In un vecchio supplemento gastronomico de “il manifesto” leggo su un vecchio articolo di Piero Ferro (di Slow Food):
Il più grande chef dell’era moderna, Joël Robuchon, cucina il pollo seguendo una ricetta al limite del banale: lo riveste di sale e pastella di farina e lo cuoce in forno, appena insaporito da un ciuffo di rosmarino e una foglia di alloro. Un piatto di divina semplicità, dove i tempi perfetti di cottura e l’equilibrio appena accennato degli aromi devono esaltare la superba qualità della carne. Ecco il segreto: il pollo. Che per Robuchon non può che essere il poulet de Bresse.
Segue la storia gloriosa di questa razza francese di volatili. Ma perché la preparazione riesca eccellente (tale l’hanno considerata i miei ospiti quando l’ho sperimentata) non è necessario disporre proprio di quel pollo lì, basta che l’animale sia di ottima qualità. Cercando un po’ (e pagando il di più che la cosa merita) se ne trovano.
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