E' piccolo, spavaldo,
sfida l'inverno restando con noi quando tutti volano via: è il
pettirosso, che in queste settimane gelide comincia ad accoppiarsi e
a fare nidi dalla forma perfetta, come tazze del caffellatte. Ha il
petto arancione, saltella confidente tra gli umani, in cerca di cibo.
È stato vicino a Gualtiero che spaccava legna tutto il giorno nella
neve, in quel di Crodo. Gualtiero è uomo d'altri tempi, ha 62 anni e
fa il medico, ma lo fa alla Spoon River, aiutando la gente:
non tradisce il bambino per l'uomo. Si sa che fine fanno tipi così:
la scienza non si regala alla gente e agli ammalati di fame, sennò
ti ammali dell'identico male; ma lui continua, moglie e figlie lo
adorano salvo quando imbraccia la doppietta, pulsione ancestrale da
cacciatore onesto, giura, alla Rigoni Stern. Con il pettirosso ha
parlato ore, ha ascoltato il suo richiamo, il tic ripetuto e le belle
variate e gorgheggianti frasi, degne della splendida mezzosoprano
Romina Basso che ha cantato alla Filarmonica romana con Modo Antiquo.
“Quante note nell'estasi di quel canto”, scrive Emily Dickinson.
Il pettirosso canta
d'inverno, canta tutto l'anno - beato lui - canta anche
all'imbrunire, come l'usignolo; preziose melodie notturne, in tempi
oscuri. Tolgono spine, come pare abbia fatto dalla corona di Gesù,
restandone macchiato: fu vicino a lui, «bei ihm», direbbe
Stolzel nell'incantevole aria «Du bist bei mir», «Sei
vicino a me».
Certe cose macchiano per
sempre, meglio fare attenzione dunque con la voglia d'amare, perché
ti arriva il meglio della clientela e costringe a capire cos'è il
mestiere di vivere. Ma non importa, il pettirosso - dicono in Romagna
- segnala l'arrivo della neve, è antico simbolo dell'anno nuovo;
facilita il passaggio dall'inverno alla rinascita. Per rinascere
bisogna essere un po' come i Gualtiero o come Corrado Ferro,
sindacalista torinese che seppe dire no a facili prebende, al mondo
dei furbi. Hanno accumulato solo un po' di legna e di carità
cristiana - solidarietà laica, compassione buddista, fate voi -virtù
rara a ogni età. Berne un po' ogni giorno, di quel fluido salvavita,
è «un pensiero che fluttua sopra la terra», come il pettirosso,
secondo Gibran; bisogna ascoltare «la voce che è dentro la sua
voce», scrive il poeta. Quel fluido il medico di De André l'aveva
chiuso in bottiglia, ma guardate l'etichetta: c'è scritto «Elisir
di giovinezza».
“La Stampa”, 11
dicembre 2012
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