1977. In Inghilterra
scoppia il fenomeno punk. La band che meglio incarnò
quel periodo furono i Sex Pistols, che con i primi due singoli
destabilizzarono, e non poco, l'establishment britannico. In
particolar modo fu God Save the Queen a creare qualche
problema. A partire dal titolo, che riprendeva quello dell'inno
nazionale inglese, il brano subì critiche e censure già dalla sua
pubblicazione, il 27 maggio del 1977. Il testo metteva alla berlina
la monarchia tacciandola addirittura di fascismo parlava di un paese
senza futuro. Proprio la frase che Johnny Rotten ripete nel finale
della canzone avrebbe dovuto infatti essere il titolo, «No Future».
Il 7 giugno dello stesso anno, in concomitanza con le celebrazioni
per i 25 anni di regno della regina Elisabetta II, Makolm McLaren,
produttore e deus ex machina della bomba Sex Pistols, organizzò una
performance della band su una chiatta ancorata sul Tamigi
proprio di fronte al palazzo di Westminster, sede del Parlamento
britannico, ma lo show non ebbe mai luogo e McLaren, Rotten e gli
altri componenti della band furono arrestati dalla polizia.
Quasi tutte le radio, a partire dalla Bbc, bandirono dalle loro
rotazioni il pezzo, ma questo non bastò a spegnerne la dirompente
forza mediatica. Il singolo non raggiunse mai il primo posto nelle
chart ufficiali ma pare certo che fu comunque il più venduto
di tutto il periodo.
In Un segreto da
hit-parade, “Alias – il
manifesto”, 11 agosto 2007
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