In uno scritto di Brecht si fa l’elogio delle compilazioni. Il suo signor Keuner, mi pare, lamenta di vivere in un paese di cultura tanto povera che di continuo vi si pubblicano nuovi libri e più nessuno vi è capace di comporre opere di sole citazioni.
Questa ironia ha due facce: una allude al sapere scientifico, la comunicazione della novità scientifica avvenendo al culmine di una serie illimitata di precedenti, per la massima parte sottintesi ma citati nell’uso stesso della terminologia. La seconda allude al sapere sapienziario; che si suol anche chiamare umanistico. Esso conferma se stesso – per questo c’è chi lo chiama tautologico – si fonda sulla glossa perpetua a testi ricevuti e procede mediante sempre diverse combinazioni di elementi costanti, come alcuni strutturalisti tendono a dimostrare.
Lo scrittore tedesco era interessato a questo secondo aspetto. Da quel suo scherzo sulle compilazioni, ma non solo da quello, mi par di capire che dubitasse della possibilità di ridurre il tasso di ideologia presente nelle cosiddette scienze dell’uomo al di sotto del loro tasso di storicità e che anzi i due indici potessero finire col confondersi.
Non c’è eredità senza eredi, non si è eredi se non si sa di esserlo e se non ci si situa in prospettiva fra un ieri e un domani, un donde e un dove. Interpretare il passato e ipotizzare l’avvenire – storia e politica – è fare ideologia, non scienza. Ma allora il compito non è davvero quello di passare dall’ideologia (dall’utopia?) alla scienza, ma di trasferire tutta la scienza meno la sua ideologia, ossia quante più certezze scientifiche è possibile, nei luoghi fisici e morali dove gli uomini si chiedano di dove vengano e dove possano o debbano andare, i luoghi che fondano il presente come rapporto fra passato e futuro, le istanze delle opinioni e delle scelte…
Non c’è eredità senza eredi, non si è eredi se non si sa di esserlo e se non ci si situa in prospettiva fra un ieri e un domani, un donde e un dove. Interpretare il passato e ipotizzare l’avvenire – storia e politica – è fare ideologia, non scienza. Ma allora il compito non è davvero quello di passare dall’ideologia (dall’utopia?) alla scienza, ma di trasferire tutta la scienza meno la sua ideologia, ossia quante più certezze scientifiche è possibile, nei luoghi fisici e morali dove gli uomini si chiedano di dove vengano e dove possano o debbano andare, i luoghi che fondano il presente come rapporto fra passato e futuro, le istanze delle opinioni e delle scelte…
Postilla
Il brano è parte di Una opportuna premessa, il testo che funge da introduzione alle Ventiquattro voci per un dizionario di lettere, pubblicate in volume da Il saggiatore di Alberto Mondadori nel 1968.
Il brano è parte di Una opportuna premessa, il testo che funge da introduzione alle Ventiquattro voci per un dizionario di lettere, pubblicate in volume da Il saggiatore di Alberto Mondadori nel 1968.
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