A Wroclaw (Breslavia)
nell'agosto del 1948, ormai nel pieno della guerra fredda scienziati
francesi e polacchi convocarono un Congresso degli uomini di scienza
e di cultura, sulle prospettive del mondo. Il congresso fu aperto da
un messaggio di Albert Einstein, un allarme accorato sui pericoli che
i nuovi strumenti di distruzione di massa comportano per l'intero
genere umano e un appello per il governo mondiale, considerato
necessario ed urgente.
Queste posizioni
pacifiste valsero ad Einstein sospetti di comunismo e il controllo
strettissimo da parte di FBI e CIA.
La fonte da cui lo
riprendo è la rivista “Eco del mondo” che aveva la direzione in
Londra e che veniva tradotta e pubblicata in Italia da Mondadori. Il
formato e i contenuti ricordano il “Readers digest”, visto che si
tratta di articoli divulgativi provenienti da tutto il mondo.
L'orientamento politico-culturale è assai diverso e sembra
collegarsi a quello della sinistra laburista inglese: nessun dubbio
sulla collocazione occidentale, ma molti dubbi sulla scelta USA di un
confronto duro con l'URSS, che metta tra le possibilità un conflitto
armato (il rischio di una nuova guerra mondiale si corse da lì a
poco, con la crisi di Corea). Questa scelta della rivista si
esplicita nel sottotitolo “La rivista per il cittadino del mondo”.
(S.L.L.)
Wroclaw - Breslavia |
Ci riuniamo oggi,
intellettuali e scienziati di molte nazioni, e su noi grava una
profonda e storica responsabilità. Abbiamo tutte le ragioni per
essere grati ai nostri colleghi francesi e polacchi, la cui
iniziativa ci ha riunito qui per uno scopo di grande importanza:
quello di usare l’influenza degli uomini saggi per promuovere la
pace e la sicurezza in tutto il mondo. Questo è il problema
antichissimo, che diede tanto da fare, per citare uno dei primi, a
Platone: applicare la ragione e la prudenza alla soluzione dei
problemi umani, anziché cedere agli istinti atavici e alle passioni.
Per dolorosa esperienza
abbiamo appreso che il pensiero nazionale non è sufficiente a
risolvere i problemi della nostra vita sociale. Le ricerche
penetranti e il lavoro scientifico più acuto, ebbero spesso tragiche
conseguenze per l’umanità; producendo da un lato invenzioni che
liberarono l’uomo da uno spossante lavoro fisico e resero la sua
vita più facile e più ricca; ma, d’altro lato, introducendo una
grave inquietudine nella sua vita, rendendolo schiavo del suo
ambiente tecnico e, cosa catastrofica tra tutte, creando i mezzi per
una distruzione in massa. Questa, invero, è una tragedia che ci
commuove in modo straordinario.
CONFLITTO E TENSIONE
Per quanto tale tragedia
ci commuova, è forse ancor più tragico il fatto che, mentre
l’umanità ha prodotto molti scienziati che fecero importantissime
scoperte nel campo della scienza e della tecnologia, siamo stati per
tanto tempo assolutamente incapaci di trovare soluzioni adeguate ai
molti conflitti politici e alle tensioni economiche che ci opprimono.
Senza dubbio, l’antagonismo degli interessi economici nel seno
delle nazioni e tra esse è in gran parte responsabile delle
pericolose c minacciose condizioni del mondo d’oggi. L’uomo non è
riuscito a creare forme d’organizzazione politica ed economica tali
da garantire la pacifica convivenza tra le nazioni del mondo. Non è
riuscito a costruire un sistema che elimini la possibilità delle
guerre e bandisca per sempre i crudeli strumenti della distruzione in
massa.
Noi scienziati, il cui
tragico destino è stato quello di aiutare a rendere i metodi di
annientamento più tetri e più efficaci, dobbiamo considerare nostro
solenne e trascendente dovere quello di fare tutto quanto e in nostro
potere nell'impedire che tali armi vengano usate per lo scopo per il
quale vennero inventale. Quale compito potrebbe essere più
importante per noi? Quale scopo sociale sarebbe più vicino al nostro
cuore? Per questa ragione il nostro Congresso ha una missione
d’importanza tanto vitale. Siamo qui per consigliarci l’un
l’altro. Dobbiamo costruire ponti spirituali e scientifici che
uniscano tra loro le nazioni del mondo. Dobbiamo vincere quegli
orribili ostacoli che sono le frontiere nazionali.
LA FORZA BRUTA È TUTTORA
QUELLA CHE DECIDE
Nei minori agglomerati
della vita delle comunità, l'uomo ha fatto qualche progresso nel
tentativo d'abbattere le sovranità antisociali. Questo è vero, per
esempio, della vita entro le città; e, fino a un certo punto, anche
della società entro gli Statisingoli. In tali comunità la
tradizione e l’educazione hanno avuto un influsso di moderazione e
hanno prodotto relazioni di tolleranza tra le popolazioni che vivono
entro quei confini. Ma nelle relazioni tra gli Stati che sono divisi
tra loro prevale tuttora un’assoluta anarchia. Non credo che
abbiamo fatto alcun vero progresso in tale senso, durante parecchie
migliaia di anni. Troppo di frequente i conflitti tra le nazioni
vengono decisi dalla forza bruta, dalla guerra. L'illimitato
desiderio di una potenza ancor maggiore diviene attivo ed aggressivo
dovunque quando se ne offra la possibilità fisica.
Nel corso dei millenni
questo stato d’anarchia negli affari internazionali ha inflitto
indescrivibili sofferenze e distruzioni all’umanità; molte e molte
volte ha corrotto lo sviluppo degli uomini, le loro anime e il loro
benessere. Talvolta ha quasi annientato intere regioni.
Ma il desiderio delle
nazioni di essere costantemente preparate alla guerra ha anche altre
ripercussioni sulla vita degli uomini. Il potere di ogni Stato sui
suoi cittadini è costantemente cresciuto per alcune centinaia
d’anni, non meno nei paesi nei quali la potenza dello Stato è
stata esercitata saggiamente che in quelli nei quali è stata usata
per una brutale tirannide. La funzione dello Stato, di mantenere
pacifiche ed ordinate relazioni tra i cittadini, è divenuta sempre
più complessa ed estesa, in gran parte a causa della concentrazione
e della centralizzazione dei moderni impianti industriali.
Per proteggere i suoi
cittadini dagli attacchi dall’esterno, lo Stato moderno ha bisogno
di apprestamenti militari formidabilmente crescenti. Inoltre lo Stato
considera necessario educare i suoi cittadini nella possibilità di
una guerra; e si tratta di un’“educazione’’ non soltanto
corruttrice per l’animo e lo spirito dei giovani, ma anche
perniciosa per la mentalità degli adulti. Nessun paese può evitare
questa corruzione. Essa pervade i cittadini anche nei paesi che non
fanno mostra di tendenze aggressive. Cosi lo Stato è divenuto un
moderno idolo, al cui suggestivo potere pochi uomini possono
sfuggire.
COME PREPARARSI ALLA
SALVEZZA?
Tuttavia, l’educazione
alla guerra è un’illusione. Gii sviluppi tecnici degli ultimissimi
anni hanno creato una situazione militare completamente nuova. Sono
state inventate orribili armi, le quali possono distruggere in pochi
secondi enormi masse d’esseri umani e immense regioni. Poiché la
scienza non ha ancor trovato la protezione contro queste armi, lo
Stato moderno non è più in condizione di poter preparare
adeguatamente la sicurezza per i suoi cittadini.
E, allora, come ci
salveremo?
L’umanità potrà
trovar protezione contro il pericolo d’una inimmaginabile
distruzione e d'un folle annientamento soltanto se un’organizzazione
supernazionale sarà la sola ad avere il diritto di possedere quelle
armi. Ma è indispensabile che le nazioni, nelle condizioni presenti,
conferiscano simile autorità ad un'organizzazione supernazionale, a
meno che tale organizzazione non abbia il diritto legale e il dovere
di risolvere tutti i conflitti che in passato hanno condotto alla
guerra. Le funzioni degli Stati singoli consisterebbero nel
concentrarsi più o meno sugli affari interni, nelle loro relazioni
con gli altri Stati tratterebbero solamente questioni e problemi che
non possono in alcun modo porre in pericolo la sicurezza
internazionale.
MISURE RIVOLUZIONARIE
Purtroppo non vi sono
ancora sintomi del fatto che i Governi abbiano compreso che la
situazione nella quale si trova l’umanità tende assolutamente
necessarie delle misure rivoluzionarie. La nostra situazione non è
paragonabile ad alcun’altra del passato. È quindi impossibile
applicare metodi e misure che in altri tempi avrebbero potuto essere
sufficienti. Dobbiamo rivoluzionare il nostro modo di pensare,
dobbiamo rivoluzionare il nostro modo di agire, e dobbiamo avere il
coraggio di rivoluzionare le relazioni tra le nazioni del mondo. Le
vecchie idee del passato non possono più servire oggi; e, senza
dubbio, saranno inadatte al domani. Far comprendere questo agli
uomini di tutto il mondo è la funzione sociale più importante e
fatale che gli intellettuali abbiano mai dovuto affrontare. Avranno
il coraggio necessario per vincere i loro legami nazionali, quanto è
necessario per indurre i popoli del mondo a mutare le loro tradizioni
nazionali profondamente radicate nel modo più completo?
È indispensabile un
immenso sforzo. Se fallisce ora, l’organizzazione supernazionale
sarà costruita più tardi; ma, allora, dovrà essere costruita sulle
rovine di gran parte del mondo ora esistente. Speriamo che
l’abolizione dell’esistente anarchia internazionale non deva
esser pagata con una catastrofe mondiale che il mondo infliggerebbe a
se stesso, di dimensioni quali nessuno di noi può nemmeno
immaginare.
Il tempo è terribilmente
breve. Se dobbiamo agire, è d’uopo agire subito.
da "Eco del mondo". n.31, marzo 1949
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