13.9.15

Un messaggio di Einstein: “Il tempo è tremendamente breve” (1949)

A Wroclaw (Breslavia) nell'agosto del 1948, ormai nel pieno della guerra fredda scienziati francesi e polacchi convocarono un Congresso degli uomini di scienza e di cultura, sulle prospettive del mondo. Il congresso fu aperto da un messaggio di Albert Einstein, un allarme accorato sui pericoli che i nuovi strumenti di distruzione di massa comportano per l'intero genere umano e un appello per il governo mondiale, considerato necessario ed urgente.
Queste posizioni pacifiste valsero ad Einstein sospetti di comunismo e il controllo strettissimo da parte di FBI e CIA.
La fonte da cui lo riprendo è la rivista “Eco del mondo” che aveva la direzione in Londra e che veniva tradotta e pubblicata in Italia da Mondadori. Il formato e i contenuti ricordano il “Readers digest”, visto che si tratta di articoli divulgativi provenienti da tutto il mondo. L'orientamento politico-culturale è assai diverso e sembra collegarsi a quello della sinistra laburista inglese: nessun dubbio sulla collocazione occidentale, ma molti dubbi sulla scelta USA di un confronto duro con l'URSS, che metta tra le possibilità un conflitto armato (il rischio di una nuova guerra mondiale si corse da lì a poco, con la crisi di Corea). Questa scelta della rivista si esplicita nel sottotitolo “La rivista per il cittadino del mondo”. (S.L.L.)
Wroclaw - Breslavia
Ci riuniamo oggi, intellettuali e scienziati di molte nazioni, e su noi grava una profonda e storica responsabilità. Abbiamo tutte le ragioni per essere grati ai nostri colleghi francesi e polacchi, la cui iniziativa ci ha riunito qui per uno scopo di grande importanza: quello di usare l’influenza degli uomini saggi per promuovere la pace e la sicurezza in tutto il mondo. Questo è il problema antichissimo, che diede tanto da fare, per citare uno dei primi, a Platone: applicare la ragione e la prudenza alla soluzione dei problemi umani, anziché cedere agli istinti atavici e alle passioni.
Per dolorosa esperienza abbiamo appreso che il pensiero nazionale non è sufficiente a risolvere i problemi della nostra vita sociale. Le ricerche penetranti e il lavoro scientifico più acuto, ebbero spesso tragiche conseguenze per l’umanità; producendo da un lato invenzioni che liberarono l’uomo da uno spossante lavoro fisico e resero la sua vita più facile e più ricca; ma, d’altro lato, introducendo una grave inquietudine nella sua vita, rendendolo schiavo del suo ambiente tecnico e, cosa catastrofica tra tutte, creando i mezzi per una distruzione in massa. Questa, invero, è una tragedia che ci commuove in modo straordinario.

CONFLITTO E TENSIONE
Per quanto tale tragedia ci commuova, è forse ancor più tragico il fatto che, mentre l’umanità ha prodotto molti scienziati che fecero importantissime scoperte nel campo della scienza e della tecnologia, siamo stati per tanto tempo assolutamente incapaci di trovare soluzioni adeguate ai molti conflitti politici e alle tensioni economiche che ci opprimono. Senza dubbio, l’antagonismo degli interessi economici nel seno delle nazioni e tra esse è in gran parte responsabile delle pericolose c minacciose condizioni del mondo d’oggi. L’uomo non è riuscito a creare forme d’organizzazione politica ed economica tali da garantire la pacifica convivenza tra le nazioni del mondo. Non è riuscito a costruire un sistema che elimini la possibilità delle guerre e bandisca per sempre i crudeli strumenti della distruzione in massa.
Noi scienziati, il cui tragico destino è stato quello di aiutare a rendere i metodi di annientamento più tetri e più efficaci, dobbiamo considerare nostro solenne e trascendente dovere quello di fare tutto quanto e in nostro potere nell'impedire che tali armi vengano usate per lo scopo per il quale vennero inventale. Quale compito potrebbe essere più importante per noi? Quale scopo sociale sarebbe più vicino al nostro cuore? Per questa ragione il nostro Congresso ha una missione d’importanza tanto vitale. Siamo qui per consigliarci l’un l’altro. Dobbiamo costruire ponti spirituali e scientifici che uniscano tra loro le nazioni del mondo. Dobbiamo vincere quegli orribili ostacoli che sono le frontiere nazionali.

LA FORZA BRUTA È TUTTORA QUELLA CHE DECIDE
Nei minori agglomerati della vita delle comunità, l'uomo ha fatto qualche progresso nel tentativo d'abbattere le sovranità antisociali. Questo è vero, per esempio, della vita entro le città; e, fino a un certo punto, anche della società entro gli Statisingoli. In tali comunità la tradizione e l’educazione hanno avuto un influsso di moderazione e hanno prodotto relazioni di tolleranza tra le popolazioni che vivono entro quei confini. Ma nelle relazioni tra gli Stati che sono divisi tra loro prevale tuttora un’assoluta anarchia. Non credo che abbiamo fatto alcun vero progresso in tale senso, durante parecchie migliaia di anni. Troppo di frequente i conflitti tra le nazioni vengono decisi dalla forza bruta, dalla guerra. L'illimitato desiderio di una potenza ancor maggiore diviene attivo ed aggressivo dovunque quando se ne offra la possibilità fisica.
Nel corso dei millenni questo stato d’anarchia negli affari internazionali ha inflitto indescrivibili sofferenze e distruzioni all’umanità; molte e molte volte ha corrotto lo sviluppo degli uomini, le loro anime e il loro benessere. Talvolta ha quasi annientato intere regioni.
Ma il desiderio delle nazioni di essere costantemente preparate alla guerra ha anche altre ripercussioni sulla vita degli uomini. Il potere di ogni Stato sui suoi cittadini è costantemente cresciuto per alcune centinaia d’anni, non meno nei paesi nei quali la potenza dello Stato è stata esercitata saggiamente che in quelli nei quali è stata usata per una brutale tirannide. La funzione dello Stato, di mantenere pacifiche ed ordinate relazioni tra i cittadini, è divenuta sempre più complessa ed estesa, in gran parte a causa della concentrazione e della centralizzazione dei moderni impianti industriali.
Per proteggere i suoi cittadini dagli attacchi dall’esterno, lo Stato moderno ha bisogno di apprestamenti militari formidabilmente crescenti. Inoltre lo Stato considera necessario educare i suoi cittadini nella possibilità di una guerra; e si tratta di un’“educazione’’ non soltanto corruttrice per l’animo e lo spirito dei giovani, ma anche perniciosa per la mentalità degli adulti. Nessun paese può evitare questa corruzione. Essa pervade i cittadini anche nei paesi che non fanno mostra di tendenze aggressive. Cosi lo Stato è divenuto un moderno idolo, al cui suggestivo potere pochi uomini possono sfuggire.

COME PREPARARSI ALLA SALVEZZA?
Tuttavia, l’educazione alla guerra è un’illusione. Gii sviluppi tecnici degli ultimissimi anni hanno creato una situazione militare completamente nuova. Sono state inventate orribili armi, le quali possono distruggere in pochi secondi enormi masse d’esseri umani e immense regioni. Poiché la scienza non ha ancor trovato la protezione contro queste armi, lo Stato moderno non è più in condizione di poter preparare adeguatamente la sicurezza per i suoi cittadini.
E, allora, come ci salveremo?
L’umanità potrà trovar protezione contro il pericolo d’una inimmaginabile distruzione e d'un folle annientamento soltanto se un’organizzazione supernazionale sarà la sola ad avere il diritto di possedere quelle armi. Ma è indispensabile che le nazioni, nelle condizioni presenti, conferiscano simile autorità ad un'organizzazione supernazionale, a meno che tale organizzazione non abbia il diritto legale e il dovere di risolvere tutti i conflitti che in passato hanno condotto alla guerra. Le funzioni degli Stati singoli consisterebbero nel concentrarsi più o meno sugli affari interni, nelle loro relazioni con gli altri Stati tratterebbero solamente questioni e problemi che non possono in alcun modo porre in pericolo la sicurezza internazionale.

MISURE RIVOLUZIONARIE
Purtroppo non vi sono ancora sintomi del fatto che i Governi abbiano compreso che la situazione nella quale si trova l’umanità tende assolutamente necessarie delle misure rivoluzionarie. La nostra situazione non è paragonabile ad alcun’altra del passato. È quindi impossibile applicare metodi e misure che in altri tempi avrebbero potuto essere sufficienti. Dobbiamo rivoluzionare il nostro modo di pensare, dobbiamo rivoluzionare il nostro modo di agire, e dobbiamo avere il coraggio di rivoluzionare le relazioni tra le nazioni del mondo. Le vecchie idee del passato non possono più servire oggi; e, senza dubbio, saranno inadatte al domani. Far comprendere questo agli uomini di tutto il mondo è la funzione sociale più importante e fatale che gli intellettuali abbiano mai dovuto affrontare. Avranno il coraggio necessario per vincere i loro legami nazionali, quanto è necessario per indurre i popoli del mondo a mutare le loro tradizioni nazionali profondamente radicate nel modo più completo?
È indispensabile un immenso sforzo. Se fallisce ora, l’organizzazione supernazionale sarà costruita più tardi; ma, allora, dovrà essere costruita sulle rovine di gran parte del mondo ora esistente. Speriamo che l’abolizione dell’esistente anarchia internazionale non deva esser pagata con una catastrofe mondiale che il mondo infliggerebbe a se stesso, di dimensioni quali nessuno di noi può nemmeno immaginare.

Il tempo è terribilmente breve. Se dobbiamo agire, è d’uopo agire subito.

da "Eco del mondo". n.31, marzo 1949


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