Longo e Berlinguer al XII Congresso del Pci (1972) |
Dal discorso commemorativo per Luigi Longo pronunciato da Enrico Berlinguer il 18 ottobre 1980, secondo me bellissimo, riprendo qui un significativo stralcio. Forse aiuterà due o tre lettori più giovani, che lo rintraccino per caso nella rete, a comprendere cosa sono stati i comunisti italiani nel XX secolo. (S.L.L.)
Aprile 1945. La sfilata dei partigiani nella Milano liberata. In prima fila da sinistra Ferruccio Parri, il gen. Cadorna, Luigi Longo, Enrico Mattei |
La capacità di Longo come dirigente emerse in modo straordinario nella guerra in difesa della Repubblica spagnola. Le Brigate internazionali che Longo dirige sono certo un modello di eroismo e di capacità combattente, ma sono anche luogo di esperienza politica unitaria - spesso ardua - tra comunisti, socialisti, democratici.
La Repubblica spagnola sarà drammaticamente perduta. Ma quando sarà necessario iniziare la lotta di resistenza patriottica e partigiana quel patrimonio sarà prezioso in Italia e in tutta l'Europa. Non è vero che da quella grande stagione di riscossa democratica e nazionale non ci sia più nulla da apprendere. E non solo per gli esempi straordinari di abnegazione, di dedizione e di eroismo; ma anche e soprattutto perché fu nella lunga battaglia antifascista e nella Resistenza che l'unità delle forze democratiche dettò la linea di un programma di rinnovamento dell'Italia in ogni campo, che fu in larga parte raccolto nel patto costituzionale. Si saldò cosi una comunanza di sentimenti, pur nelle diversità ideali e politiche, tra i comunisti, i socialisti e gli altri partiti democratici.
In quelle prove si temprarono uomini che saranno costruttori della Repubblica e resteranno garanzia per la nazione: uomini come Pertini, uomini come Parri, Lombardi, Amendola, Saragat, Mattei. Luigi Longo, capo delle Brigate Garibaldi, vice comandante del Corpo volontari della libertà, ha un ruolo decisivo di quella vicenda: ancora una volta, come in Spagna, capo militare ma, prima ancora, forte dirigente politico. È Longo per primo che, appena liberato dal confino dopo la caduta del fascismo, esorta tutti gli antifascisti ad unirsi per la lotta armata di massa - e non soltanto nell'esercito regolare - per realizzare il compito primo e decisivo, quello di sconfiggere i fascisti e di cacciare i tedeschi dall'Italia.
Che cosa è stato Longo nella vittoriosa guerra di Liberazione è noto, ed è indimenticabile per tutti. Da lui è venuto il contributo essenziale per inventare e organizzare le strutture militari e quelle politiche: dalla formazione dei primi nuclei partigiani ai Comitati di liberazione, all'insurrezione nazionale del 25 aprile. Pur nella profonda diversità di situazioni e di caratteri si può dire che Longo è stato il Garibaldi di questo secolo.
Togliatti realizza la svolta di Salerno, cioè la unità di tutte le forze democratiche e delle masse popolari nella battaglia antitedesca e antifascista. Longo, al Nord, è guida determinante di una guerra che fa intervenire come protagoniste, per la prima volta nella storia della nazione, la classe operaia e le classi lavoratrici della città e delle campagne e non solo con le azioni armate ma con la lotta di massa, cioè con gli scioperi, il movimento delle donne, la resistenza giovanile, la mobilitazione degli intellettuali.
Ecco che cosa sono stati i comunisti! Ecco che cosa sono stati e sono Togliatti e Longo nella storia d'Italia: personalità decisive della fondazione di uno Stato nuovo, di una nuova democrazia! E proprio perché la novità è grande, proprio perché la Costituzione repubblicana contiene in sé i principi di un programma innovatore, si scatena l'attacco; sicché occorre subito ergersi per difendere le conquiste ottenute, per impedire i ritorni all'indietro, per continuare la strada intrapresa.
È ancora Longo a farsi animatore di esperienze nuove di organizzazione e di lotta delle masse. La saggezza e il coraggio che ne hanno guidato l'azione nella Resistenza sono più che mai necessari quando, con l'attentato a Togliatti del 14 luglio 1948, è messa a rischio la democrazia stessa. Bisogna lottare e si lotta; ma bisogna anche evitare di sorpassare un limite oltre il quale è pronta a scattare la trappola della provocazione e della sconfitta del movimento operaio. Bisogna sapere scioperare, ma anche fermare lo sciopero quando diventa necessario.
Con la guida di Longo il partito supera quella terribile prova: ma è innanzitutto la democrazia che ne esce rafforzata, perché un monito possente si è levato contro chi poteva aver pensato di trasformare la sconfitta elettorale del Fronte popolare in un colpo mortale al moto di emancipazione della classe operaia e dei lavoratori. […]
Ecco la «via italiana al socialismo», che con l’VIII Congresso Longo proclama con un nuovo programma e un nuovo Statuto. Tocca a Longo, che ne era stato uno degli artefici portare avanti questa politica dopo la scomparsa di Togliatti.
I funerali di Luigi Longo (1980) |
È Longo che propone alla Direzione del partito la immediata pubblicazione immediata del memoriale di Yalta, facendone un punto fermo della nostra strategia di avanzata di socialismo e della nostra azione autonoma nel movimento operaio internazionale.
È Longo che, dopo avere sostenuto anche con il suo personale intervento gli sforzi per il rinnovamento socialista in Cecoslovacchia, prende posizione insieme con la Direzione del partito contro l'intervento militare del Patto di Varsavia. È Longo che, pur avendo vissuto il tempo grande e drammatico dell'Internazionale comunista, spinge con coraggio il nostro Partito a una visione e a una pratica nuove dell'internazionalismo, che superano i confini dei partiti comunisti e si fondano sul rispetto reciproco e sulla indipendenza di ogni partito e Stato.[...].
Il nostro paese ha perduto un grande italiano, un grande intellettuale e un dirigente politico di grande statura. Ma voi mi permetterete di dire che noi sappiamo quale uomo e quale maestro di umanità abbiamo perduto.
La vita del nostro partito è segnata e deve continuare ad esserlo da un costume ideale e morale che abbiamo appreso, certo, dai nostri maestri, da Gramsci, da Togliatti, da Longo, ma, insieme, dalla parte migliore del nostro popolo. Il nostro partito non avrebbe potuto e non potrebbe in alcun modo vivere senza l'impegno personale e il sacrificio, che ha dovuto spingersi talora sino a quello della propria vita, di decine e decine di migliaia di militanti di tutte le generazioni.
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