L’infinito appare nel poco,
come l’ultima nota di un grido
mentre si dilegua. L’attimo ci
insegue.
Cosa ho amato? Forse quell’aria,
due centimetri, tra il corpo e
l’asticella,
che dà luce a ogni applauso. O quel
soffio
invisibile sull’albero
dove sorride fanciulla e non ha fine.
E quei feriti di un’antica gara
che trovarono in questo bar
un interno musicale. Poi basta. Poi
la parola che presenta se stessa,
l’interminabile parola data.
Da Quell'andarsene nel buio dei
cortili, Mondadori 2010
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