Nikita Kruscev |
Di Giovanni XXIII un nostro poeta ha detto che aveva reso visibile la santità. Di Kruscev, ora scomparso dalla scena politica, si può dire che aveva reso visibile il comunismo: demisticizzandolo, portandolo a misura di quello che gli inglesi dicono senso comune e noi italiano buon senso.
Lo aveva volgarizzato: e nel senso per cui si dicono volgarizzamenti le traduzioni dei sacri testi nella lingua viva, e nel senso di un personale comportamento popolaresco-volgare nel più proprio significato. E aveva tentato di sottrarlo ai fantastici: a quelli che, da dentro lo custodivano; e noi quelli che, da fuori, lo combattevano. Attraverso lui, l’uomo della strada aveva cominciato a capire che la rivoluzione russa, la rivoluzione comunista, era, come già la rivoluzione francese, patrimonio di tutta l’umanità.
Quali che siano stati i suoi errori, i suoi cedimenti, le sue avventatezze, è certo che il suo disegno era grande e che ha saputo gettare le fondamenta di un mondo cui tutti gli uomini aspirano. E di ciò è segno la inquietudine, lo smarrimento, che la sua destituzione ha provocato in buona parte del mondo.
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