelligenza, ne mina la validità - scrive Enzensberger - il fatto che i criteri di valutazione cambiano attraverso i tempi perché la scala dei valori muta rapidamente. A carne è scesa e o purmone è sagghiuto, il prezzo della carne è sceso mentre polmone e frattaglie sono salite, direbbe argutamente un napoletano.
“Tuttolibri – La Stampa”, 22 settembre 2007
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