Da un libro di Vàsquez Montalbàn, il grande scrittore catalano che ha inventato tra l'altro Pepe Carvalho, riprendo questo brano sull'immaginario militante, che lo conclude a guisa di epilogo. Il libro, La Pasionaria e i sette nani, del 1995, è una vera e propria queste a cavallo tra la storia e la semantica, ed è dedicato a Dolores Ibarrurri, alla sua presenza nelle vicende della Spagna Repubblicana e del comunismo internazionale ed alla elaborazione della sua leggenda.
Dal mito della Pasionaria Vàsquez Montàlban prende spunto per questa finale carrellata dei miti romantici del comunismo ispirata a un libro di Teresa Pamies e molto convicente. Il volume è stato pubblicato in italiano da Frassinelli, nel 1997; la traduzione, tuttavia , mi è sembrata in qualche passaggio un po' involuta e ho preferito aggiustarla un po' rimanendo fedele al testo dello scrittore spagnolo. (S.L.L.)
Personalità come Dolores Ibàrruri attiravano più gente al Partito della stessa trasmissione della dottrina: la militanza comunista ha avuto ragioni romantiche fondamentali e tali sono rimaste, ma buona parte dei dirigenti (come capita a certi cardinali abitudinariamente vicini a Dio) ha finito per predicare la rivoluzione senza credere in essa o, quantomeno, senza fidarsi dei rivoluzionari.
Teresa Pamies, una delle scrittrici comuniste più eque nei confronti di Dolores Ibàrruri, è autrice del già citato Romanticismo militante, utilissimo come censimento e campionario dei tipi umani miticizzabili dal comunismo internazionale dalla fine della prima guerra mondiale sino ai complessi e rivoltosi anni Sessanta.
La scrittrice catalana sceglie Julius Fucik, un giornalista ceco giustiziato dai nazisti; Bachir Hadj Alì, combattente algerino che dopo aver lottato contro l’occupazione francese, reagì contro la corruzione del nuovo potere passando per il carcere, la tortura, il confino; Nazim Hikmet, il poeta comunista turco, eterodosso, perseguitato, condannato all’impiccagione, sopravvissuto come la sua poesia; George Orwell, lo scrittore inglese che decise per un anarcocomunismo personale e quasi incomunicabile; Ho Chi Minh, il dirigente della lunga rivoluzione vietnamita che, secondo Pamies, seppe far convivere il potere con il romanticismo; George Jackson, ideatore di una “guerriglia nera comunista”, il più carismatico dei Soledad Brothers che lo resero protagonista della mai ben valutata, complessa e pluralistica ribellione nordamericana degli anni Sessanta, repressa con una contundente durezza democratica che crivellò il corpo di George; Pablo Neruda, il romanticismo della parola che fa compagnia ideologica o suscita iniziazioni romantiche comuniste o bolivariane; Ernesto Che Guevara che con la sua epistola morale ai figli e all’universo vuole dare ragione a Teresa Pamies: “Lasciatemi dire, a rischio di sembrarvi ridicolo, che il vero rivoluzionario è guidato da sentimenti d’amore…”; Jules Valles, l’insorto per antonomasia, il comunardo che prende partito per un destino implacabile.
La via di Rosa Luxemburg
Il censimento comprende anche Rosa Luxemburg, personaggio opposto e complementare all’immaginario della Pasionaria. Se Dolores aveva rappresentato l’emergere di una coscienza operaia, Rosa Luxemburg andrò all’incontro con quel sapere rivoluzionario con una splendida educazione di giovane universitaria che parlava cinque lingue e poteva discutere a tu per tu con Lenin sulle questioni di fondo che contrapponevano il socialismo riformista a quello rivoluzionario, teoria e pratica; tanto drammatica nella pratica che Luxenburg sarebbe morta sfracellata dai calci di fucile della soldatesca sotto un governo socialdemocratico, una volta soffocata la ribelline spartachista a Berlino dopo la prima guerra mondiale.
Tutti questi romantici hanno lasciato opere emblematiche che influenzarono la generazione di Pamies e raggiunsero la nostra. Rosa Luxemburg ancora oggi può presentare il suo pensiero come un’alternativa complementare per la ricostruzione della teoria e della pratica di una nuova sinistra. Rosa Luxemburg è molto di più di un riferimento romantico, è una via politica aperta.
Fucik, a sua volta, ci ha lasciato un impressionante Scritto sotto la forca, tanto letto nelle nostre clandestinità mentre aspettavamo pure noi la palma del martirio, un testo che sopravvisse al suo autore grazie all’aiuto di un secondino, esempio commovente di integrità comunista dinanzi alla tortura e alla morte:
“Abbiamo fatto sempre i conti con la morte. Lo sapevamo: una volta nelle mani della Gestapo, sarebbe stata finita. Ed è su questa base che ci siamo regolati, qui.
“Anche il mio compito si approssima alla fine. Non la scrivo più, questa fine. Non la conosco già più. Non è più un compito. È la vita.
“E nella vita non ci sono spettatori.
“Cala il sipario.
“Uomini, vi amavo. Vegliate!”.
Bachir Hadj Alì è autore di un’opera ben diversa, che riesce a turbarci e a commuoverci ne L’arbitraire (L’arbitrario) pubblicato a Parigi nel 1966; Hikmet è uno dei migliori poeti di questo secolo; Orwell non ha bisogno di presentazioni come scrittore: ha saputo colpire noi spagnoli con l’Omaggio alla Catalogna, i comunisti con La fattoria degli animali, e gli uomini del futuro con 1984.
I nipoti di Ho Chi Minh
Ho Chi Minh scrisse poesie didattiche e liriche, lui che si faceva chiare “zio” da tutti i vietnamiti diventati così suoi “nipoti”:
Lassù, tra le nuvole, ondeggia
la bandiera rossa della vittoria
e voi ne gioite, nipoti miei,
e io, vostro zio, quanto voi fiero, vi dico:
Il nostro prossimo autunno sarà più felice ancora!
Che Guevara, poeta mancato
Il Che ci ha lasciato di tutto, da un manuale di guerriglia fino al memoriale dei fatti di coscienza. Trovò tempo per scrivere lettere a poeti, come quella indirizzata allo spagnolo Leon Felipe, in risposta al libro di poesie pervenutogli appena i castristi entrarono a L’Avana: “L’altro giorno ho presenziato a una cerimonia per me molto significativa. la sala era piena di operai entusiasti e tutt’intorno aleggiava il clima dell’uomo nuovo. Mi affiorò una goccia del poeta fallito che è in me”.
Ribellione e condivisione
Jackson ci ha lasciato il suo libro di testimonianze e manifesto Soledad Brothers; Valles L’Insurgé (L’insorto), proclama di una ribellione prescientifica che illuminò l’educazione dlela sinistra per più di mezzo secolo; Neruda condivise una cosmogonia poetico marxista con una quotidianità di poeta universale consacrato e amante del bel vivere.
Consumatori di speranza?
Ciascuno di questi eroi romantici esalta una qualità fondamentale capace di colpire la coscienza ricettiva dei consumatori di speranza: Fucik, la lealtà alla causa; Bachir, la lucidità; Rosa Luxemburg, l’intelligenza critica; Hickmet, l’elegia; Orwell, l’avventura; Ho Chi Minh, la tenacia; Jackson, la ribellione primitiva e individuale che diventa coscienza generale; Valle, l’insurrezione come metodo di conoscenza; Guevara, la costanza della Storia; Neruda, la parola, la poesia che tanto apprezzava Lìster come strumento in grado di mobilitare eroi.
Chiunque sia mosso dall’esempio dei romantici militanti approverebbe la scelta o ne sostituirebbe alcuni con quelli a lui più affini; io per esempio avrei fatto il nome di Gramsci prima di cominciare a scrivere l’elenco.
Sarebbe oggi possibile una lista equivalente, dettata dalle nuove generazioni formate nell’era della supeinformazione dove non c’è stato posto che per gli eroi del rock?
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