27.8.16

Placido Rizzotto. Un delitto politico (Pio La Torre)

Si celebrò a distanza di più di sessant’anni, il 24 maggio 2012, e con il massimo di solennità, il funerale a Placido Rizzotto, il sindacalista socialista ucciso dalla mafia a Corleone nel 1948, di cui non era stato ritrovato il cadavere; e tuttavia in quell'occasione certe partecipazioni e certe omissioni oscurarono il significato del delitto riducendolo a cronaca nera, locale. C’è tuttavia qualche documento ufficiale che aiuta a capirne di più, a non cadere nella trappola, a non accettare la favoletta degli uomini con la coppola cattivi e spietati che ammazzano il buon sindacalista che li contrasta e li denuncia alle autorità.
Nell’edizione dell’Assemblea regionale siciliana dei discorsi parlamentari di Pio La Torre è stata inserita la Relazione di minoranza presentata alla Commissione parlamentare antimafia, che porta la firma di La Torre e di altri parlamentari comunisti, tra i quali non mancano nomi di prestigio (Chiaromonte, per esempio). Il brano che qui riporto fa luce sul contesto e sui moventi dell’assassinio di Rizzotto ed è da ricondurre alla responsabilità preminente di Pio La Torre, anche perché dei fatti di cui si ragiona il sindacalista e uomo politico siciliano ucciso dalla mafia nel 1982 era stato partecipe in prima persona e con un ruolo importante. Egli fu, tra l’altro, chiamato dalla Cgil a sostituire Placido Rizzotto alla guida della Camera del Lavoro di Corleone.
Dall’analisi di La Torre viene fuori, con perfetta evidenza, come gli omicidi mafiosi del 47-48 e quello di Rizzotto in particolare fossero anche (e forse soprattutto) delitti politici di rilevanza nazionale, così come politici furono i depistaggi e gli insabbiamenti nelle indagini e nei processi, che decretarono l’impunità per gli assassini. (S.L.L.)

Mentre lo Statuto preparato dalla Consulta regionale era stato il frutto di una intesa fra i grandi partiti antifascisti che erano allora nel Governo nazionale, dopo la strage di Portella si formò un governo regionale minoritario democristiano con l'appoggio della destra monarchico-liberale-qualunquista.
La Democrazia cristiana, dopo Portella, cedette al ricatto del blocco agrario e anticipò in Sicilia la rottura dell'alleanza fra i grandi partiti di massa, che qualche settimana dopo si ripetè anche a livello nazionale. L'impianto della Regione siciliana venne attuato in quel clima e con quello schieramento che preparò in Sicilia le elezioni del 18 aprile 1948. Nel corso di quella campagna elettorale furono compiuti alcuni dei più efferati delitti di mafia contro esponenti del movimento contadino siciliano. Vogliamo ricordare in modo particolare tre episodi: Placido Rizzotto a Corleone, Epifanio Li Puma a Petralia, Cangelosi a Camporeale, dirigenti contadini di queste tre zone fondamentali nella provincia di Palermo e socialisti. Perché tre socialisti? Gli assassini si susseguirono a distanza di pochi giorni. Vi era stata la scissione socialdemocratica e il movimento contadino in Sicilia restava, invece, unito; occorreva, dunque, dare un colpo al movimenti e da parte della mafia si sviluppò una campagna di intimidazioni verso i dirigenti socialisti. L'assassinio dei tre fu un fatto simbolico; non a caso a difendere Liggio nel processo per l'assassinio di Rizzotto fu l'avvocato Rocco Gullo, allora massimo esponente della socialdemocrazia palermitana.  

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