27.9.15

Lo smantellamento del Corpo forestale (Massimiliano Ferraro)

Il Corpo Forestale nasce nel Regno di Sardegna nel 1822 e con il tempo si è specializzato nella tutela dell’ambiente. Oggi sorveglia parchi e aree naturali, contrasta i traffici di rifiuti e la cementificazione illegale, si occupa di sicurezza alimentare e di zoomafia e, oltre a investigare, i forestali cercano anche delle soluzioni tecniche ai disastri ambientali.

Lo smantellamento prevede l’assorbimento in altri corpi di polizia.















Si scrive razionalizzazione e potenziamento dell’efficacia delle funzioni di polizia, si legge soppressione del Corpo forestale dello Stato, previsto dal disegno di legge Madia. La Guardia forestale è l’unica polizia specializzata nei settori ambiente e natura. La decisione è stata presa alla vigilia dell’introduzione nel codice penale della nuova legge sui reati ambientali e non sono stati in pochi, a destra come a sinistra, a sostenere come, tra le due, si possa vedere un controsenso. In Italia si commettono in media tre reati contro l’ambiente ogni ora. Il Rapporto ecomafie del 2014 di Legambiente riporta come il Corpo forestale dello Stato ha svolto, solo nel 2013, 11 mila inchieste ambientali, contro le 65 della Polizia di Stato. Il generale Sergio Costa, primo dirigente del Corpo forestale dello Stato, ha dichiarato al Corriere del Mezzogiorno che il pericolo - soprattutto in aree già martoriate dai crimini ambientali come la Terra dei fuochi - di fare un regalo alle ecomafie è «più di un’ipotesi». «Un informatore ci ha raccontato - ha rivelato il generale Costa - che il giorno in cui è stato annunciato lo smantellamento del Corpo forestale personaggi vicini alle ecomafie ed operanti tra Napoli e Caserta, hanno acquistato dolci e spumante per festeggiare la notizia. Brindare non è un reato, per carità. Ma è un segnale, no?».
Un addio tra le polemiche. Quale sarebbe il criterio alla base del provvedimento che porta allo scioglimento del Corpo forestale?
Il risparmio, innanzi tutto, o per meglio dire una “razionalizzazione” che dovrebbe permettere un minore sperpero di risorse.
Anche su questo punto però non si sono fatte attendere le obiezioni: si tratterebbe di risparmi davvero risibili o addirittura di una misura a perdere.
Danilo Scipio, segretario nazionale dell’Ugl Corpo forestale dello Stato, ha affermato: «Le ipotesi di accorpamenti sono semplificazioni che non vanno nella direzione di valorizzare i servizi e creare chiare sinergie tra i vari Corpi e Amministrazioni, ma avranno invece il solo effetto di eliminare funzioni ed abbassare il livello e la diffusione dei controlli di legalità sul territorio del Paese».
Fabio Balocco su “Il Fatto Quotidiano” ha evidenziato come dei circa 30 milioni di euro che rappresentano il “costo d’esercizio” del Corpo forestale, addirittura 28 vengono recuperati annualmente grazie alle sanzioni inflitte. Inoltre, gli ipotetici 2 milioni di euro di risparmio verrebbero drasticamente annullati dai 25 milioni di euro necessari per consentire l’integrazione delle giubbe verdi negli altri corpi. C’è poi il problema delle cinque regioni a statuto speciale, perché nella bozza del provvedimento approvato in commissione si fa riferimento al solo Corpo forestale dello Stato e non a quelli regionali. [...]
Di parere opposto, ovviamente, Marianna Madia, ministro per la Pubblica amministrazione e artefice della riforma: «Assorbire il Corpo forestale dello Stato vuol dire razionalizzare la catena di comando, snellire la burocrazia e valorizzare meglio le professionalità. Non significa ridimensionare, né marginalizzare, né tanto meno ridurre i posti di lavoro o le funzioni, fondamentali, di tutela dell’ambiente e del territorio».

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Vent'anni fa, lo strano caso della Forestale di Brescia
Tra gli anni ‘80 e ‘90 a Brescia esisteva un nucleo d’eccellenza del Corpo Forestale specializzato in indagini sul traffico illecito di rifiuti. «Credo di aver iniziato l’attività ancora prima che fosse istituito il Nucleo operativo ecologico dei Carabinieri negli anni ‘80 - ha ricordato di fronte alla commissione Ecomafie l’ex colonnello Rino Martini - a quell’epoca non c’erano strutture investigative che disponessero di dati sul traffico illecito dei rifiuti, anche perché in quel periodo esisteva solamente la rotta nord-sud con smaltimenti nelle discariche campane».
Proprio di fronte agli uomini della Forestale di Brescia, coordinati allora da Martini, il 13 maggio 1995 si presentò una fonte confidenziale. Nome in codice: ‘Pinocchio’.
Chi fosse realmente quest’uomo non è mai stato possibile saperlo, ma quello che rivelò ai forestali di Brescia era pura dinamite. Spiegò i presunti rapporti esistenti tra il mondo delle fabbriche di armi e la famigerata discarica di Pitelli, a La Spezia, dove confluivano migliaia di tonnellate di rifiuti tossici. Pinocchio parlò anche di un imponente carico di rifiuti radioattivi destinati ad essere smaltiti in mare e di una nave - la Rigel - affondata al largo delle coste ioniche calabresi e carica, a suo dire, di materiale nucleare. Quel verbale fu solo l’inizio di un’inchiesta di proporzioni enormi, affidata all’epoca alle procure di Reggio Calabria e Matera. Proprio sul finire del 1995, subito dopo la morte per causa tossica del Capitano Natale De Grazia, il Colonnello Martini decise di abbandonare la guida della forestale bresciana per «motivi personali».
Un abbandono difficile da accettare visti gli ottimi risultati ottenuti dai suoi uomini, avvenuto dopo che i movimenti dell’ufficiale erano stati stranamente osservati per mesi dai servizi segreti militari. Di lì a poco, l’intero nucleo di esperti ambientali di Brescia fu smantellato e l’indagine fermata. Negli anni, anche grazie alla video-inchiesta La Forestale dei veleni (di A. Tornago, D. Gangale e S. Sciorilli Borrelli), in molti hanno interpretato quanto accaduto a Brescia come simbolo di un Corpo forestale “scomodo”, costretto a combattere contro forze occulte difficili da identificare, senza reali protezioni da parte dei Servizi o di altri apparati dello Stato.

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