Ho trovato su “Carmilla
on-line”, un interessante sito di cultura antagonista, questo breve
saggio, con la sua bibliografia, che ho trovato di grande interesse
non solo storico-biografico, ma anche politico. Vi si dà notizia non
solo di un antico locale (oggi ha cambiato nome, credo si chiami Beat
One) e delle gite fuori porta di Marx e dei suoi compagni, ma del
crescere, insieme alle strutture del movimento operaio, di una nuova
socialità. E' un tema che certamente dovrà affrontare chi – dopo
il diluvio – dovrà ricostruire organizzazione e teoria della lotta
di classe. Ne consiglio vivamente la lettura. (S.L.L.)
Una vecchia foto del Red Lion |
Karl Marx era un
frequentatore abituale di centri sociali. L’Associazione culturale
degli operai tedeschi, per funzioni e attività svolte, assomigliava
molto a questi luoghi d’incontro e d’iniziativa
politico-territoriale che in Italia hanno raggiunto livelli di
particolare diffusione a partire dagli anni novanta dello scorso
secolo. Se andiamo nel quartiere londinese di Soho, al numero 20 di
Great Windmill Street, oggi troviamo un cocktail bar piuttosto
affollato e rumoroso. Nello stesso posto un tempo c’era il Red
Lion, un pub che, dal 1840 al 1846 e poi di nuovo dal 1849 al 1864,
ospitò al piano superiore, le attività dell’Associazione
culturale di cui fece parte anche il filosofo tedesco (Scholey, 11).
Ecco come Bruno
Hildebrand, professore di Marburgo, ricorda quei locali che visitò
alla fine del 1845: “Al piano terra c’era un negozio di alcolici
nel quale si potevano acquistare vari tipi di birra. Lì non c’era
posto per far accomodare gli ospiti. Salimmo una rampa di scale fino
a un salone con sedie e tavoli. Lo spazio avrebbe potuto ospitare un
paio di centinaia di persone. Una ventina di queste cenavano o
fumavano la pipa sorseggiando delle bevande alcoliche. Altri stavano
in piedi qua e là… La maggior parte dei presenti erano lavoratori,
ma erano vestiti con decoro. I loro modi erano semplici e improntati
alla dignità. Si parlava principalmente in tedesco, ma si potevano
sentire anche conversazioni in inglese e francese. In un lato della
sala c’era un pianoforte” (Scholey, 7). Hildebrand notò anche
che i presenti si davano tutti del “tu”, manifestando in questo
modo uno spiccato spirito egualitario. Inoltre, proprio al Red Lion,
Marx sosteneva di avere il suo “private parlour”. Wilhelm
Liebknecht, che lì ebbe il suo primo incontro con il filosofo nel
1850, racconta che questo “parlour” altro non era che la
stanza dell’oste: “In un batter d’occhio la birra arrivò, e ci
sedemmo: io a un lato del tavolo, Marx ed Engels di fronte a me. Il
massiccio tavolo di mogano, i lucenti boccali di stagno, la birra
spumeggiante, la prospettiva di un’autentica bistecca inglese con
contorno, le lunghe pipe di argilla che invitavano a fumare – tutto
ciò era assai familiare e mi ricordava vivamente una scena delle
illustrazioni inglesi ai libri di ‘Boz’ [pseudonimo di Charles
Dickens]” (Enzensberger, 126).
Luoghi d’incontro di
questo genere sono parte fondante della storia del movimento operaio.
Nell’Italia postrisorgimentale abbiamo avuto le cameracce
emiliano-romagnole (di cui parla Valerio Evangelisti nel Sole
dell’Avvenire), poi le case del popolo a cavallo tra il XIX° e
il XX° secolo, e infine i circoli del proletariato giovanile negli
anni settanta. L’Associazione culturale degli operai tedeschi però
non offriva solo un posto dove andare a bere. Fondata il 7 febbraio
del 1840 da sette membri della “Lega dei giusti” – una società
segreta che dopo l’ingresso di Marx assumerà il nome di Lega dei
comunisti – aveva per scopo la formazione politica dei lavoratori
affinché in futuro non dovessero più affidarsi a leader borghesi.
In questo modo avrebbero potuto prendere in mano le proprie sorti,
evitando di commettere gli errori delle rivolte operaie degli anni
’30. Cambiando nome per quasi una decina di volte, l’Associazione
visse fino al 1920 e fu influenzata da tutte le correnti politiche
del movimento operaio: dal comunismo neotestamentario del sarto
Wilhelm Weitling all’anarchismo, passando per il marxismo e il
socialismo lasalliano. Lo stesso Marx entrò e uscì
dall’associazione più volte, tenendovi vari corsi di economia
politica durante i quali con tanto di gesso e lavagna era solito
spiegare le formule che ritroviamo nel Capitale. Nel febbraio
del 1847, i membri dell’Associazione erano 500 e aumentarono, con
alterne vicende, fino al numero di 1.800 nel dicembre del 1868
(Enzensberger, 118 e 132; Lattek, 55 e 122; Scholey, 12).
Le attività svolte nei
locali sopra il Red Lion erano delle più disparate: si tenevano
lezioni di tedesco, francese e inglese; il martedì sera si riunivano
gruppi di lettura che affrontavano eventi politici contemporanei o
problemi di filosofia. Il sabato invece si cantava e si ballava.
C’erano serate dedicate all’insegnamento delle tecniche di public
speech e capitava spesso che a turno gli iscritti recitassero
poesie. Si studiavano anche la geografia, la storia e ci si
esercitava nel disegno. L’Associazione aveva un suo coro, che nella
seconda metà degli anni ’40 raggiunse le trenta unità; possedeva
molte carte geografiche, un mappamondo e svariati strumenti musicali.
I membri potevano beneficiare di un’assicurazione medica e accedere
a una piccola biblioteca che disponeva di oltre 200 volumi. Il
prestito di un libro per due settimane costava due scellini
(Enzensberger, 133; Lattek, 25-26; Scholey, 4-5).
L’associazione del Red
Lion non era il solo luogo di socializzazione politica nella Londra
vittoriana. Sempre a Soho, al 22 di Greek Street, presso il pub
Hillmann’s, c’era la Società democratica diretta da Karl Heinzen
e Gustav Struve (Lattek, 86). A Rathbone Place si trovava una sala
d’armi gestita da esuli francesi (probabilmente blanquisti), dove
Marx andava a tirare di scherma pur non eccellendo in eleganza
(Enzensberger, 135). Un posto del genere lo potremmo paragonare alle
palestre popolari odierne. Vicino Leicester Square, al civico 27 di
Long Acre, c’era poi il German Stores Hotel di Schaerttner, mentre
a Maddox Street c’era la Golden Star Tavern di Karl Goehringer
“dove la vanità e il buon cuore del proprietario non riusciva a
resistere agli esuli che imploravano ‘Ho fame, Generale, non mi
negare una bistecca!’” (Lattek 86, cfr. anche 122-124 e Aston,
100). In questi due pub si ritrovavano sia i democratici che i
seguaci di August Willich, il leader comunista “fochista” che nel
1850 si era separato da Marx. Willich, che era stato generale
dell’esercito rivoluzionario del Baden durante il ’49, viveva
nelle “caserme”, un progetto abitativo vicino a Waterloo Bridge
che ospitava 18 rifugiati poveri e forniva cibo ad altri 40 esuli
(Lattek, 53).
Nelle memorie degli esuli
tedeschi a Londra rimane il ricordo delle tante attività fatte
assieme, anche al di fuori delle mura del Red Lion. È il caso delle
commemorazioni della sollevazione parigina del giugno 1848, delle
feste d’estate e delle gite campestri: “E le nostre passeggiate a
Hampstead Heath! Campassi mille anni, non le dimenticherei”, scrive
Liebknecht. “La ‘landa’ di Hampstead, oltre Primrose Hill… è
ancor oggi in gran parte… un terreno collinoso e non costruito,
cosparso di ginestre e interrotto qua e là da macchie di alberi e da
monti e valli in miniatura… Una domenica a Hampstead era per noi il
massimo dei piaceri. Dalla Dean Street, dove abitava Marx… ci
voleva un’ora e un quarto buona, e di solito si partiva già in
mattinata, verso le undici… Giunti in cima allo Heath, per prima
cosa si cercava un posto adatto a piantare le tende, con particolare
riguardo ai collegamenti con i rifornimenti di tè e birra… Appena
l’avevano trovato, tutti tiravano fuori i giornali della domenica,
comperati strada facendo, e cominciavano la lettura e le discussioni
politiche, mentre i bambini, che presto trovavano compagni di gioco,
giocavano a nascondarella dietro i cespugli di ginestra. Per
introdurre qualche diversivo in quel dolce far niente, si gareggiava
alla corsa, alla lotta, a tirare le pietre e via discorrendo”
(Enzensberger, 189-191). Stando alle memorie del tempo, Marx si
esibiva spesso in pericolose capriole sull’erba e in corse a
perdifiato giù per i pendii in fiore (Enzensberger, 239).
Non è casuale che nella
tradizione ottocentesca e novecentesca del movimento operaio ci sia
un legame indissolubile tra le strutture della politica e quelle
della socialità. Il costituirsi di un’identità antagonista, di
una coscienza di classe, da un punto di vista astratto, filosofico,
ha le sue condizioni di possibilità nel cuore della produzione
capitalistica mediante il meccanismo di estrazione del plusvalore. Si
passa tuttavia dalla mera possibilità alla sua manifestazione
empirica, sociologica, soltanto con le canzoni cantate insieme, con
il raccontarsi e il tramandarsi le piccole e grandi gesta eroiche. E
anche con le gite al parco.
E oggi? Le strutture di
socialità rinascono continuamente dalle loro ceneri, malgrado tutto,
grazie alle nuove conformazioni del lavoro sociale. Ogni composizione
di classe ha i suoi canti, i suoi riti, i suoi luoghi di vita e
d’incontro; e così sviluppa livelli specifici di forza negoziale e
di contropotere. Si acquisisce e si condivide coscienza nei momenti
di gioia e di dolore collettivi, quando il sentire comune esonda
dall’esperienza quotidiana, portando via le incrostazioni del
pensare comune: un evento fortuito finisce per aprirci gli occhi
definitivamente e da quel momento vediamo il mondo in modo diverso.
Se il comunismo di Marx
era in qualche modo collegato alle corse a perdifiato di un gruppo di
giovani emigrati giù per le valli di Hampstead Heath, a quali
attività creatrici di società è connessa oggi la possibilità di
costruire un mondo diverso?
Bibliografia
- Aston, Rosemary, 1986, Little Germany: Exile and Asylum in victorian England, Oxford University Press.
- Enzensberger, Hans Magnus (a cura di), 1977, Colloqui con Marx ed Engels, Einaudi.
- Lattek, Christine, 2006, Revolutionary Refugees: German Socialism in Britain, 1840-60, Routledge.
- Scholey, Keith, 2006, The Communist Club, Past Tense.
Carmilla on-line, 24 aprile 2014
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