28.7.11

Bizantinerie (di Luigi Malerba - 1985)


Monastero di Hosios Loukas, Grecia, Affresco bizantino
Bisanzio nella sua letteratura, a cura di Albini e Maltese, è un’antologia, pubblicata da Garzanti nel 1985, che colmò un vuoto non solo editoriale. 
Nel darne notizia, Luigi Malerba, che di bizantinerie era assai curioso (gli ispirarono poi un bel romanzo, Il fuoco greco), invece della solita recensione compilò per Repubblica del 4 gennaio 1985 una sorta di miniantologia informativa sapida e ironica, dando conto di alcuni autori presenti e di uno non presente (Fozio). 
Ecco qui di seguito tre delle sue “voci”. (S.L.L.)
Luigi Malerba nel 1985
Giovanni Malala (495-578) è autore di una delle tante cronografie, letteratura di informazione e di consumo destinata ai conventi, affollatissimi a quei tempi, e ai funzionari della capitale, un esercito. L’imperatore Costantino viene definito dall’autore “divinissimo” e descritto come “alto, fulvo, magnanimo, tranquillo e caro a Dio”. Pare che sia stato il primo a mettersi in testa un diadema di perle e pietre preziose e non si accontentò di dare il proprio nome alla città di Bisanzio eletta a capitale dell’Impero e ribattezzata Costantinopoli ma, dopo aver ricostruito Massimianopoli distrutta da un terremoto la chiamò Costantina. Per accontentare la madre Elena , non meno vanitosa di lui, chiamò Elenopoli una città della Bitinia. La madre ebbe altre soddisfazioni postume alla sua vanità perché venne fatta santa, mentre Costantinopoli cambiò il suo nome in Istanbul.

Agazia Scolastico (532-582) descrisse nelle sue Storie il terremoto che colpì Bisanzio e dintorni nel 557 e raccontò come, di tutti i senatori, rimase ucciso il solo Anatolio, uomo malvagio e corrotto. In seguito a questo fatto pare che il popolo fosse indotto a vedere nel terremoto un dispensatore di giuste punizioni. “Ammettiamo pure”, scrisse Agazia, che Anatolio fosse veramente ingiusto: nondimeno dobbiamo riconoscere che in città c’erano moltissimi altri come lui, anzi ancora più iniqui. Senonché quello fu tolto di mezzo all’improvviso, gli altri sono rimasti senza danni.

Teofane Confessore (752-818), ricco possidente e intellettuale alla moda viene travolto da una repentina vocazione religiosa: si fa monaco e convince la moglie a farsi suora. Nella sua Cronografia racconta che i monaci iconoclasti venivano per punizione obbligati a sposarsi, a mangiare carne e a sopportare la presenza di musici durante i banchetti. A lui si deve il racconto, anche questo riportato nell’antologia, di uno dei fatti più crudeli di tutta la storia bizantina: l’accecamento del giovane Costantino per ordine della madre imperatrice Irene.

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