Accusato una volta di
“intellettualismo” anche da alcuni dei suoi compagni di lotta,
Antonio Gramsci ci appare oggi come un uomo politico che poté essere
più acutamente “politico” grazie appunto alla sua capacità di
trovare per ogni questione i motivi culturali e non rinnegarli. In
questo Gramsci, specie riguardo all’arte, alla poesia, per la quale
rivendicò l’importanza della valutazione estetica accanto alla
valutazione storica, è andato più avanti di ogni altro grande
rivoluzionario, Saint-Just e Lenin compresi (…). Una preziosa
eredità è nei suoi scritti, anche se spesso buttati giù, come le
lettere dal carcere che doveva scrivere a giorno e ora fissi, col
tempo contato, sotto gli occhi assillanti dei secondini, a un tavolo
comune. È una eredità per la cultura italiana che finalmente sarà
resa, presto, accessibile a tutti. Un primo volume sta per essere
pubblicato dalla Casa Editrice di Giulio Einaudi... ("Il Politecnico", n.
33-34, ottobre 1946)
Postilla
Il
brano, che ho ripreso dal Diario
in pubblico (Bompiani, 1957),
ove compare con il titolo Preavviso
su Gramsci, annuncia
l'imminente pubblicazione delle Lettere dal carcere,
che Vittorini considerava “il più importante e il più vero di
Gramsci: quello in cui Gramsci tiene anche conto (sempre) della
'storia naturale degli uomini', mentre negli altri libri inclina a
prescinderne”.
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