24.7.11

Angelo Scola. Laicità di un cardinale (di Bruno Gravagnuolo)

Su “L’Unità” del 20 luglio 2005 un corsivo di Bruno Gravagnuolo discute di un’intervista sulla “laicità” del cardinale Angelo Scola, allora patriarca di Venezia ed oggi successore di Tettamanti nella diocesi di Milano, probabilmente la più importante del Nord Italia, che fin qui aveva resistito alle tentazioni integraliste (e all’affarismo) di Cl e della sua Compagnia delle Opere. Nel 2005 il gerarca vaticano si era già distinto per le aperture alla Lega e alle sue manifestazioni antimoschee, espressione evidente di intolleranza. Parlava di “reciprocità”. “Se nei loro paesi ci perseguitano – lasciava intendere - e non ci permettono di avere chiese e luoghi di riunione, perché noi cattolici dovremmo lasciare costruire moschee?”. Nello stesso tempo in cui esprimeva questo progetto neoconfesionalista, da “religione di stato”, Scola si proponeva a modello di laicità con Aldo Cazzullo, del “Corriere della sera”, riservando un’attenzione prevalente ai cosiddetti “temi eticamente sensibili”. Mi pare che Gravagnuolo efficacemente ne smonti le argomentazioni e ne sveli l’ipocrisia. (S.L.L.) 
Il cardinale Scola tra preti e prelati
Formidabile il Cardinal Angelo Scola, patriarca di Venezia, e relatore al prossimo sinodo mondiale vescovile. Dalle colonne del Corsera, intervistato da Cazzullo, ci parla di «nuova laicità». Di Habermas («il confronto permanente») e di «società civile pluriforme». Dove tutti dialogano e si esprimono, e dove poi «il popolo sovrano prenderà le sue decisioni». Senza «privilegi» per nessuno, e senza neutralità formalistica rispetto al popolo sovrano «che si è espresso» e che dunque lega lo stato al «risultato» espresso.
Chiaro? Significa che non esiste sfera di diritti al riparo dalla volontà sovrana democratica. Salvo quelli inclusi nel «Bene Comune»di Tommaso, di cui la Chiesa è depositaria. E che include ad esempio «la famiglia fondata sul matrimonio tra uomo e donna e aperta alla vita».
Talché ne deriva
a) Che per il cardinale il diritto canonico è base fondativa e inattaccabile di qualsivoglia legislazione.
b) Che la maggioranza sovrana ha il diritto di imporre il contenuto «etico» delle sue decisioni, senza riguardo ai diritti del singolo: «non si può pensare la società civile come mera sommatoria di atomi individuali...».
Capito? E il bello è che il Cardinal Scola nobilita tali sillogismi illiberali tacciando di «assolutismo» il presunto «Vietato vietare» dei laici. Ma di fatto riproponendo null’altro che lo stato etico confessionale, condito dalla dittatura della maggioranza. Cioè una sorta di democrazia protetta, in bilico tra Tommaso e Rousseau e con la Chiesa a far la parte... del Consiglio dei Custodi in Iran. Non basta. Giacché il Cardinale, laddove esclude «privilegi per singoli e corpi intermedi», sorvola amabilmente sui privilegi concordatari, che assegnano alla Chiesa ruolo soverchiante rispetto all’eguaglianza laica dei diritti. Dall’8 per mille, assegnato per tre quarti al Vaticano in spregio alle minoranze religiose e mercè legge bislacca. Sino all’insegnamento religioso in carico allo stato, e ad altre quisquilie fiscali, territoriali e amministrative.
«Nuova laicità»? No. Trattasi di noto integrismo, ammannito soavemente, citando Habermas...

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