Ho tratto dal sito della
“Biblioteca Gino Bianco” questo contributo storiografico su
Matteotti, utile anche per alcune attualissime implicazioni. (S.L.L)
Il soggiorno di Matteotti
a Londra durò appena quattro giorni, dal 22 aprile al 26 aprile
1924. La data della visita clandestina di Matteotti (che giunse in
Inghilterra senza passaporto) venne precisata alla Camera dei Comuni
in una risposta che il Ministro degli Interni laburista Arthur
Henderson diede ad una interpellanza parlamentare del 19 Giugno 1924.
A Londra Matteotti
incontrò numerosi dirigenti del Partito laburista, delle Trade
Unions e dell’Independent Labour Party e il 24 aprile, nel corso di
una riunione del Tuc Congress allargata all’esecutivo del partito
laburista, riferì sulla situazione italiana e sulla minaccia del
totalitarismo fascista.
Dagli scarsi documenti
custoditi presso l’Archivio del Labour party emerge tuttavia
chiaramente il messaggio che Matteotti voleva trasmettere ai
socialisti e all’opinione pubblica inglese. Il clima di
intimidazione e violenza creato dallo squadrismo fascista e
dall’apparato dello stato rendevano impossibile, soprattutto nel
Mezzogiorno d’Italia, l’esercizio dei diritti democratici e lo
svolgimento di elezioni libere. Anche i sindacati non potevano più
operare liberamente e il mondo imprenditoriale aveva già iniziato ad
introdurre delle discriminazioni su vasta scala contro quei
lavoratori che si opponevano al fascismo restando fedeli alla
Confederazione Sindacale del Lavoro.
Nelle conversazioni con i
laburisti, Matteotti cercò di mettere in evidenza quanto c’era di
più essenziale nella sua esperienza di dirigente politico e nella
crisi che aveva colpito il socialismo italiano: il superamento del
massimalismo; l’opposizione alle involuzioni corporative del
vecchio riformismo; il volontarismo contro il fatalismo e quindi la
rottura con la tradizione positivistica e deterministica del
socialismo italiano, il rifiuto, infine, dell’esperienza comunista
e del leninismo.
A Londra Matteotti cercò
anche di fare tradurre il suo famoso libro Un anno di dominazione
fascista, atto di accusa esemplare per ricchezza di dati e per
lucidità di analisi. Il libro venne infatti pubblicato in
Inghilterra nell’autunno del 1924 a cura dell’Independent Labour
party con il titolo The Fascists exposed; a year of Fascist
Domination. Nella prefazione, datata Settembre 1924, Oskar Pollan
scrisse: "Ricordo quel che Matteotti ci disse durante la sua
visita nel nostro paese. Stava parlando delle sofferenze che
colpivano in Italia gli operai e i lavoratori socialisti. Il peggio –
disse - è quello che neppure il più forte fra noi riesce a
sopportare: si tratta del fatto che da due anni a questa parte quando
lasci casa al mattino non sai se potrai farvi ritorno alla sera.
Disse questo con grande calma. E poco dopo Matteotti è tornato in
Italia, per morire”.
L’originale di un
appunto rinvenuto presso l’Archivio dell’Ilp rivela che a Londra
Matteotti trovò il tempo di occuparsi anche di uno dei temi che gli
stavano più a cuore: la difesa del Parlamento e della sua
insostituibile funzione legislativa e di controllo e lo scandalo dei
cosiddetti "decreti sporchi” sulle licenze per le bische e le
esplorazioni petrolifere di cui ha parlato nei giorni scorsi anche
Matteo Matteotti in un’intervista a Lucio Caracciolo ("La
Repubblica”, 7 Giugno 1984). In un editoriale del "New Leader”
(l’organo dell’Ilp) del 20 Giugno 1924, il leader del partito H.
N. Brailsford, dopo aver lodato il coraggio e l’integrità
intellettuale e morale di Giacomo Matteotti, stabiliva una
correlazione tra l’assassinio e la denuncia di Matteotti contro la
disciplina delle case da gioco che consentiva al Ministero
dell’Interno di fare aprire bische sotto il suo diretto controllo e
l’altra campagna condotta da Matteotti contro il decreto (per il
suo carattere oscuro e dannoso per gli interessi nazionali) che
affidava alla Sinclair Exploration Company il monopolio delle
ricerche petrolifere in Sicilia e nell’Emilia-Romagna.
Nel momento in cui in
Italia si discute di riforme istituzionali, di decisionismo e di
lungaggini parlamentari, le riflessioni e lo scambio di idee tra
Matteotti e i laburisti inglesi sui rapporti fra potere esecutivo e
legislativo sono particolarmente rilevanti. "Il governo fascista
- diceva Matteotti - intende che la Camera serva soltanto ad
approvare quello ch’esso fa, anzi ritiene che il Parlamento può
vivere solo a condizione di non mettersi mai contro il Governo. E
come i fascisti hanno dichiarato che il Governo è al di sopra del
responso elettorale, così esso si ritiene al di sopra di ogni voto
della Camera”. Matteotti negava inoltre che il Parlamento fosse
responsabile delle cosiddette leggine o del deficit della spesa
pubblica e indicava piuttosto la causa del disordine legislativo e
amministrativo "in tutta quella congerie di decreti spesso
contraddittori, confusi e mal fatti. Con i decreti legge - precisava
Matteotti - si era creata una situazione dove la burocrazia, gli
interessi costituiti e i gruppi plutocratici si sostituivano alla
preminente funzione legislativa del Parlamento. Del resto la
mentalità affaristica del regime - concluse Matteotti - era
dimostrata dalle vicende scandalistiche dei petroli e delle bische”.
La missione a Londra di
Matteotti lasciò considerevoli tracce e non rimase inascoltato il
suo appello per una più stretta collaborazione fra socialisti
italiani e laburisti inglesi. Il quotidiano laburista "Daily
Herald” del 16 Giugno 1924 scrisse: "Il compagno Matteotti,
segretario del Partito Socialista Unitario, era ben conosciuto in
Inghilterra. La sua recente visita qui a Londra, sfidando le autorità
fasciste che hanno cercato di impedirla, non è certamente piaciuta a
Mussolini. Negli incontri e colloqui che Matteotti aveva avuto a
Londra, in particolare con A. A. Purcell, presidente del General
Council of British Trade Unions Congress e con C.T Cramp presidente
dell’Esecutivo laburista, ci avevano colpito il buon senso e la
moderazione della sua analisi, il rigore e la conoscenza dei problemi
finanziari, l’integrità morale della sua personalità, il
coraggio e il suo grande senso della giustizia”.
La leggenda e
l’insegnamento di Giacomo Matteotti trovarono espressione nel
"Worker’s International Matteotti Committee”
presieduto da Sylvia Pankhurst, un’iniziativa che segnò
l’esperienza internazionalista negli anni Trenta e Quaranta del
laburismo, dalle battaglie contro il fascismo inglese di Oswald
Mosley, alla guerra civile spagnola e poi al secondo conflitto
mondiale.
A mantenere vivo il mito
di Matteotti contribuirono anche i fuorusciti italiani in Inghilterra
(tra gli altri Piero Sraffa, Renato e Paolo Treves, Arnaldo
Momigliano) e in primo luogo Gaetano Salvemini che nel 1925 si
stabilì per qualche anno in Inghilterra.
Gaetano Salvemini, che
sin dall’agosto del 1925 aveva trafugato fuori dall’Italia una
copia della requisitoria del Pubblico Ministero nell’inchiesta del
Senato sulle accuse mosse da Giuseppe Donati contro il direttore
generale della pubblica sicurezza generale Del Bono, riuscì ad
ottenere nel 1926 da G. E. Modigliani e Umberto Zanotti-Bianco la
copia dell’istruttoria del processo Matteotti promosso dalla Corte
d’Appello di Roma. Dopo averli utilizzati per il suo libro The
Fascist Dictatorship pubblicato a Londra nel 1928, Salvemini
depositò quei documenti presso la biblioteca della London School of
Economico dove sono ancora oggi a disposizione degli studiosi.
Tratto da Giacomo
Matteotti a sessant'anni dalla morte, atti del Convegno di studi
organizzato dalla Fondazione Giacomo Matteotti e dal Circolo Ignazio
Silone di Rovigo, Rovigo, 9 giugno 1984.
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