Come “contributo dei
lettori” Gerardo Mazziotti, che è stato premio internazionale di
giornalismo civile nel 2008, ha inviato al “manifesto” il testo
che segue che è, insieme, il ricordo di un grande magistrato
antimafia e la denuncia di una sottovalutazione del suo ruolo.
Nell'articolo c'è qualche esagerazione: all'oblio e al silenzio che
Mazziotti denuncia si sottraggono giornalisti-scrittori come Bolzoni
e Lodato, associazioni importanti come “Libera; ma il suo ricordo è
comunque quanto mai opportuno. (S.L.L.)
Rocco Chinnici |
La mattina del 29 luglio
1983 i palermitani cominciavano la loro giornata con la solita carica
di ottimismo con cui affrontano le difficoltà della vita, mai
immaginando che alle 8 e 35 di quella caldissima giornata sarebbe
accaduto in via Pipitone un fatto sconvolgente.
Rocco Chinnici, il
Procuratore di Palermo che ideò il pool antimafia e che istruì il
primo maxiprocesso, venne dilaniato dall'esplosione dell'autobomba
imbottita di tritolo e la stessa orrenda fine fecero i due agenti
della sua scorta Mario Trapani e Salvatore Bartilotta e il portiere
dello stabile di via Pipitone dove abitava il magistrato e che lo
seguiva con la borsa in mano. Una esplosione assordante e una
fiammata accecante, simile a una eruzione vulcanica, straziarono i
loro corpi. Saltarono in aria altre auto e il palazzo subì gravi
lesioni.
Dietro l'autobomba, che
aprì la stagione delle stragi mafiose al tritolo creando la duratura
immagine di Palermo come Beirut, c'erano un patto scellerato tra
mafia militare e potere politico-economico e anche una giustizia
“sonnolenta”. Rocco Chinnici entrò in magistratura nel 1952 e fu
destinato al Tribunale di Trapani. Dopo essere stato per dodici anni
Pretore a Partanna venne trasferito nel maggio del 1966 all'Ufficio
Istruzione del Tribunale di Palermo come Giudice Istruttore. E presso
lo stesso Tribunale venne promosso nel novembre 1979 Consigliere
Istruttore. In questo periodo maturò l'idea di costituire un pool
antimafia, chiamandovi a farne parte Giovanni Falcone, Paolo
Borsellino e altri coraggiosi magistrati. Il primo grande processo
alla mafia, il cosiddetto maxiprocesso di Palermo, iniziato dopo la
sua morte e concluso nel 1987, fu il risultato del lavoro istruttorio
svolto da questo pool.
Chinnici aveva
rivoluzionato il metodo investigativo, scardinato le casseforti delle
banche, per mettere il naso sui patrimoni sospetti. Stava per
chiudere il cerchio attorno ai mandanti e agli esecutori dei delitti
di Piersanti Mattarella, Pio La Torre e Carlo Alberto Dalla Chiesa,
per i quali pensava ci fosse un'unica regia. E la mafia lo fermò.
In una delle sue ultime
interviste, Chinnici ha detto «La cosa peggiore che possa accadere è
essere ucciso. Io non ho paura della morte e, anche se cammino con la
scorta, so benissimo che possono colpirmi in ogni momento. Spero che,
se dovesse accadere, non succeda nulla agli uomini della mia scorta.
Per un Magistrato come me è normale considerarsi nel mirino delle
cosche mafiose. Ma questo non impedisce né a me né agli altri
giudici di continuare a lavorare».
Ma per ricordare il
sacrificio di Rocco Chinnici e degli uomini della sua scorta (e del
malcapitato portiere dello stabile) non è stato girato nessun film e
nessuno sceneggiato televisivo. E nessun aeroporto, nessuna piazza e
nessuna scuola e nessun albero gli sono stati dedicati. E nessuna
nave, nessun treno, nessun pullman porterà oggi a Palermo gli
studenti delle scuole di mezza Italia per «chiedere verità e
giustizia sulla strage del 1983». E nessun magistrato si farà
intervistare per esaltare il suo sacrificio. E nessuna sorella e
nessun fratello ne ricorderà la memoria. E nessun giornale e nessun
telegiornale ricorderà questo eroe della lotta alla criminalità
organizzata.
Lo faccio oggi, nel 32mo
anniversario della morte di Rocco Chinnici. Con l’auspicio che
Presidenza
della Repubblica, Csm e
Parlamento istituiscano una «giornata della memoria» per ricordare
tutti i magistrati e gli uomini e le donne delle loro scorte che
hanno sacrificato la loro vita nella lotta alla mafia. Gli eroi da
ricordare ogni anno non sono solo Falcone e Borsellino.
“il manifesto”, 31
luglio 2015
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