Il Corpo Forestale
nasce nel Regno di Sardegna nel 1822 e con il tempo si è
specializzato nella tutela dell’ambiente. Oggi sorveglia
parchi e aree naturali, contrasta i traffici di rifiuti e la
cementificazione illegale, si occupa di sicurezza alimentare e di
zoomafia e, oltre a investigare, i forestali cercano anche delle
soluzioni tecniche ai disastri ambientali.
Lo smantellamento
prevede l’assorbimento in altri corpi di polizia.
Si scrive
razionalizzazione e potenziamento dell’efficacia delle funzioni di
polizia, si legge soppressione del Corpo forestale dello Stato,
previsto dal disegno di legge Madia. La Guardia forestale è l’unica
polizia specializzata nei settori ambiente e natura. La decisione è
stata presa alla vigilia dell’introduzione nel codice penale della
nuova legge sui reati ambientali e non sono stati in pochi, a destra
come a sinistra, a sostenere come, tra le due, si possa vedere un
controsenso. In Italia si commettono in media tre reati contro
l’ambiente ogni ora. Il Rapporto ecomafie del 2014 di Legambiente
riporta come il Corpo forestale dello Stato ha svolto, solo nel 2013,
11 mila inchieste ambientali, contro le 65 della Polizia di Stato. Il
generale Sergio Costa, primo dirigente del Corpo forestale dello
Stato, ha dichiarato al Corriere del Mezzogiorno che il pericolo -
soprattutto in aree già martoriate dai crimini ambientali come la
Terra dei fuochi - di fare un regalo alle ecomafie è «più di
un’ipotesi». «Un informatore ci ha raccontato - ha rivelato il
generale Costa - che il giorno in cui è stato annunciato lo
smantellamento del Corpo forestale personaggi vicini alle ecomafie ed
operanti tra Napoli e Caserta, hanno acquistato dolci e spumante per
festeggiare la notizia. Brindare non è un reato, per carità. Ma è
un segnale, no?».
Un addio tra le
polemiche. Quale sarebbe il criterio alla base del provvedimento che
porta allo scioglimento del Corpo forestale?
Il risparmio, innanzi
tutto, o per meglio dire una “razionalizzazione” che dovrebbe
permettere un minore sperpero di risorse.
Anche su questo punto
però non si sono fatte attendere le obiezioni: si tratterebbe di
risparmi davvero risibili o addirittura di una misura a perdere.
Danilo Scipio, segretario
nazionale dell’Ugl Corpo forestale dello Stato, ha affermato: «Le
ipotesi di accorpamenti sono semplificazioni che non vanno nella
direzione di valorizzare i servizi e creare chiare sinergie tra i
vari Corpi e Amministrazioni, ma avranno invece il solo effetto di
eliminare funzioni ed abbassare il livello e la diffusione dei
controlli di legalità sul territorio del Paese».
Fabio Balocco su “Il
Fatto Quotidiano” ha evidenziato come dei circa 30 milioni di euro
che rappresentano il “costo d’esercizio” del Corpo forestale,
addirittura 28 vengono recuperati annualmente grazie alle sanzioni
inflitte. Inoltre, gli ipotetici 2 milioni di euro di risparmio
verrebbero drasticamente annullati dai 25 milioni di euro necessari
per consentire l’integrazione delle giubbe verdi negli altri corpi.
C’è poi il problema delle cinque regioni a statuto speciale,
perché nella bozza del provvedimento approvato in commissione si fa
riferimento al solo Corpo forestale dello Stato e non a quelli
regionali. [...]
Di parere opposto,
ovviamente, Marianna Madia, ministro per la Pubblica amministrazione
e artefice della riforma: «Assorbire il Corpo forestale dello Stato
vuol dire razionalizzare la catena di comando, snellire la burocrazia
e valorizzare meglio le professionalità. Non significa
ridimensionare, né marginalizzare, né tanto meno ridurre i posti di
lavoro o le funzioni, fondamentali, di tutela dell’ambiente e del
territorio».
Box
Vent'anni fa, lo
strano caso della Forestale di Brescia
Tra gli anni ‘80 e ‘90
a Brescia esisteva un nucleo d’eccellenza del Corpo Forestale
specializzato in indagini sul traffico illecito di rifiuti. «Credo
di aver iniziato l’attività ancora prima che fosse istituito il
Nucleo operativo ecologico dei Carabinieri negli anni ‘80 - ha
ricordato di fronte alla commissione Ecomafie l’ex colonnello Rino
Martini - a quell’epoca non c’erano strutture investigative che
disponessero di dati sul traffico illecito dei rifiuti, anche perché
in quel periodo esisteva solamente la rotta nord-sud con smaltimenti
nelle discariche campane».
Proprio di fronte agli
uomini della Forestale di Brescia, coordinati allora da Martini, il
13 maggio 1995 si presentò una fonte confidenziale. Nome in codice:
‘Pinocchio’.
Chi fosse realmente
quest’uomo non è mai stato possibile saperlo, ma quello che rivelò
ai forestali di Brescia era pura dinamite. Spiegò i presunti
rapporti esistenti tra il mondo delle fabbriche di armi e la
famigerata discarica di Pitelli, a La Spezia, dove confluivano
migliaia di tonnellate di rifiuti tossici. Pinocchio parlò anche di
un imponente carico di rifiuti radioattivi destinati ad essere
smaltiti in mare e di una nave - la Rigel - affondata al largo delle
coste ioniche calabresi e carica, a suo dire, di materiale nucleare.
Quel verbale fu solo l’inizio di un’inchiesta di proporzioni
enormi, affidata all’epoca alle procure di Reggio Calabria e
Matera. Proprio sul finire del 1995, subito dopo la morte per causa
tossica del Capitano Natale De Grazia, il Colonnello Martini decise
di abbandonare la guida della forestale bresciana per «motivi
personali».
Un abbandono difficile da
accettare visti gli ottimi risultati ottenuti dai suoi uomini,
avvenuto dopo che i movimenti dell’ufficiale erano stati
stranamente osservati per mesi dai servizi segreti militari. Di lì a
poco, l’intero nucleo di esperti ambientali di Brescia fu
smantellato e l’indagine fermata. Negli anni, anche grazie alla
video-inchiesta La Forestale dei veleni (di A. Tornago, D.
Gangale e S. Sciorilli Borrelli), in molti hanno interpretato quanto
accaduto a Brescia come simbolo di un Corpo forestale “scomodo”,
costretto a combattere contro forze occulte difficili da
identificare, senza reali protezioni da parte dei Servizi o di altri
apparati dello Stato.
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