Costantino Kavafis |
Era volgare e squallida
la stanza,
nascosta sull'equivoca
taverna.
Dalla finestra si
scorgeva il vicolo,
angusto e lercio. Di là
sotto voci
salivano, frastuono
d'operai
che giocavano a carte:
erano allegri.
E là, sul vile,
miserabile giaciglio,
ebbi il corpo d'amore,
ebbi la bocca
voluttuosa, la rosata
bocca
di tale ebbrezza, ch'io
mi sento ancora,
mentre che scrivo (dopo
sì gran tempo!),
nella casa solinga
inebriare.
Da 53 Poesie,
Mondadori, 1996 – traduzione Filippo Maria Pontani
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