30.8.16

Terremoti ieri, terremoti oggi. Uno scritto di Ferdinando Galliani, 1783.

Nel 1783 la Calabria conobbe grandi distruzioni per effetto di un forte terremoto. L'abbé Ferdinando Galiani, uomo di mondo, amico degli enciclopedisti, autore di uno spregiudicato dialogo sulle donne e di un trattato sui grani, si dovette occupare professionalmente della ricostruzione della Calabria. Inviava  dei “pareri” al Sovrano, che probabilmente costui leggeva poco e male, cosa di cui  sembra convinto lo stesso abate a dar credito ad alcune sue lettere. Il testo che segue, pubblicato per la prima volta da Rosario Villari sulla rivista “Cronache meridionali”, venne ripreso dal quotidiano “il manifesto” nel dicembre 1980, dopo il terremoto dell'Irpinia. (S.L.L.)

La calamità della Calabria è stata tale, e tanto distruttiva, che offre il campo a poter spaziosamente formare un nuovo sistema di cose rispetto ad essa. Bisogna adunque profittare del momento per formare un Piano generale del suo ristoramento da eseguirsi di passo in passo. Tre sono i mali grandi della Calabria ulteriore:
1) La prepotenza de' Baroni.
2) La soverchia ricchezza delle mani morte.
3) La sporchezza, la miseria, la salvatichezza, la ferocia di quelle città, e di que' popoli. (…)
È da aversi riguardo, che le persone ricche, quali sono alcuni Baroni delle Calabrie, potrebbero profittare dell'attuale ruina de' luoghi per ingrandirsi comprando a villssimo prezzo i terreni, e le case dirute, e facendo censi perpetui. Su questo non bisogna far legge ora per non raffreddare la somministrazione del denaro che la umana avidità de' ricchi con stimolo maggiore di quello della cristiana carità si porterà a fare verso i disgraziati. Ma col tempo, se si scorgesse esservi stato eccesso in tal cosa, come è credibile, vi si rimedierà con una legge, che dichiarerà, che tutte le censuazioni fatte dopo il terremoto, ancorché fossero dette enfiteutiche, e perpetue, siano redimibili colla prestazione del capitale a ragione del 5 per 100: che inoltre tutte le vendite siano riguardate come semplici contratti di mutuo colla dazione in tenuta del corpo, che si è mostrato aver venduto, cosicché possa ritirarsi il corpo venduto restituendo il prezzo della vendita, e pagando le migliorazioni; ma elapsi i trent'anni, ciò non possa più aver luogo. Forse avverrà che non ivi sia bisogno di far siffatte leggi, perché quando non ne sia seguito un eccessivo ingrandimento de' potenti non vi sarà male per lo Stato di quella mutazion di condizione, che tra privati e privati si vegga avvenuta. Per rimediare alla eccessiva ricchezza delle mani morte, il tremuoto avvenuto offre molte opportunità. Primieramente è cosa troppo ragionevole, che si vieti assolutamente il poter riedificare Chiese, Cappelle, Conventi se prima non son rifatte le case de' privati, e soprattutto i molini, i trappeti, i magazzini, le cisterne, gli acquedotti, le locande, le stanze da situar i vermi da seta, e quanto riguarda il raccogliere, e conservare i frutti della campagna, che sono la sola, e vera ricchezza dell'uomo. Se questa legge non si fa, e non si tiene conto alla rigorosa osservanza della ricostruzione de' luoghi sagri, mancheranno al privati o gli operai, o la calce, i conduttori delle pietre, i mattoni, le tegole, i falegnami, e quanto bisogna alla ricostruzione. Secondariamente si potrebbe coglier questa occasione per ripigliarsi il Re tutto il feudale della Certosa di S. Stefano, sgravando a misura del prodotto di esso, ciocché l'ordine Certosino paga alla Real Marina. Lo stesso si potrebbe fare a Soriano, e a qualche o ricca mensa vescovile, o ricca, ed inutile Badia. Per terzo essendovi de' Feudi in Calabria appartenenti alla Religion di Malta come è Melicuccà si potrebbe far sentire al Gran Maestro, che o la Religione pensi a far riedificar subito que' suoi Feudi, o il Re se ne incaricherà esso, e gli dichiarerà devoluti, e ritornati alla Corona. Con questa intimazione saranno sicuramente i primi ad essere riedificati. Finalmente siccome niuna Chiesa, né convento potrà esser riedificato senza espresso Real beneplacito sta in arbitrio di S.M. farne quella riforma, che stimerà conveniente al bene di quella provincia, non concedendo le licenze se non se in seguela d'un piano generale di riforma, che siasi antecedentemente formato.
Per rispetto all'infelicità, e sporchezza delle città Calabre voglio avvertire una cosa essenziale, ed è questa, che la nuova strada intrapresa farsi in Calabria riusciva assai più lunga malagevole, e dispendiosa, perché si dovea torcer dal dritto cammino, e dalle terre piane per condurla, e farla passare per i luochi principali. Oggi che questi luoghi sono in tutto atterrati, pare che prima di tutto si dovrebbe fare il disegno del sito per dove deve passare la gran strada regia, acciocché sia la più breve, ed agevole, ed incontri i giusti guadi de' fiumi, eviti le scoscese etc.. Quando il sito della strada sia disegnato, si trasporteranno i paesi, e si metteranno o sulla strada stessa, o molto vicini, affinchè ne godano il vantaggio.
Dovrà farsi legge, che non possa alterarsi il prezzo de' terreni da' proprietari, quando chi lo compra o lo censua faccia ciò per edificare ne' luoghi, che dagli ingegnieri visitatori sia stato destinato...

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