1964. "I tre moschettieri" diventa un "musical" per la Biblioteca di Studio Uno. Nella foto sono riconoscibili i membri del Quartetto Cetra e Nilla Pizzi |
Percorrendo le sale del
Museo dell’Armée di Parigi, che ospitano attualmente la seducente
esposizione Mousquetaires!, si scopre che quando i residenti
della parte settentrionale del Faubourg Saint Germain – quella più
vicina alla riva sinistra della Senna – si vantano di vivere in
appartamenti un tempo abitati dai famosi eroi di cappa e spada,
dicono la pura verità: gli uomini, tradizionalmente giovanissimi
guasconi, che facevano parte del corpo speciale del regio esercito
creato da Luigi XIII nel 1622, divenuti leggendari grazie all’opera
di Alexandre Dumas, erano in effetti alloggiati gratuitamente nei
quartieri vicini al Louvre, per essere a disposizione del re in ogni
evenienza.
Si trattava di una sorta
di tassa in natura per i parigini della rive gauche,
rassegnati tuttavia a convivere con i militari, che erano parte
integrante della vita sociale di un’epoca in cui lo stato di guerra
veniva considerato di ordinaria amministrazione, e i duelli –
conformi alle regole d’Oltralpe dettate dal trattato di scherma del
maestro d’armi senese Ridolfo Capo Ferro – erano all’ordine del
giorno. «Abbiamo approfittato dell’opportunità inedita offertaci
dalle recentissime scoperte archeologiche avvenute a
Saint-Germain-en-Laye grazie agli scavi dall’Inrap (Institut
national de recherches archéologiques préventives) – spiega il
commissario dell’esposizione, Olivier Renaudeau – nel campo di
addestramento della fortezza Saint-Sébastien, dove si allenavano le
truppe della Maison du roi. Qui, per un anno (dal 1669 al
1670) i soldati, non solo moschettieri, si erano familiarizzati con
le nuove tecniche di assedio ideate da Vauban in vista della guerra
che Luigi XIV stava preparando contro gli olandesi. Gli scavi hanno
permesso di esaminare la realtà materiale di questa società
composita in un contesto particolare. Che mettiamo a confronto, in
occasione della mostra, con le ricostruzioni di situazioni e
personaggi scaturite dalla magia creativa di Alexandre Dumas, in uno
spirito che gioca a mescolare realtà e finzione».
Ed è precisamente lo
spirito del «Grande secolo», nel quale si svolgono le improbabili
avventure dei prodi dal cappello blu e dalla croce d’argento,
raccontate nei romanzi dello scrittore francese, che intriga il
visitatore rapidamente coinvolto nel turbine di vicende e
protagonisti descritti con verve nell’esposizione parigina.
L’implacabile Richelieu e l’astuto Mazzarino sfilano accanto
all’imprudente Anna d’Austria e all’elegante duca di Buckingham
(l’insolente parvenu, come lo definisce Charles Dickens); il
vanitoso Fouquet e la misteriosa Maschera di Ferro riconducono a
episodi e fatti che, all’epoca, avevano fatto scalpore. Assistiamo
alla presa della Rochelle, roccaforte protestante protetta dagli
inglesi, e all’assedio di Maastricht – capolavoro della tecnica
militare di Vauban, messa a punto proprio nel campo di addestramento
della fortezza Saint-Sébastien, indagata dagli archeologi dell’Inrap
– dove D’Artagnan aveva perso (inutilmente) la vita.
«Ho perduto D’Artagnan,
nel quale avevo assoluta fiducia, e che mi era utile per tutto»,
scrive Luigi XIV alla moglie Maria Teresa d’Austria. Ma chi era il
davvero D’Artagnan? Nato nel 1612, figlio del proprietario di un
castelletto a Castelmore in Guascogna, aveva una madre di alto
lignaggio, Françoise de Montesquiou d’Artagnan la cui famiglia era
introdotta a corte. Luigi XIV, che lo conosceva fin dall’infanzia,
gli affidava gli incarichi più spinosi. Come l’arresto di Fouquet,
sovrintendente alle finanze accusato di essersi arricchito alle
spalle del tesoro reale. Decisione presa dal Re Sole dopo il
ricevimento oltraggiosamente fastoso che il potente ministro aveva
osato organizzare in suo onore al castello di Vaux-le-Vicomte. Dopo
l’arresto, D’Artagnan e Fouquet avranno occasione di frequentarsi
e diventeranno quasi amici. Faranno fianco a fianco il viaggio fino
alla fortezza di Pinerolo in Piemonte, località di destinazione
dell’illustre prigioniero, dove incroceranno un altro detenuto
eccellente dal viso coperto da una maschera di ferro e dall’identità
mai rivelata. Secondo Voltaire, che si era appassionato all’enigma,
si trattava del fratello gemello (o del fratellastro) di Luigi XIV,
la cui esistenza metteva in pericolo i diritti dinastici del sovrano.
Trame, misteri, storie di
spionaggio internazionale. Si scopre alla fine che i personaggi più
inverosimili del romanzo di Dumas sono proprio i moschettieri. Per
esempio, l’intrigo sentimentale fra la regina Anna d’Austria e il
duca di Buckingham – nella mostra due ritratti eseguiti da Rubens
danno un volto ai due amanti – fu una vicenda ben reale, ampiamente
descritta da La Rochefoucauld nelle sue Memorie, intrecciata
con affari di spionaggio internazionale ai quali non era estraneo lo
stesso Rubens, diplomatico di professione oltre che celeberrimo
pittore. I tentativi politici di strumentalizzare la leggerezza
regale nel famoso intrigo dei dodici ferretti in diamanti offerti da
Anna al duca inglese da parte di Richelieu (segretamente innamorato
della sovrana, secondo La Rochefoucauld), al fine di screditare la
regina agli occhi del consorte Luigi XIII, ed assicurarsi un maggior
potere presso di lui, si incarnano nella figura di due donne: una,
vera, la contessa di Carlisle, ingaggiata come spia dal Cardinale per
sorvegliare la regina, e l’altra, scaturita dall’immaginazione di
Dumas, la celebre Milady.
Dove finisce la realtà?
Dove comincia la fantasia? L’esposizione parigina sembra suggerire
che la Storia rimane la più straordinaria e la più incredibile
delle finzioni.
La Stampa, 04/05/2014
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