Non parlo solo della
giustizia dei tribunali – anch’essa peraltro abbastanza
inadeguata, dalla fuga di Kappler con le complicità statali fino
alle vicissitudini del processo Priebke e alla farsa seguita alla sua
morte. Questa giustizia può, qualche volta, punire i colpevoli, ma
non rendere giustizia alle vittime perché ha comunque un ambito
necessariamente e giustamente limitato: tratta il “caso” da un
punto di vista strettamente penale e individuale e lascia a noi la
responsabilità di una giustizia più vasta, che riguarda i
sentimenti, la società e la storia.
Su questo piano,
l’ingiustizia continua.
Ci si aspetta a volte che
la condanna dei colpevoli ponga in qualche modo fine alla sofferenza
delle vittime dirette - le famiglie, le comunità, le persone care
degli uccisi. Ora, a parte il fatto che questa condanna è stata
riluttante e insufficiente, questo non è comunque vero: dopo la
condanna ci si accorge che nessuno ti restituisce quello che hai
perduto. In più, se è vero che la strage delle Fosse Ardeatine è
un crimine contro l’umanità, allora – in modo certo meno
violento e immediato – vittime siamo anche noi, ed è su questo
piano che l’ingiustizia soprattutto continua.
Si discute in questi
giorni dell’introduzione di una legge contro il negazionismo sulla
Shoah. Ora, a parte le perplessità diffuse su questa ipotesi, resta
il fatto che il negazionismo è in larga misura un fenomeno di
nicchia, e che una sensibilità di gran luna maggioritaria non solo
non nega lo sterminio ma lo riconosce come una delle colpe più
spaventose che l’umanità ha commesso contro se stessa. Sulle Fosse
Ardeatine, invece, permane un negazionismo che si fa senso comune:
nessuno andrebbe in televisione a dire che la Shoah non è mai
avvenuta, ma personaggi ignoranti, protervi e molto influenti hanno
continuato spacciare menzogne su via Rasella e le Fosse Ardeatine
senza che su loro si abbattesse lo sdegno della maggioranza (e senza
che venissero sbattuti fuori per manifesta incompetenza
professionale).
Fino a quando questo sarà
possibile – fino a quando le istituzioni, la scuola, il sistema
dell’informazione non sentiranno loro la ferita delle Fosse
Ardeatine, fino a quando continueremo a non guardare in faccia la
materialità del massacro per inventare e alimentare leggende nere
sui partigiani, non basteranno corone apposte per dovere d’ufficio
e commemorazioni di routine. Fino a quando la verità non diventerà
senso comune e il dolore per le Fosse Ardeatine non diventerà dolore
di noi tutti, le vittime continueranno ad essere sole, e giustizia
non sarà stata fatta.
il manifesto, 24 marzo
2014
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