In quanto a dittature di classe quella
franchista è di una coerenza perfetta. Il fascismo di casa nostra
aveva dei cedimenti demagogici: faceva qualche scuola, migliorava le
condizioni degli insegnanti, tentava qualche riforma, formulava
propositi contro il latifondo. In Spagna niente di tutto questo. Le
ultime scuole, a Madrid, le ha fatte costruire la Repubblica; quelle
venute su in questi anni sono scuole confessionali, cattoliche, che
non tutti possono pagarsi e che non basterebbero in ogni caso a
contenere tutta la popolazione scolastica che resta fuori dalle
scuole statali. Lo stipendio di un maestro delle elementari è di
circa tremila pesetas, vale a dire trentamila lire: e non è
poi vero che la vita in Spagna sia meno cara che in Italia. In pieno
boom ci sono paesi con due cinematografi e nessuna scuola: chi
può, va a imparare a leggere, scrivere e far di conto da uno che
appena conosce le cose che insegna, e pagando un “duro”,cioè
cinquanta lire, ogni sera. Esattamente come cent’anni fa al mio
paese: sorgeva uno splendido teatro comunale, ma i ragazzi andavano a
scuola serale da un prete.
Perché in Spagna c’è il boom, un
boom all’italiana: un qualcosa di simile a quello edilizio di
Agrigento, che si sa come è andato a finire. E vien fatto di pensare
che in fondo una dittatura di tipo fascista è qualcosa di molto
simile a una cattiva democrazia, e che non abbiano poi fatto una gran
strada. Un fascismo scaltro può avere il suo miracolo economico né
più né meno che una democrazia di un certo tipo. E i miracolati
sono in ogni caso di uguale estrazione: padri, figli, nipoti e
mezzani del regime.
“L’Ora”, 21 agosto 1966
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