Anatolij Lunacarskij |
Quando Lenin formò il suo primo governo, non esitò un attimo a scegliere Lunacarskij per il Commissariato all'Educazione, dimostrando anche in questo di essere quel grande conoscitore di uomini che effettivamente era. La scelta della persona era naturalmente anche una scelta di indirizzo. “In materia di cultura - era solito dire Lenin - nulla è tanto pericoloso e dannoso quanto l'odio, l'arroganza e il fanatismo. In questa sfera si deve esercitare molta prudenza e molta tolleranza”.
Lenin preferì come Commissario all'Educazione il « mite », deviazionista, « cercatore di Dio » a qualsiasi altro suo compagno più ortodosso e rigido, quantunque sapesse bene come Lunacarskij non possedesse doti amministrative. Come un buon direttore conosce la forza e la debolezza di ogni musicista della sua orchestra, cosi Lenin distribuiva gli strumenti senza sbagliarsi quasi mai. Naturalmente non fu chiesta a Lunacarskij alcuna ritrattazione delle sue eresie filosofiche, né alcuna presentazione di scuse per i suoi stravaganti atteggiamenti politici; questi rituali erano semplicemente impensabili nell’era di Lenin e sarebbero stati introdotti solo più tardi.
Pur non facendo parte, dopo il 1917, dei massimi dirigenti del partito, Lunacarskij ebbe tuttavia un ruolo di primo piano nell'opera di costruzione del nuovo regime. La rivoluzione doveva assimilare l'« eredità culturale » del passato regime, preservarla, renderla accessibile alle masse come mai era stato fatto in precedenza, per educarle e svilupparle culturalmente; doveva introdurre lo spirito socialista nell'attività educativa; doveva sperimentare e innovare.
Lunacarskij racchiudeva in sé in modo quasi ideale le qualità del custode del patrimonio culturale e quelle dell'innovatore. Un suo atteggiamento tipico fu quello di dimettersi, pochi giorni dopo la sua nomina, per protesta contro l'incendio, che, secondo una voce rapidamente diffusasi, le guardie rosse avrebbero appiccato al Cremlino durante l'insurrezione d'ottobre e che ne avrebbe danneggiato i muri. Lunacarskij pubblicò un infiammato Manifesto in cui denunciava questo atto di «vandalismo» e si appellava alla classe lavoratrice perché prendesse sotto la sua protezione tutti i monumenti architettonici ed i tesori artistici. Riprese il lavoro soltanto quando ebbe assicurazioni che il Cremlino non aveva subito alcun danno durante l'insurrezione.
Il suo primo ed elementare compito fu di assicurare il regolare funzionamento delle scuole e delle istituzioni culturali. Non era facile, perché molti insegnanti, intellettuali e professionisti si rifiutavano di lavorare sotto gli usurpatori bolscevichi ». Lunacarskij si adoperò instancabilmente per far cessare il boicottaggio e in gran parte vi riuscì. Il suo amore per la cultura, le scienze e le arti era noto; il suo contegno e i suoi modi ispiravano fiducia. Era spesso definito “il più intellettuale dei bolscevichi e il più bolscevico degli intellettuali”. Questa definizione è inesatta, perché i capi bolscevichi erano per la maggior parte « intellettuali »; cionondimeno bisogna riconoscere che Lunacarskij si dimostrò eccezionalmente persuasivo nelle sue trattative con l’intelligencija anti-bolscevica e «neutrale». Lenin sapeva bene che senza l'appoggio spontaneo dell’intelligencija la rivoluzione non avrebbe potuto salvaguardare il suo patrimonio culturale; sostenne perciò Lunacarskij con ogni mezzo. Agli accademici ed agli scienziati vennero accordate ampie possibilità di lavoro, nei limiti naturalmente delle possibilità consentite dall'intervento straniero, dalla guerra civile, dalla fame e dalle privazioni. Lunacarskij condusse anche una magnifica lotta contro l'analfabetismo, e seppe avvicinare le «masse» alla musica, al teatro, alla letteratura e alle arti figurative. Non compiacque mai i gusti degli operai e dei contadini, ma cercò di educarli esteticamente, modernizzando il sistema educativo elementare, aprendo le porte della scuola al vento fresco della rivoluzione. Riformò i metodi d'insegnamento con spirito libertario e progressista, mettendo in pratica i concetti marxisti e prendendo a prestito apertamente idee avanzate di pensatori stranieri e «borghesi». (Un'occhiata alle scuole sovietiche bastò a suscitare l'entusiasmo di un pedagogo critico come John Dewey, l'eminente filosofo americano.)
Isaac Deutscher, Prefazione a “Profili di rivoluzionari” di Anatolij Lunacarskij, De Donato,1968
Nessun commento:
Posta un commento