Il mondo sarebbe stato
diverso se nel 1928 l’Universal non avesse deciso di schierarsi con
il produttore Charles Mintz contro Walt Disney. E non gli avesse
tolto per contratto il primo divo di carta: Oswald, the Jucky
rabbit.
Il «paese delle
meraviglie», dove abita Alice e tutto l’immaginario, non sarebbe
stato popolato da un animaletto ritenuto dai più disgustoso. Ma al
contrario avrebbe eletto a simbolo di simpatia e lealtà una creatura
morbida e batuffolosa, priva di malizia e senz’altro di coraggio,
di spocchia e di ogni altro carattere «virile» e patriottico.
L’America si sarebbe
identificata con un coniglio.
Non che un topo sia più
degno di rappresantare una grande nazione, ma certo può vantare doti
- per esempio la velocità e l’intuizione (Mickey Mouse è un
detective) - negate dalla natura all'altro roditore.
E ci mancò poco. Oswald,
il coniglio fortunato esordì nell’aprile del 1927 come padre
estremamente prolifico nel cartoon Poor papa. Ma la Universal
Film Exchanges di New York espresse subito il suo disappunto a Walt
Disney (che si era già fatta una buona fama con la serie delle
«Alice comedies», mix di cartoon e attori in carne e ossa): Oswald
mancava di gioventù e romanticismo, anzi era vecchio, grasso e
trasandato. Insomma, un conigliaccio alle prese con una prole
affamata immagine sconsigliabile alla vigilia del crollo di Wall
Street.
Oswald, primo eroe
di carta
Disney accettò la
critica: “voglio dare a Oswald una personalità piùprecisa –
dichiarò - e creare un personaggio veramente simpatico … saremo in
grado (era Ub Iwerks il disegnatore e l’animatore) di realizzare
una serie bomba. Gli abbiamo tolto le bretelle e cambiato
notevolmente la faccia...».
Oswald era il suo primo
eroe e con lui Walt doveva misurarsi per farne l’idolo del grande
schermo. Così il «povero papà» diventò più morbido, più
rotondo, più allegro. Aveva testa e corpo perfettamente circolari.
«Indossava» un cappuccio nero come Mefistofele, l’attaccatura dei
«capelli» formava tre punte, una sulla fronte e due sui lati del
viso. Aveva occhi oblunghi, neri come il naso a patata, guanti
bianchi, un paio di braghette corte con due grandi bottoni e ai piedi
due scarponcini bombati.
La descrizione come si
vede corrisponde perfettamente a quella di Topolino, senonché Oswald
era un coniglio e portava fieramente in testa due lunghe orecchie
mobili.
Il lavoro cominciato da
Disney e Iwerks ottenne subito un buon risultato. Le riviste del
settore accorsero Oswald con entusiasmo. Film Daily scrisse
che Trolley Troubles era uno schianto. Motion Picture News
trovò Great Guns “pieno zeppo di humour” e predisse un
trionfo per tutta la serie. Moving Picture World sosteneva che «oltre
a portare una nota nuova nel mondo dei cartoons rappresentando un
coniglio, queste creazioni di Disney sono intelligenti, vive,
divertenti...». Oswald, con i suoi «gesti ed espressioni umane,
dovrebbe incontrare il favore di ogni tipo di pubblico».
E così fu, il pubblico
gradì le gesta dello scatenato roditore antropomorfo che, non più
padre affranto, ne combinava di tutti i colori sul ritmo della
comicità slaptick.
Un coniglio
fortunato
Ora nessuno lo ricorda
più, ma Oswald, morto in età acerba per colpa di un Topo, raggiunge
l’apice della popolarità e fu uno dei protagonisti del primo
merchandising. Tutte le ditte per prodotti destinati
all’infanzia lo vollero come marchio. Apparve per la prima volta su
un candito ricoperto di cioccolato della Vogan Candy Corporation di
Portland. L’involucro recava la scritta: «Occhio a Oswald della
Universal Pictures». La Philadelphia Badge Company lanciò sul
mercato un distintivo con la sua effige e la Universal Tag e Novelty
Company mise in commercio una scatola di stampini per la riproduzione
di Oswald.
Disney assunse nuovi
disegnatori, e Ub Iwerks e gli altri animatori cominciarono a
sfornare un cartoon ogni due settimane.
Walt e il fratello Roy
ingrandirono gli Studi e comprarono due appezzamenti di terreno in
Lyric Avenue. Oswald segnò così il primo decisivo passo della
fortuna Disney.
Ma il business prese il
sopravvento e ai rinnovo del contrarre per i diritti sul cartoon, nel
febbraio 1928, Charles Mintz, appoggiato dalla Universal, dopo aver
«rubato a Disney gran parte dei disegnatori, dettò le sue regole: o
Walt accettava di lavorare alle sue dipendenze o gli avrebbe tolto
Oswald.
Fu così che il coniglio
restò orfano e si avviò verso una triste fine, cosa che conferma,
se mai ce ne fosse ancora bisogno, che Disney, nonostante fosse un
«mediocre disegnatore», era un genio, anzi un dio, l’unico a
saper infondere il soffio vitale a creature inanimate. La Universal
se ne liberò presto a favore del nuovo venuto.
Tutte le leggende che
seguirono sulla nascita di Topolino affondano nella morte di Oswald.
Disperato per aver perso il suo coniglio, Walt nel viaggio di ritorno
da New York a Los Angeles, immaginò un nuovo personaggio che
assomigliasse al caro defunto. Bastò tagliargli le orecchie e
aggiungere una codina sottile in fondo alle braghette. Si disse che
Walt si era ispirato a un vero topolino che giocava intorno al suo
tavolo da disegno di Kansas City, ma sono frottole.
Mickey Mouse erala
reincarnazione di Oswald e ne ereditò persino una serie di gag.
Mickey Mouse (doveva
chiamarsi Mortimer ma a Lily, moglie di Walt, non piaceva, lo trovava
troppo solenne per un «animale») con la voce in falsetto del suo
creatore (Oswald invece era muto) fu presentato in anteprima il 15
maggio 1928 sullo schermo di un cinema del Sunset Boulevard. Titolo
dello short: Piane Crazy. Ma la prima uscita pubblica di
Topolino avvenne a New York con Steamboat Willie, corredato da
una pista sonora sincronizzata. In scena anche Minnie, che, insieme
al suo fidanzato, trasforma un battello in una pittoresca orchestra,
dove basta tirare la coda a una capra o battere con un martello sui
denti di una mucca per ottenere le più dolci melodie. Mickey che ha
ancora un musetto appuntito ed è piuttosto insolente (poi diventerà
un vero signore metropolitano) lasciò tutti senza fiato.
E quando gli Studi
proposero un altro cartoon, l’inquietante The Skeleton Dance,
la danza degli scheletri, la Universal fu perentoria: «Questa roba
non la vogliono. Vogliono altri topi».
Tutto il mondo voleva
altri topi. Nel 1929, anno non felice per gli States, Mickey era
l’idolo nazionale. Era l’America. E lo slogan, che circolò tra i
consumatori e i fans delle centinaia di club intitolati al suo nome,
gridava: «Cosa? Niente Topolino?».
Mickey uomo massa
Solo ai recensori
tedeschi (era il 1931) la sostituzione del coniglio col topo non
riuscì gradita: «Far calzare elmetti militari tedeschi a un
esercito di gatti in guerra con un'armata di topi offende la dignità
nazionale», scrissero.
Topolino era
l’incarnazione dell’«uomo massa», era riproducibile
all'infinito, era il popolo americano contro l’arroganza
aristocratica del vecchio continente. Disney aveva compiuto un
miracolo eleggendo il povero, ma furbo Charlot a eroe
nazionale: «Abbiamo ideato un topolino - spiegava - che ha qualcosa
dello spirito di Chaplin, un soldo di cacio che cerca sempre di dare
il meglio di se stesso».
Chiunque può diventare
Topolino, un essere nato miserabile, ma capace di combattere cattivi
colossali come Gamba di legno. E dotato di un alto senso morale, per
cui ogni spettatore, topo tra i topi, si poneva la stessa domanda di
Disney davanti al tavolo da disegno: «Topolino lo farebbe?».
«Curiosità, fiducia,
coraggio, costanza: le quattro doti che fanno avverare i sogni»
(Disney) ecco perché il topo cessò di essere un topo e, come
Pinocchio, diventò un ragazzo.
Che poi tutto sia dovuto a un coniglio, sacrificatosi per amor di patria, lascia da pensare. In fondo in fondo quel Mickey Mouse, criticato da alcuni (europei!) perché troppo infallibile e sicuro di sé, ha una cuore da coniglio. Il cuore umido e delicato di chi deve stare sempre in guardia (non a caso Oswald fu commissionato da Carl Laemmle, ebreo e fondatore della Universal) contro giganteschi Golia.
Che poi tutto sia dovuto a un coniglio, sacrificatosi per amor di patria, lascia da pensare. In fondo in fondo quel Mickey Mouse, criticato da alcuni (europei!) perché troppo infallibile e sicuro di sé, ha una cuore da coniglio. Il cuore umido e delicato di chi deve stare sempre in guardia (non a caso Oswald fu commissionato da Carl Laemmle, ebreo e fondatore della Universal) contro giganteschi Golia.
“La talpa il manifesto”
Uomini o ratti? Vita da topi –
19 luglio 1990
Nessun commento:
Posta un commento