Cesare Pavese |
Piace pure alla vecchia distendersi al
sole
e allargare le braccia. La vampa
pesante
schiaccia il piccolo volto come
schiaccia la terra.
Delle cose che bruciano non rimane che
il sole.
L'uomo e il vino han tradito e consunto
quelle ossa
stese brune nell'abito, ma la terra
spaccata
ronza come una fiamma. Non occorre
parola
non occorre rimpianto. Torna il giorno
vibrante
che anche il corpo era giovane, più
rovente del sole.
Nel ricordo compaiono le grandi colline
vive e giovani come quel corpo, e lo
sguardo dell'uomo
e l'asprezza del vino ritornano ansioso
desiderio: una vampa guizzava nel
sangue
come il verde nell'erba. Per vigne e
sentieri
si fa carne il ricordo. La vecchia,
occhi chiusi,
gode immobile il cielo col suo corpo
d'allora.
Nella terra spaccata batte un cuore più
sano
come il petto robusto di un padre o di
un uomo:
vi si stringe la guancia aggrinzita.
Anche il padre,
anche l'uomo, son morti traditi. La
carne
si è consunta anche in quelli. Né il
calore dei fianchi
né l'asprezza del vino non li sveglia
mai più.
Per le vigne distese la voce del sole
aspra e dolce susurra nel diafano
incendio,
come l'aria tremasse. Trema l'erba
d'intorno.
L'erba è giovane come la vampa del
sole.
Sono giovani i morti nel vivace ricordo.
Sono giovani i morti nel vivace ricordo.
da Lavorare stanca in Poesie, Einaudi, 1961
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