Nel momento d’avventurarmi in una
intrapresa risicata, voglio manifestare al paese la mia opinione per
combattere la critica del volgo, sempre disposto a far plauso ai
vincitori e a maledire ai vinti.
I miei principi politici sono
sufficientemente conosciuti; io credo al socialismo, ma ad un
socialismo diverso dai sistemi francesi, tutti più o meno fondati
sull’idea monarchica e dispotica, che prevale nella nazione: esso è
l’avvenire inevitabile e prossimo dell’Italia e fors’anche
dell’Europa intera. Il socialismo di cui parlo può definirsi in
queste due parole: libertà e associazione.
Io non ho la pretesa, come molti oziosi
me ne accusano per giustificare se stessi, di essere il salvatore
della patria. No: ma io sono convinto che nel Mezzogiorno dell’Italia
la rivoluzione morale esiste; che un impulso energico può spingere
le popolazioni a tentare un movimento decisivo, ed è perciò che i
miei sforzi si sono diretti al compimento di una cospirazione che
deve dare quell’impulso. Se giungo sul luogo dello sbarco, che sarà
Sapri, nel Principato citeriore, io crederò aver ottenuto un grande
successo personale dovessi pure lasciar la vita sul palco. Semplice
individuo, quantunque sia sostenuto da un numero assai grande di
uomini generosi, io non posso che ciò fare, e lo faccio. Il resto
dipende dal paese, e non da me. Io non ho che la mia vita da
sacrificare per quello scopo ed in questo sacrifizio non esito punto.
Io sono persuaso che se l’impresa
riesce, otterrò gli applausi generali; se soccombo, il pubblico mi
biasimerà. Sarò detto pazzo, ambizioso, turbolento, e quelli che
nulla mai facendo passano la loro vita nel criticare gli altri,
esamineranno minuziosamente il tentativo, metteranno a scoperto i
miei errori, mi accuseranno di non esser riuscito per mancanza di
spirito, di cuore e di energia... Tutti questi detrattori, lo
sappiano bene, io li considero non solo incapaci di fare ciò che si
è da me tentato, ma anche di concepirne l’idea. A quelli che
diranno che l’impresa era d’impossibile riuscita io rispondo che
se prima di combinare di tali imprese si dovesse ottenere
l’approvazione del mondo bisognerebbe rinunziarvi. Il mondo non
approva in prevenzione che i disegni volgari. Fu detto un pazzo colui
che fece in America l’esperimento del primo battello a vapore, e si
è più tardi dimostrata l’impossibilità di traversare l’Atlantico
con tali battelli. Era un pazzo il nostro Colombo prima di aver
scoperto l’America; e l’uomo volgare avrebbe trattato di pazzi e
d’imbecilli Annibaie e Napoleone se avessero avuto a soccombere
quello alla Trebbia, questo a Marengo. Io non pretendo paragonare la
mia impresa con quelle di questi grandi uomini. Essa per altro loro
rassomiglia in una parte: perché sarà l’oggetto dell’universale
disapprovazione se fallisco, e dell’ammirazione di tutti se riesco.
Se Napoleone prima di abbandonare l’isola d’Elba per sbarcare a
Frejus con cinquanta granatieri avesse domandato dei consigli, il suo
progetto sarebbe stato biasimato all’unanimità. Napoleone aveva
ciò ch’io non ho, il prestigio del suo nome, ma io unisco alla mia
bandiera tutte le affezioni e tutte le speranze della rivoluzione
italiana. Combatteranno con me tutti i dolori e tutte le miserie
d’Italia.
Io più non aggiungo che una parola: se
non riesco disprezzo profondamente l’uomo ignobile e volgare che mi
condannerà: se riesco apprezzerò assai poco i suoi applausi. Ogni
mia ricompensa io la troverò nel fondo della mia coscienza e
nell’anima di questi cari e generosi amici che mi hanno recato il
loro concorso ed hanno diviso i battiti del mio cuore e le mie
speranze: che se il nostro sacrifizio non apporta alcun bene
all’Italia, sarà almeno una gloria per essa l’aver prodotto dei
figli, che vollero immolarsi al suo avvenire.
Carlo Pisacane
In “Calendario del popolo”, aprile
1976
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