Maria Occhipinti davanti al Quirinale nel Capodanno del 1980 |
A quasi 60 anni dalla sua
prima pubblicazione per i tipi di Luciano Landi editore di Firenze,
esce ora, nella collana Storia/interventi di Sicilia Punto L,
l'autobiografia di Maria Occhipinti Una donna di Ragusa
(Ragusa, 2016, pp. 168, € 10,00).
È stato un gesto,
compiuto il 6 gennaio del 1945, a segnare per sempre la vita di
questa donna del profondissimo Sud e, in un certo senso, anche la
storia della comunità ragusana. Aveva 23 anni, era già sposata e
incinta per la seconda volta (la prima bimba le era morta appena nata
a causa degli stenti e della fame del periodo bellico), quando si
stese davanti alle ruote del camion con cui l'esercito stava
rastrellando i giovani ragusani, dopo il fallimento del richiamo alle
armi per ricostruire un esercito che avrebbe dovuto schierarsi a
fianco degli “Alleati americani” per liberare il Centro e il Nord
dai tedeschi.
I soldati reagirono a
quel gesto sparando sulla folla; ci fu un primo morto. Chi assistette
alla scena andò a manifestare la propria gratitudine a Maria, che,
senza saperlo, era stata la scintilla di una insurrezione contro la
guerra passata alla storia come rivolta del “Non si parte”.
Centinaia di cittadini
protagonisti di questi moti popolari spontanei estesi in tutta
l'isola e in parecchie località dell'Italia “liberata”,
finiranno in carcere e al confino; anche Maria sarà deportata
all'isola di Ustica, dove nascerà la sua bambina che chiamerà - da
fervente comunista qual era - Maria Lenina. Trasferita
successivamente al carcere femminile delle Benedettine di Palermo,
verrà liberata solo alla fine del 1946, dopo quasi due anni
dall'arresto e a sei mesi dall'amnistia di Togliatti, che aveva
permesso a quasi tutti i ribelli di tornare a casa. Tutti, tranne
due: Franco Leggio e Maria Occipiti, trattenuti per i loro
atteggiamenti intransigenti durante la carcerazione. Rimarrà
schedata e bollata a vita come sovversiva.
Il ritorno a Ragusa, a 25
anni, la porta a riconsiderare le sue posizioni politiche, e, se
prima della rivolta era iscritta alla Camera del Lavoro e al Partito
Comunista, scandalizzando ill padre, il marito e gli uomini del
vicinato per la sua attività con le donne del quartiere contro il
carovita e il mancato pagamento dei sussidi alle famiglie con uomini
sotto le armi, adesso non poteva restare in un partito che aveva
tacciato l'insurrezione come un “rigurgito fascista e separatista”.
Tra l'altro, i suoi
concittadini, per la grettezza e la chiusura mentale del periodo, non
riusciranno ad accettare questa donna coraggiosa, troppo lontana dai
canoni della figura femminile subordinata al maschio.
Entra, quindi, a far
parte del gruppo anarchico, abbracciando un ideale che manterrà e
sosterrà per tutta la vita. Gli anarchici, che hanno sempre
rivendicato le sommosse del “Non si parte” - di cui sono stati
diretti protagonisti - riconosceranno in lei l'eroina dei moti del 6
gennaio 1945.
Il libro, 60 anni dopo la
sua prima pubblicazione, risulta ancora di enorme interesse; è un
documento storico sulla condizione delle donne nella Ragusa degli
anni venti-trenta e quaranta, e, più in generale, su quella delle
classi subalterne; Maria riesce a rappresentare la fame di giustizia
e di uguaglianza che attanagliava gli animi del popolo e in
particolare delle donne. La sua forza di volontà la porterà a
scrivere la sua storia nei primi anni cinquanta.
“Angarano non volle
scrivere il mio libro, però mi capì, mi rivelò a me stessa e mi
incitò a scrivere, sicuro che il mio raccontare spontaneo, di
popolana schietta, sarebbe stato più interessante. Ascoltai il suo
consiglio: mi misi al lavoro”.
Così una pagina di
storia che rischiava di rimanere sconosciuta o mal compresa nella sua
essenza, è potuta rivivere e ha fatto fiorire interessi, studi e
ricerche grazie a cui oggi quegli avvenimenti sono visti da
tutt'altra ottica che non quella tramandataci dalla storiografia
comunista.
Nel libro descrive la sua
infanzia e la sua adolescenza come periodi vissuti senza amore, senza
cultura, senza carezze e senza musica e poesia; grazie alla sua
curiosità e alla sua passione riuscirà, invece, a dare uno sbocco
alla sua fame di conoscenza infinita, che la porterà a girare il
mondo e a coglierne tutti gli aspetti esistenti. A questo periodo
dedica un altro importante testo autobiografico: Una donna libera
(Sellerio), continuazione del primo.
Chi ha conosciuto Maria
sa che la sua ricerca è durata tutta la vita; e che quelli sono
stati per lei “anni di incessante logorio” (come si è voluta
intitolare la raccolta dei suoi pensieri poetici, edita nel marzo
scorso sempre da Sicilia Punto L).
Maria Occhipinti è
stata, è e sarà sempre il simbolo di un'epopea femminile lanciata
alla conquista del proprio io e della propria storia, esempio fulgido
da seguire per l'affermazione dell'autodeterminazione della donna,
più che mai necessaria in questi tempi bui.
A- Rivista Anarchica
n.412 dicembre 2016 gennaio 2017
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