28.7.11

L’amianto libero di uccidere in mezzo Sudamerica

Risale al 1986 la delibera dell’Organizzazione mondiale della sanità che, per i comprovati effetti cancerogeni, vieta ogni esposizione alle fibre d’amianto e in particolare all’Eternit.
Il cemento-amianto brevettato dall'austriaco Ludwig Harschek nel 1901, con quel nome che prometteva lunga durata, era entrato nella vita quotidiana di tante nazioni e di tanti popoli fin dal 1915, ma conseguì il successo maggiore nel secondo dopoguerra quando se ne moltiplicarono le utilizzazioni: fioriere, coperture per tetti, tubature, grondaie.
In Italia una della più grandi fabbriche si trovava a Casale Monferrato, città che ha pagato un prezzo altissimo di vite umane per gli effetti perniciosi e mortiferi della respirazione di fibre d’amianto. Un processo lungo e complicato è stato intentato ai massimi dirigenti dell’azienda, per i quali sono stati chiesti di recente 20 anni di carcere perché consapevoli dei gravi rischi cui sottoponevano i lavoratori e l’intera comunità cittadina.
“La Stampa “ del 17 luglio ha dedicato al teme dell’Eternit e delle fibre di amianto una doppia pagina. Essa comprende una bella inchiesta da Cartagena, in Colombia, firmata da Lorenzo Cairoli sulla presenza del venefico materiale in mezza America latina e sulle reticenze in materia dei governi e dei mezzi d’informazione, e un accorato commento di Michele Brambilla.
Ripropongo l’una e l’altro. (S.L.L.)
Bandito dall'Europa,
l'Eternit infesta l'Amazzonia
e i bimbi ci giocano nelle favelas.
E' ovunque:
dalle cisterne d'acqua
ai tetti delle case.
di Lorenzo Cairoli 
Di fronte a Cartagena c'è un'isola chiamata Tierra Bomba, la Ellis Island colombiana. E' qui che i negrieri spagnoli mettevano in quarantena gli schiavi che arrivavano dall'Africa. Sull'isola ci sono quattro villaggi. Boca Chica, Punta Arena, Tierra Bomba e Cano dell'Oro, un pueblo dove brujeria e superstizione impregnano ogni momento della giornata. A Cano dell'Oro c'era un Lazzareto per malati di lebbra. Nel 1950 lo chiusero. Trasferirono i pazienti a Cartagena e decisero di bonificare la struttura. Quando chiesero all'allora presidente Mariano Ospina Perez che fare del Lazzareto, lui rispose lapidario: «Radetelo al suolo» e un istante dopo ordinò alla sua aviazione di bombardarlo. Da ex ingegnere pratico di beghe minerarie, l'idea che le bombe avrebbero spazzato via dall'isola ogni traccia del Mycobacterium leprae, gli parve geniale. I colombiani quando devono a risolvere un problema spinoso sono spesso così. Estremi, senza mezze misure. Ma anche capaci di un lassismo sconcertante, specie quando di mezzo c'è la loro salute.
In Colombia l'Eternit é ovunque. Infesta l'Amazzonia come le periferie di Bogotà. I barrios-favelas di Medellin e quelli alla moda di Cartagena. Le città straripano di rivendite di Eternit usato, di depositi di Eternit di seconda mano, di discariche di Eternit, di Eternit che cade a pezzi e che si sbriciola nell'aria inquinata diffondendo le micidiali fibre d'amianto, simili a sottilissimi spilli che se respirate si saldano agli alveoli polmonari provocando malattie incurabili. L'asbestosi, nella migliore delle ipotesi, altrimenti il mesotelioma pleurico, contro il quale non esiste cura. Di Eternit sono le tettoie ondulate di quasi tutte le baracche e le case, le moltissime cisterne per l'acqua potabile, i tetti degli asili, delle scuole, le pensiline delle strutture sportive. Quando l'Eternit si usura viene gettato nelle strade, scaricato nei canali, disperso in riva al mare, ammassato e dimenticato nei cortili delle scuole, persino nei parchi dei bambini, dove lo usano per costruirci altalene di fortuna e scivoli. I gamin, i dalit di Colombia, che passano le giornate a cercare cibo nei sacchi dell'immondizia e a inalare la colla industriale dei calzolai, riciclano le lastre ondulate come miseri giacigli.
Eppure i colombiani ignorano tutto questo. Non solo i più poveri e i più emarginati. Persino gli studenti delle migliori università del Paese. Non appena cerchi di spiegargli la micidialità dell'Eternit cadono dalle nuvole, ti guardano con un sorriso indulgente, le ciglia inarcate, le labbra torte, quasi gli stessi rifilando un pesce d'aprile. «Se fosse vero - risponde la maggior parte di loro - ne parlerebbe la tivù, lo leggeremmo sui giornali. Sono solo leggende metropolitane. Come i cellulari cancerogeni». Poi gli mostri articoli, ricerche, statistiche, spezzoni di documentari e il loro scetticismo iniziale si tramuta rapidamente in orrore puro. Freddy ha guidato un bus per quasi sette anni - dal centro di Cartagena fino al barrio di Campestre. E non c'era una corsa in cui non incrociasse scarti di Eternit disseminati per la città. Un giorno ha deciso di raccoglierli. Ha venduto il bus, ha comprato un deposito vicino al centro commerciale de la Castellana e ha iniziato a commerciare Eternit. «Gli ambientalisti, gli ecologisti, insomma tutta quella gente lì, sono più invasati degli evangelisti. Se l'Eternit fosse veramente pericoloso sarei il primo a sbarazzarmi di questa roba. Ma non è pericoloso, è la più grande invenzione del Ventesimo secolo, è la manna migliore che Dio potesse inviarci su questa terra».
La fabbrica di Eternit più vicina a Cartagena è a Barranquilla. Ma ce ne sono altre. A Cali, ad esempio e nella periferia di Bogotà. Il regista Andres Lozano sta girando un documentario sull'amianto in Colombia. In una delle sequenze piu' toccanti incontra un gruppo di operai della Eternit di Barranquilla e svela loro i rischi a cui vanno incontro. Spiega che la commercializzazione dell'Eternit in Italia e' cessata tra il 1992 e il 1994, dopo che nella città di Casale Monferrato e nell'intera provincia di Alessandria sono morte più di 1.600 persone per esposizione ad amianto e ancora continuano a morire, nonostante la chiusura della fabbrica e le bonifiche. Fa notare che in 52 paesi del mondo l'Eternit e l'amianto sono fuori legge e che dal 1986 l'organizzazione Mondiale della Sanità ha sancito che l'esposizione a qualunque tipo di fibra e a qualunque grado di concentrazione in aria va evitata in quanto causa di cancro. Ma la sua lobby non ha mai smesso di uccidere, conclude il regista. Messa al bando in Europa, la lobby dell'Eternit è sbarcata in Centro e in Sud America e con la complicità delle dittature vive una nuova età dell'oro. Il miliardario svizzero Stephan Schmidheiny, uno dei due imputati nel maxi-processo di Torino, prima di infestare d'amianto il Sudamerica si è creato fama di paladino dell'ambiente, di campione del capitalismo ecologicamente responsabile. Il paradosso è che mentre le sue fabbriche producevano Eternit e morte, massacrando i suoi operai e loro famiglie, lui giocava a fare il filantropo, a difendere le foreste dell'Amazzonia, a recitare un ruolo da protagonista nel summit della terra a Rio de Janeiro del 1992.
Solo tre paesi in Sud America hanno leggi che tutelano la popolazione contro i rischi dell'Eternit e dell'amianto - Cile, Argentina, Brasile. La Colombia, purtroppo, no. O meglio, delle leggi le avrebbe, leggi che però nessuno applica. A fine agosto 2010 la Corte Costituzionale colombiana fu chiamata a decidere la sorte degli spettacoli con animali. Impose delle restrizioni affinché in questi spettacoli gli animali fossero più tutelati. Un anno dopo, in barba ai legislatori, tutto è rimasto come prima. Stessa cosa con l'Eternit e l'amianto. Le leggi ci sono: ma sono bypassate, ignorate, irrise.
 L'inganno dei mercanti di morte
di Michele Brambilla 
E' probabile che i grandi affaristi che nei Paesi più poveri del mondo stanno spacciando l'Eternit come una meraviglia del progresso siano persone che vivono senza timor d'inferno né speranza di paradiso; e che non sappiano, quindi, che stanno riuscendo nella non facile impresa di violare ben tre dei quattro «peccati che gridano vendetta al cospetto di Dio»: omicidio volontario; oppressione dei poveri; frode nella mercede agli operai.
Fu papa Sarto - san Pio X - a volere che nel suo Catechismo Maggiore si sottolineasse con forza una delle tendenze più gravi del suo tempo: il considerare la povera gente come carne da macello da sacrificare sull'altare dello sviluppo industriale. Era il 1905, quando quel pontefice pubblicò il suo Catechismo. Solo due anni dopo, a Casale Monferrato, veniva inaugurato il grande stabilimento della Eternit. Era una fabbrica che pareva un portento della modernità: produceva un materiale che costava poco e che si diceva fosse, appunto, «eterno», tanto era resistente la miscela di cemento e amianto che lo costituiva; e garantiva posti di lavoro praticamente a tutte le famiglie del paese. Posti di lavoro, per giunta, che sembravano garantire condizioni di vita e di salute molto meno pesanti di quelli tradizionali del Monferrato: i campi, le risaie, le cave. Si sapeva già, in quel 1907, dell'inganno? Si sapeva che l'amianto uccideva? Forse sì e forse no. Sicuramente già c'era il dubbio: i primi studi sulla pericolosità dell'asbesto sono della fine dell'Ottocento. Ma quel che è sicuro, sicurissimo, è che dagli anni Cinquanta i dubbi erano diventati certezze. All'inizio degli anni Sessanta la comunità scientifica internazionale lanciò pubblicamente l'allarme: l'amianto provoca il mesotelioma pleurico, terribile cancro ancora oggi inguaribile; o altrimenti l'asbestosi, che non è un tumore ma riduce progressivamente la capacità respiratoria, fino a rendere la vita quasi impossibile. Ma che cos'erano i mezzi di informazione negli anni Sessanta? Con quanta velocità circolavano le notizie, e soprattutto con quale capacità di penetrazione? Così i grandi produttori di Eternit poterono contare ancora sull'ignoranza della povera gente. Si è dovuti arrivare al 1992 perché l'amianto venisse proibito dallo Stato italiano.
Messi al bando nel mondo più ricco, i mercanti di amianto (possiamo chiamarli “mercanti di morte”?) hanno ora trovato nuove terre popolate da gente che non sa. Il Sudamerica, ma anche l'India. E' in quelle terre, oggi, che la terribile polvere di amianto vola dalle fabbriche ai tetti ai campi e infine ai polmoni di uomini e donne che ignorano, e che proprio perché ignorano sono perfetti per assicurare profitti e sonni tranquilli a chi in sonno ha già messo, da un pezzo, la coscienza. 

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