6-8 agosto 1945.
Settantanni dopo
Hiroshima e Nagasaki, quel fungo è ancora sopra di noi
«È una bomba atomica,
la forza da cui il Sole trae la sua energia»: così il presidente
Harry Truman descrive la terrificante arma che, il 6 agosto 1945, gli
Usa sganciano su Hiroshima, seguita due giorni dopo da una bomba al
plutonio su Nagasaki. La principale ragione dell'impiego dell'arma
nucleare non è costringere alla resa il Giappone, ormai allo stremo,
«senza perdita di vite americane», ma impedire che l'Urss partecipi
all'invasione del Giappone ed estenda la sua influenza alla regione
del Pacifico.
Gli Stati uniti cercano
di trarre il massimo vantaggio dal fatto che, in quel momento, sono
gli unici a possedere l'arma atomica. Appena un mese dopo il
bombardamento nucleare di Hiroshima e Nagasaki, al Pentagono già
calcolano che occorrerebbero oltre 200 bombe nucleari contro un
nemico come l'Urss. Gli Usa hanno già 11 bombe quando, il 5 marzo
1946, il discorso di Winston Churchill sulla «cortina di ferro»
apre ufficialmente la guerra fredda. Nel 1949 gli Stati uniti hanno
abbastanza atomiche (oltre 200) da attaccare l'Unione sovietica che
però, nello stesso anno, effettua la sua prima esplosione
sperimentale.
Comincia la corsa agli
armamenti nucleari. Il vantaggio a favore dell'Occidente cresce
quando, nel 1952, la Gran Bretagna effettua la sua prima esplosione
nucleare. Nel 1960 la Francia fa esplodere la sua prima bomba al
plutonio. Inizia in questo periodo lo schieramento dei più micidiali
vettori nucleari: i missili balistici intercontinentali. Negli anni
Sessanta, i paesi dotati di armi nucleari passano da quattro a sei:
la Cina fa esplodere la sua prima bomba nel 1964; Israele comincia a
produrre segretamente armi nucleari probabilmente nel 1966. Negli
anni Settanta, i paesi in possesso di armi nucleari aumentano da sei
a otto: l'India effettua il suo primo test nel 1974; il Sudafrica
effettua segretamente un test congiunto con Israele nel 1979.
Inoltre, nel 1998, il Pakistan ammetterà di possedere armi nucleari,
precedentemente costruite.
Dal 1945 al 1991, l'anno
in cui la disgregazione dell'Urss segna la fine della guerra fredda,
vengono fabbricate circa 130mila testate nucleari: 70mila dagli Stati
uniti, 55mila dall'Unione sovietica. Altre 5mila vengono fabbricate
da Gran Bretagna, Francia, Cina, Israele, India, Pakistan e
Sudafrica. Successivamente, dal «club nucleare» esce il Sudafrica,
ma vi entra la Corea del Nord.
Mentre il clima della
guerra fredda comincia a cambiare, Usa e Urss firmano nel 1987 il
Trattato sulle forze nucleari intermedie, che elimina i Pershing 2 e
i Cruise statunitensi schierati in Europa occidentale, anche a
Comiso, e gli SS-20 schierati sul territorio sovietico. Questo
importante risultato è dovuto principalmente all'«offensiva del
disarmo» lanciata dall'Unione sovietica di Gorbaciov: il 15 gennaio
1986, essa propone di attuare un programma complessivo per la messa
al bando delle armi nucleari entro il 2000. Se gli Stati uniti
accettassero tale proposta, si avvierebbe un reale processo di
disarmo. A Washington approfittano invece della disgregazione
dell'Urss e della conseguente crisi russa per acquisire nei confronti
di Mosca un crescente vantaggio anche nel campo delle forze nucleari.
Trattati come lo Start I, firmato nel 1991, stabiliscono delle
riduzioni quantitative degli arsenali nucleari, ma rendono possibile
il loro ammodernamento. Campo in cui gli Usa pensano di poter
prevalere, mentre a un certo punto si trovano di fronte una Russia
che ha di nuovo la capacità di ammodernare il proprio arsenale.
Washington rilancia così il programma nucleare militare,
investendovi miliardi di dollari.
Si arriva così alla
situazione odierna. Secondo la Federazione degli scienziati
americani, gli Usamantengono 1.920 testate nucleari strategiche
pronte al lancio (su un totale di 7.300), in confronto alle 1.600
russe (su 8.000). Comprese quelle francesi e britanniche, le forze
nucleari Nato dispongono di circa 8.000 testate nucleari, di cui
2.370 pronte al lancio. Aggiungendo quelle cinesi, pachistane,
indiane, israeliane e nordcoreane, il numero totale delle testate
nucleari viene stimato in 16300, di cui 4.350 pronte al lancio. Sono
stime approssimative per difetto, in quanto nessuno sa esattamente
quante testate nucleari vi siano in ciascun arsenale. E la corsa agli
armamenti nucleari prosegue con la continua modernizzazione degli
arsenali e la possibilità che altri paesi, anche firmatari del Tnp,
li costruiscano.
Per questo la lancetta dell'«Orologio
dell'apocalisse», il segnatempo simbolico che sul Bulletin of the
Atomic Scientists indica a quanti minuti siamo dalla mezzanotte
della guerra nucleare, è stata spostata da 5 a mezzanotte nel 2012 a
3 a mezzanotte nel 2015, lo stesso livello del 1984 in piena guerra
fredda. Quello che scientificamente si sa è che, se la lancetta
arrivasse a mezzanotte, suonerebbe l'ora della fine dell'umanità.
"il manifesto", 6 agosto 2015
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