Immagino che le conoscenze scientifiche sugli effetti del Tartufo abbiano avuto degli avanzamenti rispetto al tempo in cui l'articoletto che segue fu pubblicato, cioè trent'anni fa. E tuttavia "posto" volentieri il ritaglio ritrovato soprattutto per la simpatica narrazione della scoperta scientifica allora fatta da tre scienziati tedeschi. Il racconto di Giovanni Maria Pace egregiamente mostra fino a che punto elementi di casualità e perfino di fortuna incidano sui progressi delle scienze. (S.L.L.)
Galeno, padre della medicina, avvertiva già duemila anni or sono che chi ne fa uso può cadere preda di smodate voluttà; Prunier de Longchamps, scrittore e moralista di Francia, consigliava preti e suore di tenersene lontani per non mettere a repentaglio il voto di castità: il tartufo, misterioso fungo (ma è poi un vero fungo?) dal profumo inebriante, occupa un posto eminente, oltre che sulla tavola, nel sancta sanctorum delle piante afrodisiache. Il suo potere erotizzante è noto dall'antichità. Ma nessuno è stato in grado, per secoli, di spiegarne le ragioni. Solo ora la Scienza, per merito di tre ricercatori tedeschi e delle loro mogli, è arrivata al nocciolo della questione. Perché dunque il tartufo — soprattutto quello bianco di Alba, che da ottobre a novembre vive la sua grande stagione — è amico dell'amore?
I contadini del Piemonte e del Perigord, le uniche due regioni al mondo il cui sottosuolo celi il "diamante della tavola", andavano un tempo a caccia di tartufi con un maiale, anzi una scrofa, la quale, grufolando sotto querce e noccioli, a un tratto veniva colta come da un raptus e, scavando furiosamente, raggiungeva finalmente il prezioso ascomicete. Col suo formidabile fiuto, l'animale individuava tartufi sepolti anche sotto un metro di terra, ma la sua foga era tale da mettere in pericolo l'integrità stessa del reperto. «Come se la scrofa», ricorda un vecchio cercatore, «attratta irresistibilmente dal fungo sepolto, volesse in qualche modo con esso copulare... ».
I "trifolai" passarono allora al cane, animale più domestico e controllabile, senza per altro che l'estroso comportamento porcino ricevesse spiegazione. Ora, al fine, la curiosità è soddisfatta.
Usando tecniche sofisticate come la spettrometria di massa e la gascromatografia, i dottori Claus, Hoppen e Karg, hanno individuato nel tartufo, insieme con altre sostanze aromatiche, un alcol volatile dall'odore muschiato, parente stretto del testosterone. La sostanza può essere catalogata tra i ferormoni sessuali, i messaggeri chimici a effetto stimolante che viaggiano da un animale all'altro. La molecola (uno steroide) compare nei testicoli, nell'urina e nella saliva dei maiali maschi non castrati nell'imminenza dell'accoppiamento: ecco perché nella scrofa in calore il tartufo e un maschio della sua specie suscitano in sostanza la stessa emozione, almeno dal punto di vista olfattivo. E nella nostra specie? Ebbene, anche l'uomo, o meglio, i suoi testicoli sintetizzano il ferormone sessuale presente nel porco e nel tartufo. Dai testicoli l'ormone sale ed è secreto dalle ghiandole sudorifere delle ascelle.
Che l'afrore maschile attiri le donne era noto, ma un esperimento condotto in Inghilterra nel 1978 ha dato, anche qui, conferma scientifica al luogo comune. A un gruppo di persone sono state mostrate foto di donne normalmente vestite (non nude o provocanti). Durante la visione, ad alcuni, e solo ad alcuni, osservatori è stato fatto respirare il ferormone in parola (la formula, per chi vuole proprio conoscerla, è: 5a-androst-16-en-3a-ol). Al gruppo nel suo insieme è stato poi chiesto di esprimere un giudizio estetico sulle immagini. Conclusione: gli osservatori esposti al ferormone hanno costantemente attribuito "voti di bellezza" più alti rispetto agli individui non esposti, segno che lo zefiro d'amore aveva avuto il suo effetto. E' noto del resto che nei balli folcloristici di certi paesi del Mediterraneo i danzatori, una volta che il sudore irrora il corpo, infilano il fazzoletto sotto le ascelle e lo sventolano sotto il naso delle danzatrici le quali — testimoniano gli antropologi — raddoppiano con questo il fervore dei movimenti.
Tornando al tartufo, se la parentela ormonale tra uomo e suini era nota, nessuno prima dei sunnominati tedeschi, era stato in grado di mostrarla tra uomo e vegetale. E' improbabile che i tre studiosi ricevano il premio Nobel per la scoperta, ma se ciò accadesse dovrebbero spartirlo con le mogli. Ecco infatti come sono andate le cose. Claus e Hoppen studiavano per altri versi il ferormone sessuale in parola, tornando a casa ogni sera coi vestiti intrisi del suo accattivante odore. Le notti al profumo di steroide pare fossero molto movimentate. A parte questo, una mattina una delle signore notò la rassomiglianza tra l'erogeno effluvio trasportato nel talamo dal marito e l'odore di una pianta del giardino. Così nacque in Claus, Hoppen e Karg l'idea di setacciare piante e vegetali alla ricerca del ferormone muschiato. La sostanza fu alfine rinvenuta nel tartufo.
Giovanni Maria Pace
"L'Espresso", 24 ottobre 1982
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