Si celebrò a distanza di
più di sessant’anni, il 24 maggio 2012, e con il massimo di
solennità, il funerale a Placido Rizzotto, il sindacalista
socialista ucciso dalla mafia a Corleone nel 1948, di cui non era
stato ritrovato il cadavere; e tuttavia in quell'occasione certe
partecipazioni e certe omissioni oscurarono il significato del
delitto riducendolo a cronaca nera, locale. C’è tuttavia qualche
documento ufficiale che aiuta a capirne di più, a non cadere nella
trappola, a non accettare la favoletta degli uomini con la coppola
cattivi e spietati che ammazzano il buon sindacalista che li
contrasta e li denuncia alle autorità.
Nell’edizione
dell’Assemblea regionale siciliana dei discorsi parlamentari di Pio
La Torre è stata inserita la Relazione di minoranza presentata
alla Commissione parlamentare antimafia, che porta la firma di La
Torre e di altri parlamentari comunisti, tra i quali non mancano nomi
di prestigio (Chiaromonte, per esempio). Il brano che qui riporto fa
luce sul contesto e sui moventi dell’assassinio di Rizzotto ed è
da ricondurre alla responsabilità preminente di Pio La Torre, anche
perché dei fatti di cui si ragiona il sindacalista e uomo politico
siciliano ucciso dalla mafia nel 1982 era stato partecipe in prima
persona e con un ruolo importante. Egli fu, tra l’altro, chiamato
dalla Cgil a sostituire Placido Rizzotto alla guida della Camera del
Lavoro di Corleone.
Dall’analisi di La
Torre viene fuori, con perfetta evidenza, come gli omicidi mafiosi
del 47-48 e quello di Rizzotto in particolare fossero anche (e forse
soprattutto) delitti politici di rilevanza nazionale, così come
politici furono i depistaggi e gli insabbiamenti nelle indagini e nei
processi, che decretarono l’impunità per gli assassini. (S.L.L.)
Mentre lo Statuto
preparato dalla Consulta regionale era stato il frutto di una intesa
fra i grandi partiti antifascisti che erano allora nel Governo
nazionale, dopo la strage di Portella si formò un governo regionale
minoritario democristiano con l'appoggio della destra
monarchico-liberale-qualunquista.
La Democrazia cristiana, dopo Portella, cedette al ricatto del blocco agrario e anticipò in Sicilia la rottura dell'alleanza fra i grandi partiti di massa, che qualche settimana dopo si ripetè anche a livello nazionale. L'impianto della Regione siciliana venne attuato in quel clima e con quello schieramento che preparò in Sicilia le elezioni del 18 aprile 1948. Nel corso di quella campagna elettorale furono compiuti alcuni dei più efferati delitti di mafia contro esponenti del movimento contadino siciliano. Vogliamo ricordare in modo particolare tre episodi: Placido Rizzotto a Corleone, Epifanio Li Puma a Petralia, Cangelosi a Camporeale, dirigenti contadini di queste tre zone fondamentali nella provincia di Palermo e socialisti. Perché tre socialisti? Gli assassini si susseguirono a distanza di pochi giorni. Vi era stata la scissione socialdemocratica e il movimento contadino in Sicilia restava, invece, unito; occorreva, dunque, dare un colpo al movimenti e da parte della mafia si sviluppò una campagna di intimidazioni verso i dirigenti socialisti. L'assassinio dei tre fu un fatto simbolico; non a caso a difendere Liggio nel processo per l'assassinio di Rizzotto fu l'avvocato Rocco Gullo, allora massimo esponente della socialdemocrazia palermitana.
La Democrazia cristiana, dopo Portella, cedette al ricatto del blocco agrario e anticipò in Sicilia la rottura dell'alleanza fra i grandi partiti di massa, che qualche settimana dopo si ripetè anche a livello nazionale. L'impianto della Regione siciliana venne attuato in quel clima e con quello schieramento che preparò in Sicilia le elezioni del 18 aprile 1948. Nel corso di quella campagna elettorale furono compiuti alcuni dei più efferati delitti di mafia contro esponenti del movimento contadino siciliano. Vogliamo ricordare in modo particolare tre episodi: Placido Rizzotto a Corleone, Epifanio Li Puma a Petralia, Cangelosi a Camporeale, dirigenti contadini di queste tre zone fondamentali nella provincia di Palermo e socialisti. Perché tre socialisti? Gli assassini si susseguirono a distanza di pochi giorni. Vi era stata la scissione socialdemocratica e il movimento contadino in Sicilia restava, invece, unito; occorreva, dunque, dare un colpo al movimenti e da parte della mafia si sviluppò una campagna di intimidazioni verso i dirigenti socialisti. L'assassinio dei tre fu un fatto simbolico; non a caso a difendere Liggio nel processo per l'assassinio di Rizzotto fu l'avvocato Rocco Gullo, allora massimo esponente della socialdemocrazia palermitana.
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