1.8.11

Il lutto per la morte di Calogero Gueli e i dolori di famiglia.

Quasi 15 giorni fa è morto all’improvviso Lillo Gueli. Mi è stato in gioventù compagno e amico carissimo, un po’ anche maestro.
Poi, dopo i miei dazebao maoisti che ne criticavano le scelte politiche e qualcuna personale, in paese ci considerarono nemici: ma soggettivamente – credo - non lo siamo mai stati e abbiamo sempre conservato qualche elemento di stima reciproca e di affetto, oltre che intense comuni memorie di lotte politiche e sociali.
E’ andato via all’improvviso, in circostanze che rendono dubbia l’inevitabilità della sua morte. Non si sa se imputarla alla fatalità, a una sua sconsiderata imprudenza, alle disfunzioni del sistema sanitario o all’imperizia e/o superficialità degli addetti alle cure. Tutto ciò ha sollevato in paese un sentimento diffuso di rammarico e di rabbia, perfino in quelli che gli erano stati avversari politici o gli erano ostili per qualche altra ragione.
Non mi sento, ancor oggi, di parlare con serenità ed equanimità di Lillo, per tanti anni sindaco efficiente e sollecito  verso i bisogni della povera gente, ma anche uomo di potere duro e spregiudicato. Lo farò quando sarò convinto di poter scrivere totalmente sine ira et studio.
Ma Gueli negli ultimi anni era stato, suo malgrado, protagonista di eventi sgradevoli non solo per lui. Il consiglio comunale e la giunta da lui guidata erano stati sciolti alcuni anni fa per infiltrazioni mafiose. Il paese era stato gestito per un paio di anni da una triade commissariale considerata da taluni un po’ esosa, di sicuro insensibile  verso i bisogni della popolazione.
Successivamente Gueli era stato arrestato e imprigionato con l’accusa di favoreggiamento nei confronti di Cosa nostra, insieme a uno dei figli imprenditori edili e al genero. L’ultima sentenza gli ha restituito dignità, assolvendolo pienamente, ma ha confermato la condanna per concorso esterno per il figlio, pur riducendo di un po’ la pena, e quella per associazione a delinquere di stampo mafioso per il genero.
La partecipazione al lutto e al funerale è stata vasta e il dispiacere m’è sembrato sincero in quasi tutti. Non c’ero, ma mi dicono che, dopo la camera ardente in Comune, gli hanno fatto il funerale in Chiesa. Ho visto qualche foto nelle rete: non c’era una bandiera rossa. Chissà se la banda ha suonato, tra gl’inni di requie, anche l’Internazionale.
Una cosa poi mi ha stupito. Tra i manifesti che dichiaravano partecipazione al dolore alcuni davano alla “famiglia” un forte rilievo tipografico, isolandola al centro del rigo, a caratteri più grandi, in maiuscolo e in grassetto. Più o meno così:
Mi è sembrata una stravaganza, tanto più che il dolore, a quanto mi risulta, è sentimento rigorosamente individuale e non di gruppo.

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