«Mi sembra di essere più
a sinistra di lei, Mr Stalin; sono più convinto di lei che il
vecchio sistema sia vicino alla fine». L’uomo che pronunciò
queste parole a Mosca nel 1934 era un socialista anglosassone di
stampo ottocentesco, un uomo troppo moderato per credere alla
rivoluzione armata, strenuo sostenitore dell’uguaglianza sociale e
delle libertà individuali. Era Herbert George Wells, autore de La
Guerra dei mondi e di romanzi visionari che hanno segnato la
storia della fantascienza, di pamphlet, saggi, articoli di giornali e
interviste.
La più celebre e
criticata, quella al leader sovietico, è stata ripubblicata dalla
Nuova Editrice Berti come appendice di un libro, Russia
nell’ombra, che raccoglie le pagine di viaggio dello scrittore,
finora inedite in Italia. Viaggio che fece quattordici anni prima,
nel 1920, a tre anni dalla Rivoluzione di Ottobre. Insieme al figlio
è ospite dell’amico Maksim Gorkij a San Pietroburgo e poi a Mosca,
dove incontra Lenin. Seguirlo nell’esplorazione della nuova Russia
comunista è una esperienza affascinante. Il suo sguardo, lucido e
attento, fotografa un paese devastato dagli anni di guerra e dal
blocco economico imposto dagli stati occidentali: «L’impressione
prevalente è che sia in corso in tutta la nazione un vasto,
irreparabile sfacelo». Ma a differenza della stampa britannica,
Wells sostiene che non sia stato il comunismo, ma il capitalismo «a
trascinare questo immenso, scricchiolante impero alla bancarotta e in
sei anni di estenuante guerra». Il viaggio in Russia oltre a
lasciargli in eredità un’aperta ostilità nei confronti di Marx,
lo convince del fatto che il governo dei Soviet sia «allo stesso
tempo il più temerario e il più inesperto che ci sia al mondo». I
bolscevichi, pur con tutti i difetti e le colpe — innanzitutto la
pretesa di una divisione netta tra capitalisti e proletari che
esclude l’esistenza di una classe media — sono secondo lui
l’unica ancora di salvezza per la Russia.
L’incontro con Lenin lo
riempie di speranze, quello con Stalin lo costringe a misurare la
distanza tra la sua visione del mondo e la realtà.
Nel 1934 torna a Mosca
convinto che possa esistere una via praticabile e alternativa al new
deal e al piano quinquennale, spera in una collaborazione
sovranazionale e invece si scontra con un leader, i cui crimini non
sono ancora noti, che sostiene il radicale «antagonismo tra due
mondi». Le sue aspettative finiscono ben presto travolte dalla
Storia. Scrive Cecilia Mutti nella nota biografica: «La modernità
era arrivata, ed era anche peggio dei futuri distopici che aveva
immaginato nei suoi libri. Con la seconda guerra mondiale Wells perde
ogni speranza in un futuro migliore».
la Repubblica 12 novembre
2016
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