3.7.19

Una scrittrice nel Seicento francese. “Giù la maschera Madame” (Benedetta Craveri)


“Monsieur de La Rochefoucauld e Madame de La Fayette hanno fatto un romanzo sulle avventure galanti della corte di Enrico II, scritto, pare, in modo mirabile”. Così, in una lettera del dicembre 1677, Madame de Scudéry annunciava a Bussy Rabutin, uno degli uomini più pettegoli di Francia, l'imminente apparizione della Principessa di Clèves.
Sebbene inesatte, eco dei si dice della cronaca mondana, le illazioni di Madame de Scudèry rinviano a due problemi centrali per penetrare l'enigmatica personalità di Madame de La Fayette: la sua concezione dell'amore e il suo rapporto con la scrittura. Nel 1677 Madame de La Fayette ha quarantatré anni e La Rochefoucauld sessantaquattro. Da quando hanno preso l'abitudine di conversare insieme tutti i giorni, lui le ha riformato lo spirito e lei il cuore. La natura del loro sodalizio non dipende quindi dall'età, ma da una scelta precisa: è una relazione volontaria. Quanto alla Principessa di Clèves, il libro, destinato ad apparire anonimo, è opera della sola Madame de La Fayette; l'esempio del duca le è stato, semmai, di incoraggiamento a scrivere il suo capolavoro, fidando esclusivamente in se stessa.
Nella vita sentimentale come in quella intellettuale, Madame de La Fayette è comunque prudente: vuole coltivare l'amore senza esporsi ai suoi rischi, vuole scrivere senza svelarsi come scrittrice.

Un apparente paradosso
A riproporre questi temi ormai classici, è un'ottima biografia di taglio divulgativo di Roger Duchene (Madame de La Fayette, Editions Fayard). Dopo aver curato per la Pléiade la nuova edizione delle lettere di Madame de Sévigné ed averne in seguito scritto la vita (Fayard, 1982), Duchene si è dedicato alla migliore amica della celebre epistolografa.
Lo studioso ricostruisce, in particolare, con molta finezza, il percorso intellettuale di Madame de La Fayette. L'apparente paradosso di questa scrittrice, che si ostina a considerarsi una dilettante e si trincera dietro l'incognito, ma le cui opere costituiscono una svolta fondamentale per la letteratura francese e per il dibattito teorico che sta all'origine dello statuto del romanzo moderno, è in realtà un esempio altamente emblematico di una cultura in profonda evoluzione. Il valore sovrano della società dell'Antico Regime è quello della nascita, del patrimonio, delle alleanze familiari. In nome di questa logica, a incominciare da un matrimonio senza amore, Madame de La Fayette tesse tenacemente la sua rete di relazioni, segue gli interessi del marito e dei figli, tutela il proprio prestigio.
Questa dura disciplina è alleviata da una forte curiosità intellettuale. Le due cose non sono necessariamente in contrasto: fin dai primi decenni del Seicento, la letteratura è entrata a far parte degli svaghi della civiltà aristocratica francese. Sulla spinta del celebre salotto di Rambouillet, tutta una generazione di dotti si è spogliata di un eccesso di erudizione e di tecnicismo e, bandendo la pedanteria, si è messa al servizio della vita mondana. A loro volta, nobildonne e grandi signori si accostano alla letteratura come a un art badin et léger e imparano a tenere la penna in mano e a scrivere e rimare con grande naturalezza. Se, giovane sposa relegata in provincia, Madame de La Fayette intrattiene una corrispondenza epistolare con dei celebri eruditi e, seguendo i loro consigli, studia il latino e l'italiano, si dedica a un programma sistematico di letture e coltiva con il dotto abbé Gilles Ménage un'amicizia platonica, tutto questo rientra, ad eccezione della qualità della sua intelligenza, nella voga mondana dell'epoca.
Ma le mode spesso finiscono con la stessa perentorietà con cui si impongono. L'entusiasmo congiunto dei professionisti e dei dilettanti aveva conquistato alla letteratura un posto mai avuto prima nella vita di società, non un riconoscimento di valore. Sarebbe infatti bastata, di lì a poco, la satira di Molière per sancire il tramonto del regno delle Preziose e rendere sospette le femmes savantes. La giovane contessa avverte immediatamente il cambiamento in atto. Ha pagato troppo caro il suo prestigio sociale per correre il rischio di esporsi al ridicolo: d'ora in avanti saprà dissimulare i suoi interessi intellettuali, eviterà di essere coinvolta nelle dispute degli amici scrittori, imparerà a seguire l'attualità letteraria senza compromettersi. Tornata per sempre a Parigi nel 1658, Madame de La Fayette pubblica, è vero, la sua prima opera, l'unica che mai apparirà con la sua firma: il ritratto dell'amica Madame de Sévigné. Ma lo scritto che le è stato commissionato dalla Grande Mademoiselle per la raccolta dei suoi Portraits, fa parte di un gioco di società organizzato da una principessa di sangue reale. Con le Preziose Ridicole, Molière, però non si limitava a mettere alla gogna un costume sociale, dava battaglia ai «piccoli generi» letterari inflazionati dalla voga mondana e si faceva portavoce, in nome del gusto classico, di una generazione di giovani scrittori professionisti decisi ad espugnare il potere, scalzando le vecchie celebrità. «Per Molière», scrive Duchène, «come per Racine, e più tardi La Bruyère, la nuova parola d’ordine è "la letteratura agli scrittori”».
Madame de La Fayette si mostra sensibile anche a questa lezione. Se la professione letteraria è inconciliabile con la dignità dello status aristocratico, è però impensabile che un dilettante possa progettare di pubblicare un’opera senza favellio di uno scrittore professionista. Così, non diversamente da La Rochefoucauld che, con Madame de Sablé, era stato incoraggiato a comporre le Massime da Jacques Esprit, la contessa si decide a scrivere la prima opera narrativa destinata alla stampa sotto l'egida dell’amico Ménage.

Con l'aiuto dei professionisti
Senza la presenza di questi due «intellettuali patentati», probabilmente tanto la Principessa di Montpensier quanto le Massime sarebbero rimaste un gioco mondano. Così due aristocratici che non firmano le loro opere, e che «non potevano volersi scrittori», lo sono diventati grazie all'aiuto di professionisti della scrittura: seri eruditi di mediocre talento hanno reso possibile la metamorfosi di due dilettanti in scrittori sommi.
Anche il successivo romanzo di Madame de La Fayette, Zaide, nasce come «opera collettiva», frutto delle conversazioni con La Rochefoucauld e con il dottor Jean Segrais ma, soprattutto, delle correzioni dell’illustre studioso Pierre-Daniel Huet. Tuttavia, con l’andare del tempo, Madame de La Fayette e La Rochefoucauld sembrano avere sempre meno bisogno degli altri, sempre più si influenzano e si bastano a vicenda.
Dopo aver lavorato con degli scrittori di professione, con Ménage, Segrais, Huet, letterati coltissimi che conservavano la nostalgia dei modelli antichi e credevano nell'imitazione, Madame de La Fayette ha scoperto il modo di scrivere di un gran signore autodidatta e, venuto il momento della Principessa di Clèves, lo fa finalmente suo. «Per creare un genere nuovo», osserva Duchène, «l'autore delle Massime era partito dalla lettura dei moderni, dalla corrispondenza personale e dalle conversazioni di salotto. Da lui Madame de La Fayette ebbe la conferma che non era necessario essere scrittore di professione per avere successo e rivoluzionare la letteratura».

“la Repubblica”, 9 luglio 1988

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