Onassis prima delle storie d'amore più celebrate, con la Callas e la vedova Kennedy, ma già passato attraverso un interessante matrimonio (con la figlia dell'altro grande armatore greco, Livanos) e soprattutto sistematicamente al centro di grandissimi affari. Un articolo da "l'Unità" del 54 che parte da alcuni dati di cronaca del tempo, per costruire un intrigante ritratto dello spregiudicato affarista. (S.L.L.)
Uno tra gli uomini
più ricchi del mondo — La controversia con gli Stati Uniti e
quella col Perù — Affari d'oro durante la guerra —- Come si è
impadronito del famoso Casinò
Aristotele Onassis, uno
degli uomini più ricchi del mondo, il padrone del Casino di
Montecarlo, il vero sovrano del Principato di Monaco, è in mezzo ai
guai. Un guaio lo sta passando negli Stati Uniti, un guaio in Perù.
Negli Stati Uniti il governo ha iniziato un procedimento in virtù
del quale chiede all'armatore Onassis di pagare venti milioni di
dollari per avere acquistato fraudolentementc sedici navi mercantili
considerate residuati di guerra, sebbene queste navi (oggi
sequestrate nei porti statunitensi) non potessero essere vendute che
a cittadini americani. In Perù la sua flotta baleniera è stata
sequestrata dal governo del generale Odria, per aver quelle navi
violato le acque territoriali il cui limite le autorità peruviane
avevano esteso da cinque a ben trecentoquaranta chilometri. Onassis
però non si scompone. Tutto gli è sempre andato bene. Greco di
origine ma cittadino argentino, Onassis cominciò dal nulla: egli
stesso racconta di essere scappato nel 1912 da Smirne mentre i turchi
incendiavano e radevano al suolo la città. Aveva sedici anni allora
ed era solo. I suoi parenti erano morti nel disastro.
Il ragazzo possedeva
tuttavia abbastanza denaro per trasferirsi in Argentina: divenne
fattorino di una società telefonica, poi si impiegò in una casa di
importazioni e qui s'accorse di essere nato uomo d'affari. In sette
anni mise in banca qualcosa come 180 mila dollari e a 24 anni divenne
console greco in Argentina.
Pochi anni più tardi fu
in grado di comperare in Canada sei petroliere a prezzo di
liquidarionc. In quel periodo — intorno al 1930 — le cose non
andavano troppo bene per gli armatori: metà della flotta mercantile
mondiale era ferma nei porti. paralizzata dalla crisi.
Onassis fece navigare i
suoi bastimenti, cercando di rimettcrci il meno possibile; poi,
quando, verso il 1935, la crisi passò, quelle sei vecchie petroliere
valevano dieci volte il prezzo al quale egli le aveva comperate.
Nel 1936 acquistò
un'altra nave, la prima unità della sua seconda flotta. Al momento
del conflitto Aristotele Onassis si presentò spontaneamente al
Pentagono, e offrì ai governi alleati di noleggiare le sue navi.
Certo c'erano dei rischi, ma il pericolo era compensato dall'alto
nolo.
Petrolio e balene
Ebbe anche fortuna,
perchè i sottomarini tedeschi non gli inflissero molte perdite. Alla
fine della guerra ordinò sei petroliere da 28 mila tonnellate,
pagando in contanti la bella cifra di 34 milioni di dollari. L'anno
scorso i cantieri americani e norvegesi impostarono altre ventitre
petroliere per la flotta mercantile di Aristotele Onassis.
Contemporaneamente, ad Amburgo, una gigantesca petroliera da 45.000
tonnellate scendeva in mare per unirsi alle unità della sua flotta.
Quattro anni fa Onassis
impiegò altri milioni di dollari per costruire una terza flotta:
quella destinata alla pesca delle balene: sedici baleniere da 1000
tonnellate e una nave-officina a bordo della quale i giganteschi
cetacei vengono scuoiati e sezionati e dove si procede al
raffinamento dell'olio di ba-lena. Una petroliera segue sempre questa
flotta per i rifornimenti Con le navi che gli saranno consegnate nel
corso dell'anno. Aristotele Onassis sarà proprietario di un milione
e 250 mila tonnellate di naviglio. tra petroliere e baleniere.
Di tutte le sue attività
quella che sembra piacergli di più è proprio la pesca delle balene.
Egli è orgoglioso della sua flotta supermoderna. munita di
elicotteri per individuare i cetacei, di radar per evitare gli
icebergs. Ma la caccia alle balene gli piace sopratutto per mi altro
motivo: perchè è l'affare commerciale più lucroso, anche se
comporta notevoli rischi.
È un gigantesco gioco
d'azzardo. «Spendete 5000 dollari al giorno per sei mesi di seguito»
raccontò ad un amico Onassis «per pescare balene. E anche quando
siete riusciti a catturarle non avete vinto che la prima mano, perché
nessuno può sapere quale sarà, nell'annata, il prezzo dell'olio di
balena sul mercato».
Onassis, giocatore
d'azzardo, non si è mai avvicinato ad un tavolo da gioco. Anche per
questo i suoi amici, gli armatori suoi concorrenti, quando egli
acquistò il Casinò di Montecarlo, pensarono fosse improvvisamente
impazzito.
Fu il colpo più
clamoroso della sua vita di avventuriero. Egli non fece saltare il
banco di Montecarlo, ma divenne proprietario di ogni banco del
Casinò. E tutto, all'apparenza, per una ripicca: tutto perchà la
«Societé des bains de mer», allora proprietaria del Casinò e di
molti edifici turistici del Principato, aveva deciso di non cedergli
in affitto i locali del suo Sporting Club.
Le tasse di Monaco
Al rifiuto Onassis rimase
un po' contrariato, quindi decise di vendicarsi. Chiamò al telefono
i suoi agenti in ogni parte del mondo e dette loro ordine di
acquistare, a qualsiasi prezzo, quante azioni della «Societé des
bains de mer» vi fossero sul mercato.
Queste erano distribuite
fra trentunmila azionisti. Non fu un lavoro facile rintracciarle, ma
gli uomini di Onassis riuscirono nel loro compito.
Possedere la maggioranza
delle azioni della Società significa essere di fatto il padrone del
Casinò; dell'edificio dello Sporting Club; di cinque grandi alberghi
di Monaco e dei relativi campi di tennis, piscine, campi di golf.
Significa però ben altro ancora.
Il principato di Monaco
vive quasi esclusivamente dei proventi del Casinò: Onassis è quindi
il vero «signore» del celebre territorio. Per giunta ha persuaso il
Principe Ranieri III a cedergli il controllo della «Societé» per
un milione di dollari. Questo ultimo atto ha praticamente legato mani
e piedi Ranieri III ai capricci del furbo armatore.
Ai lati di tutta la
vicenda, ci sono, poi, i cittadini monegaschi, i quali hanno però,
come suol dirsi, voce in rapitolo per un solo motivo, perché, grazie
alle formidabili entrate del Casinò, essi non hanno attualmente
bisogno di pagare le tasse.
Montecarlo non deve
vivere — secondo Onassis — del solo Casinò. Egli ha piani ben
precisi al riguardo. Queste innovazioni stava attuando quando gli è
giunto il mandato di comparizione del tribunale di Washington, che
l'accusava di illecite manovre nell'acquisto dei surplus della
guerra. Montecarlo deve diventare — stando al suo piano — un
centro di affari marittimi, un centro cultu-rale, una spiaggia alla
moda. Il Casinò rimarrà parzialmente in funzione. Se dimostrerà di
fruttare, resterà aperto, se le sue entrate diminuiranno, verrà
chiuso. Intanto, Onassis ha abolito l'obbligo dell'abito da sera per
i frequentatori del locale.
Poi ha rimodernato ogni
cosa, dal mobilio alle roulettes.
I monegaschi sono però
ancora preoccupati. Essi sono convinti che Onassis afferma il vero,
quando dice che il Casinò non rende più come una volta. Essi sanno
oggi che non potranno più basarsi su quell'unica fonte di guadagno.
Quello che non sanno e se potranno continuare a vivere senza pagare
le tasse.
Onassis non si è ancora
espresso al riguardo. Certo la sua influenza sul Principe Ranieri III
avrà un peso dominante anche in questo campo, e non è affatto
escluso che i poveri monegaschi debbano rinunciare per sempre al loro
privilegio.
Proprio mentre Onassis
studiava nuovi progetti per Montecarlo, la «sua città», gli è
capitata fra capo e collo la grana di Washington. Subito dopo, quella
del Perù.
Lui è tranquillo, dice
che «non è nulla», che se la caverà. Per la faccenda peruviana è
probabile che egli trovi l'appoggio dei Lloyds di Londra, presso i
quali ha assicurato la sua flotta per una somma che si aggira sui
dieci miliardi di lire italiane. Considerato questo, e considerati i
suoi precedenti, è in effetti probabile che il potente individuo si
tiri fuori dagli impicci anche questa volta.
l'Unità, 12 gennaio 1954
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