C'è già in questo blog
un post in cui, attraverso un articolo di Federico Condello, del
2011, si fa il punto sul dibattito relativo all'autenticità del
cosiddetto “Papiro di Artemidoro”
(http://salvatoreloleggio.blogspot.it/2013/01/il-papiro-di-artemidoro-federico.html
).
Il dibattito, a molte voci, nacque nel 2006, quando Luciano
Canfora denunciò come un falso il “prezioso rotolo” messo in
mostra in quello stesso anno a Torino per la prima volta. Canfora ha poi dedicato molti
articoli e ben due libri al tema, sul quale sono intervenuti
centinaia di studiosi.
La tesi dell'autenticità trova ormai pochi
difensori, anche se intorno al Papiro, quasi certamente un falso
ottocentesco circolano suggestive ipotesi e congetture che tuttora lo
rendono un oggetto cult, visitatissimo al Museo Archeologico di Torino, ov'è in esposizione permanente. Può dare gusto, in ogni caso, ai curiosi
della materia leggere un articolo scritto prima della bufera, quando
del “papiro” si ammirava l'antichità e l'importanza, mettendolo
accanto ad altre importati scoperte. (S.L.L.)
Museo Archeologico, Torino - Il "Papiro di Artemidoro" |
In mostra al pubblico da
oggi a Torino il prezioso rotolo egizio recuperato nel corso di scavi
all'inizio del secolo scorso. Solo negli ultimi anni è stato
restaurato, ricomposto e indagato per le cure di Claudio Gallazzi,
Bärbel Kramer e Salvatore Settis. Un oggetto unico, in cui
coesistono ampi frammenti di un testo di geografia del II secolo
avanti Cristo, mappe, disegni di volti umani e di animali veri o
favolosi, e perfino incerti esercizi di «ragazzi di bottega»
dell'antichità
Le sabbie dell'Egitto
continuano a parlare, anzi, in questi ultimi tempi sembrano diventare
sempre più loquaci e provocatorie. Pezzi di opere perdute della
letteratura greca antica e testimonianze di grande interesse, magari
attraverso percorsi tortuosi, spuntano fuori a popolare i sogni e le
scrivanie degli studiosi e a stimolare eccitate curiosità.
Impossibile dimenticare le migliaia di versi di Menandro (prima quasi
sconosciuto), la Costituzione degli Ateniesi di Aristotele, i
poemi di Bacchilide, i papiri filosofici di Ercolano e le
innumerevoli altre scoperte che hanno costellato il ventesimo secolo,
fino ai frammenti di Stesicoro e di Callimaco dei papiri di Lille,
arricchendo in modo sorprendente la conoscenza della letteratura
greca antica, rispetto a quanto la tradizione bizantina ci aveva
conservato nei suoi codici. Provenienti direttamente da scavi
archeologici oppure da cartonnage (lo strato di carta pressata
che ricopriva la mummie egiziane) oppure ancora dal mercato
antiquario (scrigno di tesori abilmente nascosti e ancor più
abilmente disvelati), i papiri offrono sempre nuove scoperte. Qualche
anno fa, un pezzo di rotolo papiraceo acquistato dall'Università
Statale di Milano restituì diversi epigrammi del poeta ellenistico
Posidippo, pubblicati da Guido Bastianini dell'università di Firenze
e da Claudio Gallazzi dell'università statale di Milano: in un colpo
solo, il numero dei versi conosciuti di questo poeta fu raddoppiato.
Ancor più di recente, presso la collezione dei Papiri di Colonia
è stato decifrato un frammento, che è risultato appartenere a una
copia del III secolo a.C. delle poesie di Saffo: il più antico
testimone dell'opera della poetessa greca. In attesa di edizione a
stampa, ma già presentato a un congresso, è un nuovo pezzo del
poeta arcaico Archiloco: ultima novità della più grande collezione
di papiri editi e inediti: gli Oxyrhynchus Papyri di Oxford.
«Verso la metà degli
anni Novanta, in una ristrettissima cerchia di papirologi e di
studiosi di arte antica, cominciò a circolare, molto discretamente,
la voce che un collezionista non meglio precisato possedeva un papiro
eccezionale, in cui, accanto a un testo greco, comparivano decine di
disegni di fattura squisita. Qualcuno si mise alla ricerca del pezzo,
qualcun altro si propose di acquisirlo per la propria istituzione, ma
nessuno realizzò i suoi propositi e le notizie sul papiro favoloso
rimasero quanto mai vaghe. Finalmente, negli ultimi mesi del 1998, il
proprietario del reperto, dimostrando un'encomiabile attenzione per
le esigenze della scienza, propose a chi scrive e alla professoressa
Bärbel Kramer dell'Università di Treviri di esaminare il suo
prezioso oggetto e di presentarne una descrizione sulle pagine di una
rivista specializzata». Scritte dal papirologo Claudio Gallazzi,
queste righe non costituiscono l'incipit di un romanzo nel
quale un manoscritto antico si trova al centro di mirabolanti
avventure, ma sono l'inizio del saggio di apertura del catalogo della
mostra che si apre al pubblico oggi a Torino (vedi box) intorno a
quello che è ormai noto come il «Papiro di Artemidoro»: un reperto
di straordinario valore, acquistato sul mercato antiquario, studiato,
edito e restituito al mondo della cultura. L'ultimo arrivato sulla
scena che abbiamo evocato: una star indiscutibile, dalla triplice
vita e dal duplice fascino.
La prima notizia sul
papiro apparve nella primavera del 1999, sulla rivista tedesca
«Archiv für Papyrusforschung». Si rese noto che il pezzo di
rotolo presentava sul recto un brano perduto del geografo Artemidoro
con l'aggiunta di una grande carta geografica e sul verso un vero e
proprio cahier d'artiste con una quarantina di figure. Gli
specialisti cominciarono a parlarne (fissando l'uso di chiamarlo
«Papiro di Artemidoro») e crebbe l'attesa per un'edizione completa,
alla quale Gallazzi, Bärbel Kramer e Salvatore Settis poterono
dedicarsi solo nell'estate del 2004, dopo che il reperto era stato
acquistato dalla Fondazione per l'Arte della Compagnia di San Paolo e
portato nel laboratorio di papirologia dell'Università Statale di
Milano per il restauro e per lo studio con l'ausilio di adeguate
apparecchiature ottiche. I risultati sono nel volume Il papiro di
Artemidoro, curato dai tre studiosi con la collaborazione di
Gianfranco Adornato, di prossima pubblicazione per la casa editrice
Led di Milano.
Seguendo le pagine di
Gallazzi, vale la pena di descrivere, sia pur brevemente, la storia
del papiro e la sua ricostruzione. Recuperato da scavatori locali e
finito in una collezione privata egiziana nella prima metà del
secolo scorso, un ammasso di cartapesta da un cartonnage di mummia fu
legalmente venduto nel secondo dopoguerra a un collezionista europeo
e passò per varie mani fino all'ultimo acquisto, avvenuto appunto
nel 2004. Da un gran numero di frammenti, la perizia degli studiosi
ha ricavato venticinque documenti di carattere
burocratico-amministrativo, appartenenti alla seconda metà del I
secolo d.C. (intorno al 100 d.C. si può dunque collocare la
fabbricazione del conglomerato con papiri gettati al macero), e ha
messo insieme, unendo una cinquantina di frustuli talvolta minuscoli,
un pezzo lungo due metri e mezzo dell'inizio di un rotolo, scritto
poco dopo la metà del I secolo a.C. (diciamo fra il 50 e il 25 a.C.:
datazione su base paleografica). In quest'ultimo è stata
identificata l'opera del geografo Artemidoro di Efeso, vissuto a
cavallo fra il II e il I secolo a.C. e autore di Geographoumena
in 11 libri, nei quali descriveva tutta la terra conosciuta alla
maniera degli antichi peripli. Un'opera di grande importanza,
purtroppo perduta, di cui abbiamo ora ritrovato il frammento più
consistente che possediamo, anzi l'unico passo esteso conservato per
tradizione diretta: le cinque colonne di testo appartengono
all'inizio del II libro, dedicato alla penisola iberica, e la copia
fu prodotta pochi decenni dopo la morte dell'autore. Gli specialisti
avranno di che indagare sulla sua collocazione nella storia del
pensiero geografico antico, in rapporto con predecessori,
contemporanei (come il filosofo Posidonio di Apamea) e successori,
come il più noto Strabone.
Nel suo insieme il
contenuto del frammento non ha paralleli nelle migliaia di papiri
pubblicati. Sul recto, nella parte normalmente lasciata bianca
all'inizio sono disegnati due volti; ci sono poi tre colonne del
trattato geografico, seguite da una lacuna di circa 13,5 cm. e poi da
una carta geografica evidentemente rimasta incompiuta; infine, dopo
altre due colonne di testo, diversi schizzi di mani, piedi e volti.
Il verso è invece di contenuto omogeneo e presenta una quarantina di
figure di animali, sempre accompagnati da una didascalia con il nome
in greco. La compresenza di testo, carte geografiche e disegni è del
tutto straordinaria e si spiega con la «vita» del papiro, che si
può ricostruire praticamente con certezza.
Il rotolo fu concepito
per produrre una copia di pregio dello scritto di Artemidoro ed
evidentemente era previsto che il testo geografico fosse accompagnato
da carte (per questo lo scriba utilizzò un rotolo alto 32,5 cm., ben
più della media dell'epoca). Un fatto del tutto eccezionale, almeno
stando alla nostra documentazione - si tratta infatti del solo
esempio che abbiamo di un testo con carte incorporate - che consente
di approfondire il problema dell'illustrazione geografica nel mondo
antico. Nessuno può dire se si trattasse di una copia destinata a un
privato oppure a una grande biblioteca, come quella di Alessandria.
Il copista lasciava nel testo spazi bianchi per le carte geografiche:
ne abbiamo uno dopo la III colonna e uno dopo la V. Ma il disegnatore
non completò la prima carta e non iniziò neppure la seconda. Una
ipotesi plausibile è che egli abbia commesso un errore, riproducendo
al primo posto una carta sbagliata, per cui non avrebbe proseguito il
lavoro: in una simile copia non si poteva concepire un rimedio
raffazzonato. Non sappiamo cosa succedesse dopo la V colonna del
testo, dove si interrompe il frammento conservato: è possibile che
il pezzo sbagliato fosse stato eliminato, per essere sostituito con
un altro correttamente eseguito, da incollare al resto.
Il papiro scartato rimase
nell'atelier del disegnatore e pochi anni dopo fu riutilizzato per
disegnare il bestiario che si trova nel verso, fatto di animali reali
(come giraffa, tigre, elefante), animali esistenti ma rappresentati
in modo fantasioso (il pesce-sega, con la sega sulla coda), creature
mitologiche e fantastiche (draghi e grifoni): questo primo riuso può
essere datato a poco dopo il 25 a.C., di nuovo su base paleografica
grazie alla scrittura delle didascalie che accompagnano le figure. Di
cosa si tratta? Un prontuario di bottega, una serie di modelli per
mostrare agli apprendisti come eseguire certe figure? Un repertorio
da mostrare ai clienti? Un disegno di progetto per un affresco o un
mosaico?
Ma la vita del pezzo di
Artemidoro non era finita e fu riutilizzato ancora: la parte iniziale
non scritta e le zone bianche fra le colonne, lasciate per carte mai
realizzate, servirono presumibilmente a giovani di bottega per
provare a copiare parti anatomiche di statue, tracciando disegni che
rivelano spesso mani incerte e inesperte: dunque, una sorta di
quaderno di esercizi, che costituisce la più abbondante serie di
grafica dell'antichità. Questo terzo riuso è più difficile da
datare, ma certo avvenne prima che il papiro fosse usato - come si è
detto - per un cartonnage entro il 100 d.C.
Il Papiro di
Artemidoro riveste dunque una importanza eccezionale anche per la
storia dell'arte antica, offrendo uno straordinario esempio di cahier
di bottega multiuso. Considerando lo scarso numero di papiri
figurati, la novità assume un rilievo forse ancora difficile da
determinare. A tutte le tematiche coinvolte su questo versante,
Settis dedica un magistrale saggio pubblicato nel catalogo della
mostra (Le tre vite del papiro di Artemidoro, Electa, pp. 256,
euro 35): «La prepotente evidenza offerta dai disegni che affollano,
con ricchezza e intensità senza precedenti, il recto e il verso del
nostro papiro induce a guardare con occhio nuovo ad alcune questioni
assai discusse negli ultimi trent'anni: il ruolo del disegno nella
pratica artistica antica, la natura e i meccanismi della tradizione
iconografica, e più in generale il funzionamento della bottega. Come
in molti altri casi, la scoperta e la pubblicazione del Papiro di
Artemidoro sono dovute in misura prevalente a una serie di
circostanze, la cui fortunata sequenza è del tutto casuale.
Tuttavia, essa cade in un momento favorevole, mentre la storia
dell'arte (anche dell'arte antica) viene sperimentando un
significativo spostamento d'accento, rispetto al tradizionale studio
della personalità degli artisti e delle loro opere, in due direzioni
simmetriche: all'indietro, verso le pratiche e le tecniche di
formazione, di esecuzione e di bottega; e in avanti, verso i
meccanismi della recezione e il ruolo dell'osservatore».
Venuto fuori per noi dai
meandri che portano dalle sabbie egiziane ai magazzini degli
antiquari e infine alle scrivanie degli specialisti, grazie alle sue
tre vite il Papiro di Artemidoro sale sul palcoscenico della
storia della letteratura greca e della storia dell'arte antiche con
un ruolo di protagonista e un fascino carico di mistero.
il manifesto, 8 febbraio
2006
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