L'articolo Antifascismo
e ricostruzione, ora negli Scritti politici
di Capitini, editi da “Il Ponte”, fu pubblicato sul
«Corriere di Perugia», anno I, n. 1, Perugia, 15 luglio 1944. Era
il primo numero dell’organo del Comitato Provinciale di Liberazione
Nazionale, settimanale, diretto da Capitini, affiancato da due
redattori: Walter Binni e Bruno Enei. L’articolo non era firmato,
come tutti gli articoli nei primi numeri del periodico. (S.L.L.)
Aldo Capitini |
Uno dei problemi che si
presentano ora a chi rifletta sulla situazione è il seguente: quando
finisce l’antifascismo e quando comincia la ricostruzione?
Perché la parola
«antifascismo» ha un significato polemico che acquistò un rilievo
sempre maggiore quanto piú il ricordo dei partiti vissuti
apertamente fino al ’24 si indebolí nell’opinione pubblica
sovraccaricata dall’ostentazione fascista. Ma dal 25 luglio 1943
stanno già in evidenza almeno sei partiti: liberale, d’azione,
socialista, comunista, democratico cristiano, democratico del lavoro,
e qua e là a sé anche il repubblicano (autenticamente mazziniano).
Questo è un passo avanti
sulla generica qualifica di antifascismo, cioè di lotta contro una
forma politica che aveva due elementi principali: esasperato
nazionalismo, soppressione della libertà. Quando il nazionalismo
venga colpito, e l’Italia entri (dopo il tentativo ritardatore del
fascismo) nelle grandi federazioni che sono la forma di convivenza
internazionale di questo secolo; quando venga ristabilita la libertà
di associazione, di critica, di elezione; avvenuti questi due fatti,
l’antifascismo cede rapidamente il posto ai singoli partiti che
possono e debbono assumere apertamente la responsabilità di quei
princípi (ogni partito i suoi) per cui avversavano piú o meno
energicamente già in modo clandestino il fascismo. «Antifascista»
può diventare un giorno una parola inutile o molesta nel ricordo
come «fascista». Tranne un caso. Quello che i residui del fascismo
ancora ricomparissero accanto o dentro i nuovi allineamenti politici.
Allora bisognerà ricordarsi di questa esperienza di venticinque
anni, e ripetere il conto dei danni che ci è costata, soprattutto
per aver lanciato la nazione in folli avventure internazionali e per
aver tolto la libertà di controllare i governanti ed istruire i
governati. Eccettuato questo caso, di antifascismo non ci sarà piú
bisogno di parlare.
Il fascismo ha parlato, e
lui solo per vent’anni; ha governato, e lui solo; ed ora taccia,
non governi, non abbia piú denari in mano. Non ha fatto parlare gli
altri, ora gli altri parleranno e costruiranno. Parleranno anche,
perché (e sarebbe un residuo di fascismo) non è di buona educazione
politica dire
che i partiti sono
fastidiosi, dannosi, specialmente dopo che si è visto quale disastro
ha prodotto questo partito senza libertà che doveva, eliminato il
parlamentarismo e i partiti, dare alla patria ordine, giustizia,
dignità, prosperità, maturità, grandezza! Gl’italiani di oggi, e
soprattutto i giovani, hanno bisogno di orientamenti, e gli
orientamenti li presentano i giornali, i libri, le parole, gli
esempi, la libera propaganda.
E un’espressione molto
ambigua comincia a circolare; si dice: ricostruiamo anzitutto la
nazione. Giustissimo; ma attenti a ciò che qui non si dice. Nel
periodo badogliano i fascisti (liberamente circolando specialmente da
noi) guardavano le manifestazioni di gioia con una certa severità ed
esclamando: questo entusiasmo dovrebbero spenderlo contro gl’inglesi.
(Ma i fascisti sapevano bene che il popolo, ora libero, esprimeva
anche la volontà di non combattere contro i regimi liberale,
democratico, sovietico). Ora si dice: ricostruiamo la nazione. La
nazione si deve ricostruire anche mediante l’opera politica ed
educativa. Vi furono e vi sono popoli che hanno «costruito» la
nazione, e hanno condotto anche guerre, non rimandando l’opera
politica ed educativa a tempo indeterminato. Cavour non si sentiva
mai tanto libero come quando aveva il parlamento aperto. Non c’è
soltanto l’amministrazione. Specialmente per un popolo denutrito
politicamente e moralmente. L’opera di buona amministrazione
dell’Italia deve procedere egualmente con l’evoluzione politica,
sociale, morale. Altrimenti sappiamo che cosa c’è dietro quella
frase: c’è il conservatorismo, la paura dell’inarrestabile
sviluppo della civiltà moderna.
Ma oggi quella
separazione tra intellettuali e popolo di cui ha approfittato il
fascismo non c’è piú; e stanno bene svegli, gli uni e l’altro,
contro le forze reazionarie che, dopo aver largamente promosso e
aiutato il fascismo, ora tentano di restaurare un regime conservatore
con modi piú blandi e apparentemente piú educati del vecchio
manganello. Non ci sono soltanto nuove case da dare agli sfollati; ma
idee a tutti, e specialmente ai giovani.
Perciò l’antifascismo come liquidazione pratica del fascismo procederà abbastanza rapidamente in varie fasi (legate anche al fatto internazionale della guerra che ancora continua); ma il migliore antifascismo è nel riprendere la formazione morale, la trasformazione istituzionale e sociale.
Perciò l’antifascismo come liquidazione pratica del fascismo procederà abbastanza rapidamente in varie fasi (legate anche al fatto internazionale della guerra che ancora continua); ma il migliore antifascismo è nel riprendere la formazione morale, la trasformazione istituzionale e sociale.
In Aldo Capitini, Un'alta passione, un'alta visione, Scritti politici 1935-1968 (a cura di L.Binni e M.Rossi), Il Ponte Editore, 2016
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