28.7.12

Diario da Corleone (di Jasmine - da "LiberaEtà" settembre 2011)

A luglio e ad agosto più di mille ragazzi del 2011 hanno partecipato ai campi della solidarietà dell’Arci e dello Spi Cgil che si sono svolti in Sicilia, Campania, Calabria e Puglia. Maurizio Pascucci raccolse giorno per giorno i loro diari. Ecco una storia da Corleone..., ripresa da “LiberEtà”, il mensile del sindacato pensionati, di settembre 2011.
L’esperienza si ripete quest’anno. (S.L.L.)
Una giovane volontaria a Corleone nei campi di Libera Terra
Corleone, 21 luglio
Si parte con un’idea, che piano piano cambia, accresce, assume nuove sfumature. Vado nelle terre confiscate alla mafia: è una frase che fa quasi paura. Finché non ci sei, non ti rendi conto di cosa possa significare essere il vicino di casa di uno dei più pericolosi criminali. Non ti rendi conto di ciò che un abitante di qui può pensare di te, di sé, della vita. Poi ti svegli alle sei con un sonno pazzesco e una grande voglia di restare a dormire; ma apri gli occhi e rimetti a fuoco il motivo per cui ti trovi qui: un’infinita curiosità e tanto interesse a conoscere, a sapere, a cambiare le cose. Questa spinta ti dà la forza per andare nel campo, sotto il sole, a togliere l’erba secca dai filari. Ti illudi che questo possa servire a qualcosa, che possa lasciare un segno. Una volta che torni per pranzo, avresti voglia di restare, di fare ancora qualcosa malgrado ti senta distrutto. Dopo pranzo siamo andati in paese per comprare alcune cose; ci sono dei bar dove non dobbiamo andare: è strano. A Firenze sono davvero pochi i posti dove non devi andare, ma si tratta principalmente di locali che di notte sono frequentati da gente strana di cui forse hanno paura solo le mamme troppo preoccupate. Invece qui vedi la gente che ti squadra e non puoi fare a meno di osservare quelle persone che hanno rapporti con i mafiosi e ti senti in una realtà diversa.
Una volta tornati, Calogero ci ha fatto un discorso sulla cooperativa, sui corleonesi, sulla mafia. Da qui percorrendo la storia della cooperativa, ci si accorge che davvero la mafia c’è, nel concreto, e ora ci siamo così vicini. Ti fa rabbia che si conoscano nomi e cognomi, che si sappia ciò che viene fatto. Eppure ci sono così tanti mafiosi a piede libero, e pare che sia così difficile incastrarli. Ti fa rabbia come funziona l’Italia, ti fa rabbia l’impunità. La rabbia ti fa pensare, ti fa reagire, ti fa venire voglia di fare davvero qualcosa. Sicuramente questo è un inizio ma si può fare di più. Si può essere più incisivi. C’è sempre la speranza che partendo da qui, il futuro sia più positivo.
Adriana ci ha raccontato come mai ha deciso di venire qui. Le sue motivazioni sono simili alle nostre. Con lei ci sono le volontarie pensionate; anche per loro è un’esperienza importante, hanno modo di dialogare con noi giovani e noi con loro, coi loro pensieri e con le loro idee, oltre che con il loro ottimo (e vasto!) repertorio culinario.

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