Tranne il nero e l'azzurro, si trovano zinnie di tutti i colori |
Le ibridazioni ne hanno mutato la natura.
Ora il fiore più sobrio si è trasformato e i contrasti di colore sono alla base del suo successo
Nella serra fredda (ma
ben esposta) di Val Salice a Torino, le zinnie venivano seminate a
San Giuseppe (il 19 di marzo). Le piantine venivano trapiantate in
piccolissimi vasi di terracotta la prima settimana di maggio, e
venivano definitivamente messe a dimora nell’orto poco prima di San
Roberto (il 7 di giugno). Viste in natura, in Centro America ai bordi
dei campi, nei prati più poveri e derelitti, le zinnie si presentano
con modestia: sono alte poco più di una spanna, le sorregge un gambo
tozzo, il fiore semplice smagliante di un deciso color rosso arancio:
niente di più sobrio e per bene.
Troppo per bene per
essere lasciate tranquille e quiete: negli ultimi 200 anni l’uomo è
intervenuto con selezioni e ibridazioni, ed è riuscito a fare di una
semplice pianta quel che si è abituati ormai a vedere: un vero,
deciso, autentico e variopinto carnevale. I colori ormai, a eccezione
del nero e dell’azzurro, ci sono veramente tutti: e che colori! I
più vivaci e spesso i più brillanti e decisi, tanto da farli
diventare i più popolari dell’estate: non c’è orto dalla
Germania alla Sicilia che non abbia una piccola fila di zinnie, quasi
fosse un angolo felice di libertà e di allegra follia, ben
comprensibile nel contesto ordinato e serio di un orto «ben
temperato».
La zinnia pretende il
sole ed il caldo delle canicole e, come tutte le piante annuali di
rango, una buona e ricca terra. Compost e concime naturale la portano
a esagerare sia nelle foglie che nei fiori (e nell’altezza). Certe
zinnie ben alimentate diventano grandissime e bellissime come pesanti
grisantemoni. Capaci, e famosi in tutto il mondo, divulgatori (nel
secolo passato) furono i Burpee che diffusero in particolare dalla
West Coast i famosi e coloratissimi ibridi Super Giants: un poderoso
kitsch botanico praticamente all’opposto della modesta e originale
Zinnia angustifolia: un vero trionfo del maxi e del mostruoso.
Ma che visto in un orto, estrapolato dal giardino, confrontato con
gli ortaggi talvolta può diventare un gradevole ed invasivo pendant
di allegria.
Comunque niente, a
giudizio di Charles de Noailles, il grande esteta e giardiniere
francese, sarebbe più noioso ed inutile di una truppa di zinnie di
egual colore e di egual altezza. La zinnia è bella se trattata con
anarchico disordine e con cromatica sregolatezza: i contrasti di
colore sono la base del suo successo. In Italia famosi erano gli
ibridi che Carmine Faraone Mennella proponeva dalle sue eclettiche
coltivazioni in Campania: piante adatte a dare allegria ai «campi di
lavoro». In quelle serie ed efficienti officine all’aperto nelle
quali le prese erano cadenzate con spazi abbondanti e eleganza
antica. Del resto pochi semi e un po’ di buona volontà erano
sufficienti a provocare dei veri carnevali tra quei sudati solchi.
Tutt’altra storia hanno
le forme nane o quelle variegate, oppure quelle addirittura
tappezzanti, adesso diventate trendy e tanto alla moda presso
i «servizi giardini» delle grandi città (spesso e purtroppo
generosi fornitori di pessimi esempi di gusto e giardinaggio).
Pretenziose e decisamente antipatiche, hanno l’aspetto di tante,
piccole ed egocentriche prime della classe (sempre così perfette,
sempre così per bene!).
Del resto, il mercato con
le sue rigide e miopi leggi si impone e la esasperata ricerca degli
estremi diventa assillante e genera molto spesso mediocrità. Con
poche e semplici mosse il miracolo può avvenire: una busta di semi
per Natale, un vaso vicino ai vetri di una finestra ben esposta per
San Giuseppe, un trapianto e una fila di piantine messe a dimora
all’inizio di giugno e un po’ di cura e amore possono trasformare
un pezzo di terra bruciata ed assolata in un luogo coloratissimo ed
allegro.
La Stampa, 10 agosto 2012
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