8.1.17

Altro che Asterix! Una mostra capovolge l'immagine convenzionale dei Galli (Alberto Mattioli)

Il Gallo più famoso del mondo, inteso come guerriero celta della Gallia e non come marito della gallina, è anche il più falso. La notizia è terribile ma confermata: Asterix non è un Gallo doc. Perchè i Galli non erano irsuti, non celebravano strani riti sanguinosi nel fondo delle loro selve, non portavano caschi con le ali, non erano particolarmente attaccabrighe e non si abboffavano di cinghiali. E qui casca anche Obelix, e non nel pentolone della pozione magica. È quanto risulta dalla mostra «Gaulois, une exposition renversante» alla Cité des Sciences di Parigi fino al 2 settembre.
Fin dal logo, con il gallo a testa in giù e gambe all'aria, la mostra parigina ribalta l'immagine tradizionale dei Galli che poi, per tutti, è appunto quella di Asterix & soci. E, appoggiandosi agli ultimi vent'anni di scavi, riabilita una civiltà che non era affatto più «arretrata» di quella dei suoi conquistatori romani, ma passa per tale perché furono questi ultimi a descriverla con il disegno del colonizzatore. Anzi, come scrive Libération in un rigurgito di sciovinismo postumo, della guerra che fu fatale ai Galli «un commentatore celebre ci ha dato una versione di propaganda», anche se, aggiungiamo giusto per dare a Cesare quel che è di Cesare, scritta benissimo.
La sfortuna storica dei Galli dipende proprio dal fatto che, benchéconoscessero la scrittura, non la usavano. I druidi preferivano trasmettere per via orale il loro sapere, che così, con buona pace dei neodruidi new age, si è perso per sempre. Ma l'archeologia racconta di un popolo evoluto. I Galli erano agricoltori, allevatori (specie di maiali, altro che cinghiali), commercianti, costruttori. E ottimi artigiani, come confermano i vari «tesori» ritrovati qua e là per la Francia, sepolture piene di raffinatissimi caschi con paraorecchie mobili a lungo scambiati per ali e di trombe bronzee, i carnyx, come quella celebre scavata a Tintignac. Erano degli assi della metallurgia, come scoprirono a loro spese i legionari. Tanto erano pregiate le loro armi che le esportavano in Italia in cambio di vino, che preferivano alla birra: selvaggi forse, stupidi certamente no. Lo bevevano puro, non allungato come i Romani. Forse per questo, prima della conquista ne importarono, secondo calcoli un po' avventurosi, cento milioni di anfore. Erano anche mercanti scafati e metà delle strade francesi di oggi seguono il percorso di quelle galliche dell'altro ieri.
Però la mostra non racconta solo com'erano davvero i Galli, ma anche come sono stati raffigurati (e usati) dai vari regimi francesi. Per l'Ancien, non esistevano: meglio ricollegare le origini dell'aristocrazia agli eroi mitologici oppure ai conquistatori franchi. È la Rivoluzione che li riscopre come antenati «popolari», già sul suolo della patria prima degli odiati nobili. «Nos ancetres les Gaulois», appunto, frase simbolo dell'immagine d'Epinal che l'Ottocento impone a questi antenati opportunamente «modulabili» e manipolabili perché, in effetti, se ne sapeva poco. A impossessarsi del mito provvedono gli artisti, ed é tutto un fiorire di impressionanti quadroni pompier con titoli tipo I romani passano sotto il giogo (Charles Gleyre, 1858), Vercingetorige chiama i Galli alla difesa d'Alesia (Francois Emile Ehrmann, 1869), Brenno e il suo bottino (Paul Joseph Jamin, 1893), Vercingetorige getta le armi ai piedi di Cesare (Lionel Noel Royer, 1899), esaltazioni del coraggio e dell'onore gallico davanti al romano invasore o, nel caso di Brenno, invaso.
Ogni regime arruola i Galli. Napoleone III ha per loro una vera passione e ad Alesia, che però forse non è l'Alesia della battaglia (su Alesia, dopo fiumi di sangue, sono scorsi fiumi d'inchiostro), fa erigere una statua alta 13 metri di Vercingetorige che assomiglia stranamente all'Empereur. Ma poi i francesi sono battuti dai prussiani e, nelle scuole della Terza Repubblica dove si prepara la revanche sull'odiato tedesco, viene inventato il Gallo superpatriota, vinto ma non domo.
L'ultimo a marciarci sarà Vichy per la sua fascistissima Légion francaise, pubblicizzata da un manifesto con un Gallo dalle corna (dell'elmo) all'insù e le trecce all'ingiù, tipo Heidi. Pero' già incombe la pubblicità, e il Gallo serve a vendere di tutto, dal camembert alle sigarette, le mitiche Gauloises ancora con l'elmo falsamente alato sul pacchetto. Finché, nel '76, Black Hebdo, «il giornale del mondo nero», spiazza tutti piazzando un bimbo di colore sotto un casco gallico e lo slogan: «Se tutti i francesi avessero gli stessi antenati, farebbero le stesse letture». La Quinta Repubblica, per fortuna, di revanscismi non ne ha. Però, si capisce, l'idea di rivendicare il valore di una civiltà autoctona, «francese» ante litteram, non dispiace. Che è poi una delle ragioni perché tuttora Asterix per i francesi resta, benché sia un falso Gallo, un vero eroe.


La Stampa, 28 dicembre 2012

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