Perugia. Piazza Morlacchi. A destra l'omonimo teatro |
Subito dopo mezzogiorno torno a casa, con la borsa della spesa. Da piazza Cavallotti, ove si ferma il bus, per piazza Morlacchi al 7 di via Guardabassi. Poco più di cento metri. Davanti a me una quarantenne vestita di chiaro, con i capelli spampanati. Davanti alla facoltà di Lettere comincia a parlare al telefonino. Voce alta e decisa, come l’hanno di solito le quarantenni in carriera.
“Domattina verrà un omino. Bisogna farlo parlare. Dirà due parole”.
Non sento – ovviamente – le interlocuzioni, ma in generale le intuisco.
“Chi è l’omino? Il presidente… della Regione”
Non può essere la presidente Catiuscia Marini, che di certo non è “un omino”, tuttalpiù può essere un donnone. Potrebbe essere il presidente del Consiglio regionale Brega, detto Frega. Chissà se il soprannome gliel’hanno appioppato dopo il rinvio a giudizio per la presunta cresta sui festeggiamenti di San Valentino? O magari il soprannome l’aveva già prima, senza una ragione né vera né presunta. Tra i democristiani, specie quelli di chiesa, se li davano certi soprannomi, così per scherzo, magari per una semplice assonanza. Figurarsi una rima.
“Deve parlare. Tanto fa presto. Se l’aspetta”.
“Lui sì! Ci tiene. In due minuti ha fatto”.
“Tu lo sai che a me non interessa per niente. Ma è meglio che le dica due parole”.
Continua così per tutta la strada. Immagino che la biancovestita incontri qualche resistenza.
Cerco di indovinare la ragione.
Magari – alla cerimonia, allo spettacolo, alla cosa che si farà domani - non vogliono discorsi, di nessuno. Oppure non vogliono di discorsi di politici. Oppure non li vogliono di quel politico lì. Forse anche all’altro capo del telefono avranno immaginato chi può essere l’omino.
Ma la domanda più angosciante riguarda Brega. Una volta l’ho incontrato nel suo ufficio, a Palazzo Cesaroni. Di gentile era gentile, ma ignorante come una capra. Perché dovrebbe voler parlare? Di sicuro non farebbe una buona figura.
Lo so, Brega, quando è stato rinviato a giudizio e gli sono state chieste dimissioni, ha detto: “Mai. Dio me l’ha data, guai a chi me la tocca!”. La poltrona intendeva.
Ha costretto il suo partito, il Pd umbro, ad alzare la soglia nel codice di comportamento. Prima con il rinvio a giudizio ci si doveva dimettere da assessore o da presidente di Consiglio o di Commissione (non da Consigliere), ora ci vuole almeno una condanna in primo grado. E chissà se i piddini non saranno costretti ad alzare di nuovo l’asticella.
Insomma Brega è presidente e vuol presiedere.
Ma perché mai dovrebbe voler parlare? Qualcuno glielo avrà pur detto che è ignorante come una capra e, se parla, chiunque se ne accorge. Anche se dice solo due parole.
No, forse non è lui, l’omino.
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