30.9.15

Pietro Pinna e Perugia. Il pacifista disconosciuto (Jacopo Manna)

Pietro Pinna, classe 1927, è una personalità fondamentale nella storia del pacifismo italiano ma è anche un temperamento schivo: chi voglia sapere qualcosa su di lui deve andare a cercare volumi da tempo fuori catalogo o passare in rassegna le annate della rivista “Azione Nonviolenta”; il quadro che ne emerge però vale la pazienza richiesta dall’indagine.
Nato in Liguria da gente modesta, dopo la poca scuola che l’Italia di allora metteva a disposizione della sua classe sociale, riuscì a conquistare il diploma da ragioniere e un posto in banca (ossia realizzare quella che per tanti nostri connazionali era la massima aspirazione possibile). Avrebbe potuto trascorrere una tranquilla esistenza da travet, e invece già nel 1948 trovò il modo di mettersi nei guai: renitente alla leva, per ragioni di coscienza. Nel nostro paese (e non solo) l’obiettore di coscienza era un soggetto completamente sconosciuto, non previsto da norme e leggi: per le forze armate Pinna diventa un caso imbarazzante di cui si libereranno due anni dopo dichiarandolo inabile alla leva per “nevrosi cardiaca”, una delle diagnosi più bislacche mai stilate da un ufficiale medico. È da questo momento che Perugia entra a far parte della sua esistenza: il giovane anticonformista entra in contatto con Aldo Capitini, isolato teorico del pacifismo e profeta della nonviolenza, il quale lo chiama a collaborare con lui.
Operoso e defilato, Pinna è stato determinante per realizzare vari progetti di Capitini fra cui la prima Marcia per la Pace, ha diretto insieme a lui “Azione Nonviolenta” e, alla morte del filosofo, ha guidato per ben trent’anni il Movimento Nonviolento; come se non bastasse, nel 1973 si è fatto pure vari mesi di prigione per avere diffuso, il giorno della Festa delle Forze Armate, un manifesto antimilitarista. Dopo aver trascorso a Perugia la parte più operosa della sua esistenza, da alcuni anni a questa parte vive a Firenze in condizioni precarie.
Una personalità così di spicco non ha mai chiesto onori, ma i rappresentanti perugini del Partito radicale hanno giustamente ritenuto che il suo nome andasse almeno iscritto nell’Albo d’Oro dei benemeriti della nostra città e, dopo un primo positivo sondaggio fra le istituzioni comunali, hanno affidato l’incarico di presentarne la candidatura al consigliere di maggioranza Franco Ivan Nucciarelli che si è gentilmente offerto di fare da tramite.
E qui accade l’imprevisto: la richiesta viene respinta, nonostante all’inizio nessuno avesse fatto difficoltà, con la motivazione che Pinna non è nato né attualmente residente a Perugia.
C’è di che farsi cadere le braccia: la questione della residenza o nascita non è affatto determinante (su questo requisito il regolamento comunale è molto ambiguo), tanto è vero che la benemerenza in passato è stata concessa ad altre personalità non nate o non residenti nel capoluogo: e allora perché fare difficoltà? Viene la tentazione di sfoderare una certa e ben nota retorica, sostenendo che Capitini ed il suo insegnamento fanno ancora paura ai poteri costituiti e che si vuole condannare la dottrina nonviolenta ed il pacifismo alla damnatio memoriae, ma sarebbe un discorso poco convincente; da tempo sappiamo che i poteri, ufficiali e non, possono impunemente ignorare qualunque forma di protesta faccia appello esclusivamente ad istanze morali e non è certo delle idee sovversive, finché restano idee, che hanno paura. Nel 2003 la più grande ondata di sdegno antimilitarista mai apparsa al mondo non riuscì ad impedire la guerra contro l’Iraq; oggi neppure il ricordo dell’esito sciagurato di quell’impresa può far demordere le maggiori potenze dal ricorso alle armi; e non c’è un solo politico, per quanto guerrafondaio negli atti, che non dichiari di stare lavorando per la pace. Che fastidio può mai dare l’iscrizione di un pacifista autentico, coerente e schivo in una rassegna di cittadini meritevoli?
Se tutto ciò è vero, allora forse la spiegazione di questo inaccettabile rifiuto è più modesta e, verrebbe da dire, anche più triste. I nostri amministratori sono in crisi di motivazione: sanno di essere stati nominati da una minoranza di cittadini e, se sono intelligenti, si rendono conto di contare poco o niente perché le decisioni davvero importanti ormai si prendono altrove. In una simile fase storica le energie languono e anche il minimo inciampo diventa un invito a chiudere la questione e passare ad altro. In effetti, perché stare a complicarsi la vita? E poi, chi era ‘sto Pinna?


“micropolis”, giugno 2015

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