Alfred De Musset |
La metrica e la ritmica, ma anche la tematica e la semantica, e infine una parola chiave in fin di verso e in rima hanno spinto più d’un lettore ad accostare due celebri quartine, composte l’una a cento anni dall’altra.
La prima:
George est dans sa cambrette
entre deux pots de fleurs
fumant sa sigarette
les yeux baignées de pleurs.
Alfred De Musset, 1832
La seconda:
Trovato ho il mio angioletto
fra una losca platea.
Fumava un sigaretto
e gli occhi lustri avea…
Sandro Penna, 1932
A me pare che la seconda rimandi alla prima e ne rifaccia letteralmente il verso, fino a costituirne una parodia. Perciò trovo paradossale l’annotazione di Gabriella Drudi (narratrice e saggista di valore, oltre che amorosa moglie di Toti Scialoja) su “Poesia” del settembre 1988: “Le due poesie non si assomigliano per niente. Non sono nemmeno lontane parenti”. Non è così: la parodia inevitabilmente assomiglia al testo parodiato e rivela con esso una parentela bastarda. Il punto è un altro ed è la distanza abissale che c’è fra i due testi, distanza che la Drudi sembra cogliere nelle sue scaturigini e nelle sue manifestazioni: “Penna trae dal sigaretto, un angioletto, topos, tropo, anche troppo predestinato della nostra lirica amorosa. Tornando al tema antico della lontananza d’amore, Penna riapre la partita con la stessa carta appena straniata dal mutamento di genere. Ma come per i grandi campioni della nostra poesia amore è sinonimo di distanza, le donne amate se non sono in cielo sono in un’altra sfera. Losca platea. Il poeta d’amore ama tenersi in disparte, è uno che spia, immelanconito voyer. De Musset viceversa trova da sigarette cambrette, che dell’amore fa torneo, giostra, valzer tra fleurs e pleurs, tanto che nel commentare la quartina Antonio Baldini così si interroga sulle lacrime di George: “Lacrime di passione o pel troppo ridere?”.
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