«Se ti rubano un gol
continua a urlare,
se ti rubano il futuro
resta seduto.
Sono stanco di vedere
poliziotti che
applaudono assassini,
come se essere
ammazzato
fosse il vero reato.
Se senti sparare sono
colpi di Stato».
“Il Foglio” di
Giuliano Ferrara, l’unico giornale che fa politica culturale, l’ha
capito in fretta: Fedez, il «rapper antisistema e anticasta», è
oggi una seria minaccia alla produzione di significati di
un’industria musicale che, negli ultimi dieci anni, ha colonizzato
l’immaginario collettivo degli adolescenti con la più scialba e
conservatrice riproposizione di cliché da teen-band
anglosassone - dall’esperimento ante-litteram dei Gazosa di
www.mipiacitu passando per i Dari e i Finley.
L’ingegnerizzazione da trial and errors ci ha infine
consegnato il prodotto perfetto per la post-modernità social :
l’artista arrivato dalla strada e creato sraffianamente a mezzo di
pubblico - cioè dal pubblico, con il pubblico e per il pubblico. I
talent. Il trionfo di questo progetto
si è di recente
celebrato con il lancio di una suora senza particolare talento
musicale come modello per i teen-ager del XXI secolo.
«Sua Eminenza aspetti
un attimo
Si è preso l’attico
per stare più vicino a Dio
Mi sembra patetico ma
io non pontifico
Un occhio sul benefico
e l’altro sul bonifico»,
canta invece Fedez, e
questo è già un piccolo trauma per chi aveva fatto appena in tempo
a liberarsi dai canti anticlericali di De André. L’autonomismo
anarcoide, che decenni di programmazione culturale hanno cancellato
dalla scena, rientra dalla porta principale, compresa quella di
X-Factor, con Fedez - che viene dai centri sociali di Milano e in
maniera del tutto anacronistica canta
«nuovo piano
marketing per l’estrema destra:
Mussolini promuove un
nuovo detersivo per i capi neri,
dopo il lavaggio si
raccomanda di appenderli alla rovescia».
“Il Foglio” -
utilizzando l’armamentario più banale della critica alla sinistra
- lo attacca dicendo che «segue il mercato!», come se raccontare a
decenni affascinati dai suoi tatuaggi che
«la pubblicità ormai
mi trapana il cervello
è lei che decide cosa
metto nel carrello
la Marcuzzi vuol farmi
cagare con il bifidus
ma c’era già
riuscita bene col Grande Fratello»
non sia di per sé un
utilizzo foucauldiano della platea garantita dal mercato per
veicolare la decostruzione delle logiche sulle quali esso si
sorregge.
Gli adolescenti italiani
erano orfani di un’autorialità radicale in grado di parlare al
grande pubblico. Quelli che la cercavano trovavano ancora Guccini,
che racconta un mondo passato e sempre più difficile da capire.
Fedez è a volte confuso ma efficace, e non perde di autenticità
nonostante l’implicito patto faustiano su cui si basa il suo
successo:
«Siamo specchi che
non riflettono.
Prigionieri del
presente
in un paese senza
futuro.
O reagiamo o ci
ritroveremo
a cucire l’orlo del
baratro.»
Ed è questa possibilità
che spaventa Giuliano Ferrara.
“Pagina 99”, 8
novembre 2014
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