12.3.16

Torino, 2006. Il “Papiro di Artemidoro” prima della bufera (Franco Montanari)

C'è già in questo blog un post in cui, attraverso un articolo di Federico Condello, del 2011, si fa il punto sul dibattito relativo all'autenticità del cosiddetto “Papiro di Artemidoro” (http://salvatoreloleggio.blogspot.it/2013/01/il-papiro-di-artemidoro-federico.html ). 
Il dibattito, a molte voci, nacque nel 2006, quando Luciano Canfora denunciò come un falso il “prezioso rotolo” messo in mostra in quello stesso anno a Torino per la prima volta. Canfora ha poi dedicato molti articoli e ben due libri al tema, sul quale sono intervenuti centinaia di studiosi. 
La tesi dell'autenticità trova ormai pochi difensori, anche se intorno al Papiro, quasi certamente un falso ottocentesco circolano suggestive ipotesi e congetture che tuttora lo rendono un oggetto cult, visitatissimo al Museo Archeologico di Torino, ov'è in esposizione permanente. Può dare gusto, in ogni caso, ai curiosi della materia leggere un articolo scritto prima della bufera, quando del “papiro” si ammirava l'antichità e l'importanza, mettendolo accanto ad altre importati scoperte. (S.L.L.)
Museo Archeologico, Torino - Il "Papiro di Artemidoro"
In mostra al pubblico da oggi a Torino il prezioso rotolo egizio recuperato nel corso di scavi all'inizio del secolo scorso. Solo negli ultimi anni è stato restaurato, ricomposto e indagato per le cure di Claudio Gallazzi, Bärbel Kramer e Salvatore Settis. Un oggetto unico, in cui coesistono ampi frammenti di un testo di geografia del II secolo avanti Cristo, mappe, disegni di volti umani e di animali veri o favolosi, e perfino incerti esercizi di «ragazzi di bottega» dell'antichità
Le sabbie dell'Egitto continuano a parlare, anzi, in questi ultimi tempi sembrano diventare sempre più loquaci e provocatorie. Pezzi di opere perdute della letteratura greca antica e testimonianze di grande interesse, magari attraverso percorsi tortuosi, spuntano fuori a popolare i sogni e le scrivanie degli studiosi e a stimolare eccitate curiosità. Impossibile dimenticare le migliaia di versi di Menandro (prima quasi sconosciuto), la Costituzione degli Ateniesi di Aristotele, i poemi di Bacchilide, i papiri filosofici di Ercolano e le innumerevoli altre scoperte che hanno costellato il ventesimo secolo, fino ai frammenti di Stesicoro e di Callimaco dei papiri di Lille, arricchendo in modo sorprendente la conoscenza della letteratura greca antica, rispetto a quanto la tradizione bizantina ci aveva conservato nei suoi codici. Provenienti direttamente da scavi archeologici oppure da cartonnage (lo strato di carta pressata che ricopriva la mummie egiziane) oppure ancora dal mercato antiquario (scrigno di tesori abilmente nascosti e ancor più abilmente disvelati), i papiri offrono sempre nuove scoperte. Qualche anno fa, un pezzo di rotolo papiraceo acquistato dall'Università Statale di Milano restituì diversi epigrammi del poeta ellenistico Posidippo, pubblicati da Guido Bastianini dell'università di Firenze e da Claudio Gallazzi dell'università statale di Milano: in un colpo solo, il numero dei versi conosciuti di questo poeta fu raddoppiato. Ancor più di recente, presso la collezione dei Papiri di Colonia è stato decifrato un frammento, che è risultato appartenere a una copia del III secolo a.C. delle poesie di Saffo: il più antico testimone dell'opera della poetessa greca. In attesa di edizione a stampa, ma già presentato a un congresso, è un nuovo pezzo del poeta arcaico Archiloco: ultima novità della più grande collezione di papiri editi e inediti: gli Oxyrhynchus Papyri di Oxford.
«Verso la metà degli anni Novanta, in una ristrettissima cerchia di papirologi e di studiosi di arte antica, cominciò a circolare, molto discretamente, la voce che un collezionista non meglio precisato possedeva un papiro eccezionale, in cui, accanto a un testo greco, comparivano decine di disegni di fattura squisita. Qualcuno si mise alla ricerca del pezzo, qualcun altro si propose di acquisirlo per la propria istituzione, ma nessuno realizzò i suoi propositi e le notizie sul papiro favoloso rimasero quanto mai vaghe. Finalmente, negli ultimi mesi del 1998, il proprietario del reperto, dimostrando un'encomiabile attenzione per le esigenze della scienza, propose a chi scrive e alla professoressa Bärbel Kramer dell'Università di Treviri di esaminare il suo prezioso oggetto e di presentarne una descrizione sulle pagine di una rivista specializzata». Scritte dal papirologo Claudio Gallazzi, queste righe non costituiscono l'incipit di un romanzo nel quale un manoscritto antico si trova al centro di mirabolanti avventure, ma sono l'inizio del saggio di apertura del catalogo della mostra che si apre al pubblico oggi a Torino (vedi box) intorno a quello che è ormai noto come il «Papiro di Artemidoro»: un reperto di straordinario valore, acquistato sul mercato antiquario, studiato, edito e restituito al mondo della cultura. L'ultimo arrivato sulla scena che abbiamo evocato: una star indiscutibile, dalla triplice vita e dal duplice fascino.
La prima notizia sul papiro apparve nella primavera del 1999, sulla rivista tedesca «Archiv für Papyrusforschung». Si rese noto che il pezzo di rotolo presentava sul recto un brano perduto del geografo Artemidoro con l'aggiunta di una grande carta geografica e sul verso un vero e proprio cahier d'artiste con una quarantina di figure. Gli specialisti cominciarono a parlarne (fissando l'uso di chiamarlo «Papiro di Artemidoro») e crebbe l'attesa per un'edizione completa, alla quale Gallazzi, Bärbel Kramer e Salvatore Settis poterono dedicarsi solo nell'estate del 2004, dopo che il reperto era stato acquistato dalla Fondazione per l'Arte della Compagnia di San Paolo e portato nel laboratorio di papirologia dell'Università Statale di Milano per il restauro e per lo studio con l'ausilio di adeguate apparecchiature ottiche. I risultati sono nel volume Il papiro di Artemidoro, curato dai tre studiosi con la collaborazione di Gianfranco Adornato, di prossima pubblicazione per la casa editrice Led di Milano.
Seguendo le pagine di Gallazzi, vale la pena di descrivere, sia pur brevemente, la storia del papiro e la sua ricostruzione. Recuperato da scavatori locali e finito in una collezione privata egiziana nella prima metà del secolo scorso, un ammasso di cartapesta da un cartonnage di mummia fu legalmente venduto nel secondo dopoguerra a un collezionista europeo e passò per varie mani fino all'ultimo acquisto, avvenuto appunto nel 2004. Da un gran numero di frammenti, la perizia degli studiosi ha ricavato venticinque documenti di carattere burocratico-amministrativo, appartenenti alla seconda metà del I secolo d.C. (intorno al 100 d.C. si può dunque collocare la fabbricazione del conglomerato con papiri gettati al macero), e ha messo insieme, unendo una cinquantina di frustuli talvolta minuscoli, un pezzo lungo due metri e mezzo dell'inizio di un rotolo, scritto poco dopo la metà del I secolo a.C. (diciamo fra il 50 e il 25 a.C.: datazione su base paleografica). In quest'ultimo è stata identificata l'opera del geografo Artemidoro di Efeso, vissuto a cavallo fra il II e il I secolo a.C. e autore di Geographoumena in 11 libri, nei quali descriveva tutta la terra conosciuta alla maniera degli antichi peripli. Un'opera di grande importanza, purtroppo perduta, di cui abbiamo ora ritrovato il frammento più consistente che possediamo, anzi l'unico passo esteso conservato per tradizione diretta: le cinque colonne di testo appartengono all'inizio del II libro, dedicato alla penisola iberica, e la copia fu prodotta pochi decenni dopo la morte dell'autore. Gli specialisti avranno di che indagare sulla sua collocazione nella storia del pensiero geografico antico, in rapporto con predecessori, contemporanei (come il filosofo Posidonio di Apamea) e successori, come il più noto Strabone.
Nel suo insieme il contenuto del frammento non ha paralleli nelle migliaia di papiri pubblicati. Sul recto, nella parte normalmente lasciata bianca all'inizio sono disegnati due volti; ci sono poi tre colonne del trattato geografico, seguite da una lacuna di circa 13,5 cm. e poi da una carta geografica evidentemente rimasta incompiuta; infine, dopo altre due colonne di testo, diversi schizzi di mani, piedi e volti. Il verso è invece di contenuto omogeneo e presenta una quarantina di figure di animali, sempre accompagnati da una didascalia con il nome in greco. La compresenza di testo, carte geografiche e disegni è del tutto straordinaria e si spiega con la «vita» del papiro, che si può ricostruire praticamente con certezza.
Il rotolo fu concepito per produrre una copia di pregio dello scritto di Artemidoro ed evidentemente era previsto che il testo geografico fosse accompagnato da carte (per questo lo scriba utilizzò un rotolo alto 32,5 cm., ben più della media dell'epoca). Un fatto del tutto eccezionale, almeno stando alla nostra documentazione - si tratta infatti del solo esempio che abbiamo di un testo con carte incorporate - che consente di approfondire il problema dell'illustrazione geografica nel mondo antico. Nessuno può dire se si trattasse di una copia destinata a un privato oppure a una grande biblioteca, come quella di Alessandria. Il copista lasciava nel testo spazi bianchi per le carte geografiche: ne abbiamo uno dopo la III colonna e uno dopo la V. Ma il disegnatore non completò la prima carta e non iniziò neppure la seconda. Una ipotesi plausibile è che egli abbia commesso un errore, riproducendo al primo posto una carta sbagliata, per cui non avrebbe proseguito il lavoro: in una simile copia non si poteva concepire un rimedio raffazzonato. Non sappiamo cosa succedesse dopo la V colonna del testo, dove si interrompe il frammento conservato: è possibile che il pezzo sbagliato fosse stato eliminato, per essere sostituito con un altro correttamente eseguito, da incollare al resto.
Il papiro scartato rimase nell'atelier del disegnatore e pochi anni dopo fu riutilizzato per disegnare il bestiario che si trova nel verso, fatto di animali reali (come giraffa, tigre, elefante), animali esistenti ma rappresentati in modo fantasioso (il pesce-sega, con la sega sulla coda), creature mitologiche e fantastiche (draghi e grifoni): questo primo riuso può essere datato a poco dopo il 25 a.C., di nuovo su base paleografica grazie alla scrittura delle didascalie che accompagnano le figure. Di cosa si tratta? Un prontuario di bottega, una serie di modelli per mostrare agli apprendisti come eseguire certe figure? Un repertorio da mostrare ai clienti? Un disegno di progetto per un affresco o un mosaico?
Ma la vita del pezzo di Artemidoro non era finita e fu riutilizzato ancora: la parte iniziale non scritta e le zone bianche fra le colonne, lasciate per carte mai realizzate, servirono presumibilmente a giovani di bottega per provare a copiare parti anatomiche di statue, tracciando disegni che rivelano spesso mani incerte e inesperte: dunque, una sorta di quaderno di esercizi, che costituisce la più abbondante serie di grafica dell'antichità. Questo terzo riuso è più difficile da datare, ma certo avvenne prima che il papiro fosse usato - come si è detto - per un cartonnage entro il 100 d.C.
Il Papiro di Artemidoro riveste dunque una importanza eccezionale anche per la storia dell'arte antica, offrendo uno straordinario esempio di cahier di bottega multiuso. Considerando lo scarso numero di papiri figurati, la novità assume un rilievo forse ancora difficile da determinare. A tutte le tematiche coinvolte su questo versante, Settis dedica un magistrale saggio pubblicato nel catalogo della mostra (Le tre vite del papiro di Artemidoro, Electa, pp. 256, euro 35): «La prepotente evidenza offerta dai disegni che affollano, con ricchezza e intensità senza precedenti, il recto e il verso del nostro papiro induce a guardare con occhio nuovo ad alcune questioni assai discusse negli ultimi trent'anni: il ruolo del disegno nella pratica artistica antica, la natura e i meccanismi della tradizione iconografica, e più in generale il funzionamento della bottega. Come in molti altri casi, la scoperta e la pubblicazione del Papiro di Artemidoro sono dovute in misura prevalente a una serie di circostanze, la cui fortunata sequenza è del tutto casuale. Tuttavia, essa cade in un momento favorevole, mentre la storia dell'arte (anche dell'arte antica) viene sperimentando un significativo spostamento d'accento, rispetto al tradizionale studio della personalità degli artisti e delle loro opere, in due direzioni simmetriche: all'indietro, verso le pratiche e le tecniche di formazione, di esecuzione e di bottega; e in avanti, verso i meccanismi della recezione e il ruolo dell'osservatore».
Venuto fuori per noi dai meandri che portano dalle sabbie egiziane ai magazzini degli antiquari e infine alle scrivanie degli specialisti, grazie alle sue tre vite il Papiro di Artemidoro sale sul palcoscenico della storia della letteratura greca e della storia dell'arte antiche con un ruolo di protagonista e un fascino carico di mistero.


il manifesto, 8 febbraio 2006  

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